Recensione Recensione di F.E.A.R. 2: Project Origin
Recensione di F.E.A.R. 2: Project Origin di Console Tribe
di: RedazioneSe dovesse essere rappresentata da una figura mistica e onirica, la Monolith impersonerebbe “la Morte Nera”.
Quella con la falce, la mantella lunga e il cappuccio che ne copre il
volto. Esatto, la mietitrice di anime. Questo perché nessun team
di sviluppo come lei, ha mai avuto il coraggio di addentrarsi nei
meandri delle tenebre, facendo stragi di mostri e creature
dell’oltretomba, e sfiorando l’aldilà con più
di un dito.
Anche noi, dal nostro canto, abbiamo avuto il piacere (e il terrore) di
essere invitati in questo tunnel dell’orrore. Più di una
volta il nostro battito cardiaco è stato messo a dura prova, ma
per fortuna ne è uscito sempre incolume.
Dal violento Alien Vs Predator, passando per l’angosciante Condemned e il medianico FEAR, il percorso della Monolith è stato più volte imbrattato di sangue, ma talmente tanto che ci si potrebbe fare un bagno.
Il motto di questo “disturbato” team, è sempre stato
alimentato da una componente essenziale: “fare paura”.
Quanti balzi dalla sedia, quanti scatti improvvisi davanti ai monitor
che illuminavano i nostri volti pallidi. E divenivano ancor più
bianchi man mano che le ore passavano.
Vi parliamo di questi ricordi sì con tremore e soprattutto con
paura, ma quello che non vi abbiamo detto è che ci piace
parlarne, perché ne siamo attratti.
La morte, del resto, affascina.
Da viaggiatori di avventure horror e affascinati dal mondo mistico ci
siamo chiesti cosa ne sarebbe stato di FEAR 2, il seguito di un gioco
la paura c’è l’ha stampata sul biglietto da visita.
La risposta dovrete scoprirla insieme a noi. Porgeteci la mano, perché nel buio nulla è sicuro.
La paura fa novanta? Forse un po’ meno
Poco prima della fine di FEAR, una squadra delle Forze
Speciali viene inviata a svolgere una missione apparentemente di
routine quando la città di Auburn viene sconvolta da
un’esplosione di origine soprannaturale. Alma, una ragazza dai
poteri immensi e assetata di vendetta, ha scatenato la sua furia sulla
città, gettandola nel caos. La squadra dovrà vedersela
con un terribile nemico, cercando al tempo stesso di trovare un modo di
fermare Alma e portare allo scoperto le misteriose forze soprannaturali
schierate contro di loro, prima che sia troppo tardi.
Questo è l’incipit del gioco, costruito a puntino per
soddisfare sia chi ha già assaggiato il primo capitolo che
incuriosire i neofiti alla storia completa. Ma oggettivamente parlando,
è una bella storia?
Ognuno di noi ha una particolare paura per qualcosa, quindi sappiamo
quanto sia difficile renderla “oggettiva” e universale. Un
lavoraccio duro che conoscono bene quelli della Monolith,
e molte volte hanno messo a frutto con tanta maestria. Ma quello di cui
non si sono resi conto è che una stessa situazione di suspance,
di angoscia e di tensione può essere affrontata una
“seconda” volta con molta più disinvoltura.
Semplicemente perché la conosciamo già.
Il vero e insito spavento spesso avviene per qualcosa di improvviso, di
insolito e inaspettato, tutti elementi che il seguito di un gioco come FEAR non è riuscito a restituire.
Alma, la bambina mistica che ci ha accompagnato fino ad ora, è
reduce da un’iconografia vetusta, ispirata a cliché di
pellicole giapponesi come The Ring, The Grudge e The Eye.
Una simbologia horror che ha messo in crisi più di una volta i
nostri animi, ma che ora sa di vecchio, riciclato e scontato. I momenti
in cui avrete delle vere e proprie scosse sono risicate fino
all’osso, e nella maggior parte proposte sottoforma di blandi
intrecci narrativi.
Siamo già stati vittime di recenti capolavori come Dead Space, o intramontabili glorie come Silent Hill, senza parlare poi dell’imminente Resident Evil 5; tutti giochi che fanno sentire FEAR 2 leggermente fuori luogo.
Un po’ ci dispiace, perché conoscendo il portfolio terror-ludico di Monolith siamo consapevoli delle grandi e indiscusse potenzialità di cui è capace.
Medal of Horror
Se da un lato l’esperienza di tensione non è delle
migliori, l’ausilio della prima persona ci piazza in una
situazione di frenetico divertimento. Il vero pregio di FEAR 2 è che prima di essere un gioco horror, è uno sparattutto puro.
Gli amanti dei tradizionali FPS troveranno pane per i loro denti: le
scene raccapriccianti sono in realtà un pretesto per raccontare
la storia che è alla base, ma il vostro vero obiettivo
sarà sfruttare al meglio un arsenale coi controfiocchi.
Le armi sono varie e tutte molto differenti nel loro uso: si va da
pistole automatiche e semiautomatiche, passando per mitra e fucili a
pallettoni, fino ad arrivare a veri e propri lanciarazzi. Ognuna dei
esse è realizzata con estrema cura, sia a livello di precisione
che calibro. La sensazione è quella di disporre di armi vere,
che fanno “chiasso” e molto male. Ci stupisce, però,
la quantità spropositata di proiettili che troveremo: per gran
parte della durata del gioco disporremo di intere vagonate di
ricariche. Aspetto che da un lato ci rasserena, ma dall’altro ci
rattrista in quanto avremmo gradito più soddisfazione nel
procurarcele.
Come se non bastasse, si aggiunge dell’altra carne al fuoco: l’approccio decisamente sci-fi di FEAR 2
fa il suo exploit con l’introduzione di veri e propri mech.
Pilotarli si è rivelato spassoso, ma soprattutto devastante. La
potenza distruttiva di tali mezzi è talmente elevata che si
tramuterà in pura goduria nel momento in cui saremo noi a
guidarli, ma davvero una tragedia quando invece dovremo affrontarli
dall’esterno.
La contaminazione dell’horror e della fantascienza, due generi
fusi nel gioco ma abbastanza distinti tra loro, ha dato vita a un
connubio di figure ostili di ogni forma comprensibile. A partire dai
“classici” militari fino ad arrivare a fantasmi, figure
eteree e strani zombi che, quasi fossero dei burattinai, risvegliano i
nemici caduti nelle circostanze per puntarli su di voi. La loro
intelligenza artificiale è a dir poco astuta, e gli attacchi si
riveleranno piuttosto ostici: imitano i vostri comportamenti traendo
vantaggio dai vostri sbagli e persino creando barricate (anche voi
potrete farlo). In alcuni frangenti però non mancano le note
dolenti: a volte danno l’impressione di essere totalmente
imbranati, inciampando su sporgenze o rimanendo addirittura immobili.
Sono rare inezie tuttavia accettabili grazie a un livello di
difficoltà generale molto ben calibrato, e che metterà a
dura prova anche i più esperti del genere.
Per fortuna o per sfortuna, dipende dai punti di vista, fa comparsa per
l’ennesima volta l’effetto moviola, ricordato da molti come
“bullet time”. Si rivelerà particolarmente efficace quando siamo
accerchiati da una mole impressionante di nemici, ma anche banale per
tutti quelli che non trovano nel suo utilizzo alcuna novità.
Opinione comunque comprensibile, dato che il bullet time si presenta
costantemente sin dal primo Max Payne (lontano 2001) sottoforma di ingrediente extra della minestra. Un ingrediente fin troppo abusato.
Il terrore condiviso. In rete
FEAR 2 mette a disposizione un comparto multigiocatore che sa
difendersi molto bene, persino rispetto a FPS ancor più naturali
come le serie Call of Duty e Halo.
L’anima del gioco è palesemente orientata
sull’esperienza online, un vero valore aggiunto che rappresenta
il buon 50% della torta videoludica che viene offerta.
Giocare FEAR 2
in rete è come rispolverare vecchi ricordi, notti passate a
“fraggare” mostri virtuali nelle mitiche arene di Quake 3 e Unreal Tournament.
Il vero punto forza è la frenesia: gli scontri sono sempre
adrenalinici, movimentati, in ogni modo divertenti. L’utilizzo
diretto dei mech aggiunge inoltre ancor più distruzione alla
già devastante guerra online.
L’unico vero appunto che si potrebbe fare è
l’approccio poco innovativo all’esperienza multiplayer
generale. Se per alcuni giocatori sarà fondamentale sparare
all’impazzata in tipico stile arcade, per altri invece si
sentirà il bisogno di novità che ne stravolgano il
gameplay.
La cosa strana, e un po’ ambigua, è che la
“paura” intesa come tale scompare di netto durante gli
scontri in rete, tramutando FEAR 2 in un genere totalmente differente.
Un pacchetto da urlo.
L’orrore non è facile da manifestare. Ci chiediamo cosa fa veramente paura: il buio? I mostri? Il sangue?
FEAR 2 mescola tutti questi elementi con sapienza e rigore,
aggiungendoci un pizzico di stile personale. Quello che manca
però, a causa di un approccio fin troppo
“militaresco”, è una costante tensione che invece ci
ha accompagnato durante il lento cammino di altri titoli di casa Monolith, Condemned su tutti.
La visuale in prima persona è chiara e nitida, come una
telecamera da spalla che monitora quello che accade: requisito
fondamentale per l’immedesimazione in questo genere.
Un vero applauso va alla scelta geniale di mischiare scene della
dimensione reale a improvvisi risucchi in ambientazioni paranormali.
Durante la vostra avventura, capiterà di salire una scala per
poi trovarsi catapultati nel bel mezzo di una collina inquietante.
Oppure di entrare in una stanza completamente vuota, ma che presto si
riempirà di paurose figure ultraterrene, magari alle nostre
spalle.
Tutto è ben oliato grazie a un utilizzo di filtri grafici e
fotografici molto puliti: sfocature morbide e contrasti netti tra
colori caldi e freddi sono piazzati al momento giusto, e non abusati
come blandi effetti speciali.
Non ci hanno convinto tantissimo i modelli e la realizzazione dei
livelli in generale, che sotto l’apparente velo fotorealistico,
nascondono una struttura retta da un motore un po’ vecchiotto.
L’impressione è quella di trovarsi in ambienti esterni o
interni molto ricchi di particolari, ma poco vivi e soprattutto statici.
Capiterà, comunque, che il sonoro faccia il suo lavoro per
aumentare l’enfasi della partita: passi nascosti
nell’ombra, urla di disperazione in lontananza, spari di
proiettile e vetri che si frantumano. Le musiche fanno una comparsa
sporadica, passano da essere pressoché inesistenti e silenziose
durante le scene angoscianti, e ritmate nelle fasi più attive.
Ma al di là della loro utilità siamo saltati dalla sedia
poche volte, segno di un gusto creativo per i temi forse un po’
piatto e non propriamente d’autore.
Il doppiaggio, completamente in italiano, è (quasi) perfetto: le
voci che sentirete via radio o di persona dal vostro team sono piene di
pathos e credibilità, cambiano timbro in base alla situazione e
rispondono con frasi a volte persino “spinte”.
Peccato per un leggero e fastidioso fuori sincrono tra le labbra dei
protagonisti e le parole enunciate, forse vittima del passaggio dalla
lingua d’orgine alla nostra.
Paura io? Tzk!
FEAR 2 si piazza nel centro esatto che divide il genere
sparatutto in prima persona dal survival-horror, rivelandosi un gioco
che riesce ad attingere da entrambe le parti senza strafare nei
contenuti, ma allo stesso tempo senza proporre in realtà nulla
di nuovo.
Il titolo Monolith ha cercato di accontentare due
mondi appartenenti a sfere ludiche molto distanti, ma senza riuscirci
veramente. I fan degli sparatutto e del primo FEAR ritroveranno in questo episodio tante ore di divertimento.
Tutti gli altri, invece, potrebbero annoiarsi a morte.
Ma una di quelle morti vestite di nero, con tanto di cappuccio e falce d’ordinanza.
Quella con la falce, la mantella lunga e il cappuccio che ne copre il
volto. Esatto, la mietitrice di anime. Questo perché nessun team
di sviluppo come lei, ha mai avuto il coraggio di addentrarsi nei
meandri delle tenebre, facendo stragi di mostri e creature
dell’oltretomba, e sfiorando l’aldilà con più
di un dito.
Anche noi, dal nostro canto, abbiamo avuto il piacere (e il terrore) di
essere invitati in questo tunnel dell’orrore. Più di una
volta il nostro battito cardiaco è stato messo a dura prova, ma
per fortuna ne è uscito sempre incolume.
Dal violento Alien Vs Predator, passando per l’angosciante Condemned e il medianico FEAR, il percorso della Monolith è stato più volte imbrattato di sangue, ma talmente tanto che ci si potrebbe fare un bagno.
Il motto di questo “disturbato” team, è sempre stato
alimentato da una componente essenziale: “fare paura”.
Quanti balzi dalla sedia, quanti scatti improvvisi davanti ai monitor
che illuminavano i nostri volti pallidi. E divenivano ancor più
bianchi man mano che le ore passavano.
Vi parliamo di questi ricordi sì con tremore e soprattutto con
paura, ma quello che non vi abbiamo detto è che ci piace
parlarne, perché ne siamo attratti.
La morte, del resto, affascina.
Da viaggiatori di avventure horror e affascinati dal mondo mistico ci
siamo chiesti cosa ne sarebbe stato di FEAR 2, il seguito di un gioco
la paura c’è l’ha stampata sul biglietto da visita.
La risposta dovrete scoprirla insieme a noi. Porgeteci la mano, perché nel buio nulla è sicuro.
La paura fa novanta? Forse un po’ meno
Poco prima della fine di FEAR, una squadra delle Forze
Speciali viene inviata a svolgere una missione apparentemente di
routine quando la città di Auburn viene sconvolta da
un’esplosione di origine soprannaturale. Alma, una ragazza dai
poteri immensi e assetata di vendetta, ha scatenato la sua furia sulla
città, gettandola nel caos. La squadra dovrà vedersela
con un terribile nemico, cercando al tempo stesso di trovare un modo di
fermare Alma e portare allo scoperto le misteriose forze soprannaturali
schierate contro di loro, prima che sia troppo tardi.
Questo è l’incipit del gioco, costruito a puntino per
soddisfare sia chi ha già assaggiato il primo capitolo che
incuriosire i neofiti alla storia completa. Ma oggettivamente parlando,
è una bella storia?
Ognuno di noi ha una particolare paura per qualcosa, quindi sappiamo
quanto sia difficile renderla “oggettiva” e universale. Un
lavoraccio duro che conoscono bene quelli della Monolith,
e molte volte hanno messo a frutto con tanta maestria. Ma quello di cui
non si sono resi conto è che una stessa situazione di suspance,
di angoscia e di tensione può essere affrontata una
“seconda” volta con molta più disinvoltura.
Semplicemente perché la conosciamo già.
Il vero e insito spavento spesso avviene per qualcosa di improvviso, di
insolito e inaspettato, tutti elementi che il seguito di un gioco come FEAR non è riuscito a restituire.
Alma, la bambina mistica che ci ha accompagnato fino ad ora, è
reduce da un’iconografia vetusta, ispirata a cliché di
pellicole giapponesi come The Ring, The Grudge e The Eye.
Una simbologia horror che ha messo in crisi più di una volta i
nostri animi, ma che ora sa di vecchio, riciclato e scontato. I momenti
in cui avrete delle vere e proprie scosse sono risicate fino
all’osso, e nella maggior parte proposte sottoforma di blandi
intrecci narrativi.
Siamo già stati vittime di recenti capolavori come Dead Space, o intramontabili glorie come Silent Hill, senza parlare poi dell’imminente Resident Evil 5; tutti giochi che fanno sentire FEAR 2 leggermente fuori luogo.
Un po’ ci dispiace, perché conoscendo il portfolio terror-ludico di Monolith siamo consapevoli delle grandi e indiscusse potenzialità di cui è capace.
Medal of Horror
Se da un lato l’esperienza di tensione non è delle
migliori, l’ausilio della prima persona ci piazza in una
situazione di frenetico divertimento. Il vero pregio di FEAR 2 è che prima di essere un gioco horror, è uno sparattutto puro.
Gli amanti dei tradizionali FPS troveranno pane per i loro denti: le
scene raccapriccianti sono in realtà un pretesto per raccontare
la storia che è alla base, ma il vostro vero obiettivo
sarà sfruttare al meglio un arsenale coi controfiocchi.
Le armi sono varie e tutte molto differenti nel loro uso: si va da
pistole automatiche e semiautomatiche, passando per mitra e fucili a
pallettoni, fino ad arrivare a veri e propri lanciarazzi. Ognuna dei
esse è realizzata con estrema cura, sia a livello di precisione
che calibro. La sensazione è quella di disporre di armi vere,
che fanno “chiasso” e molto male. Ci stupisce, però,
la quantità spropositata di proiettili che troveremo: per gran
parte della durata del gioco disporremo di intere vagonate di
ricariche. Aspetto che da un lato ci rasserena, ma dall’altro ci
rattrista in quanto avremmo gradito più soddisfazione nel
procurarcele.
Come se non bastasse, si aggiunge dell’altra carne al fuoco: l’approccio decisamente sci-fi di FEAR 2
fa il suo exploit con l’introduzione di veri e propri mech.
Pilotarli si è rivelato spassoso, ma soprattutto devastante. La
potenza distruttiva di tali mezzi è talmente elevata che si
tramuterà in pura goduria nel momento in cui saremo noi a
guidarli, ma davvero una tragedia quando invece dovremo affrontarli
dall’esterno.
La contaminazione dell’horror e della fantascienza, due generi
fusi nel gioco ma abbastanza distinti tra loro, ha dato vita a un
connubio di figure ostili di ogni forma comprensibile. A partire dai
“classici” militari fino ad arrivare a fantasmi, figure
eteree e strani zombi che, quasi fossero dei burattinai, risvegliano i
nemici caduti nelle circostanze per puntarli su di voi. La loro
intelligenza artificiale è a dir poco astuta, e gli attacchi si
riveleranno piuttosto ostici: imitano i vostri comportamenti traendo
vantaggio dai vostri sbagli e persino creando barricate (anche voi
potrete farlo). In alcuni frangenti però non mancano le note
dolenti: a volte danno l’impressione di essere totalmente
imbranati, inciampando su sporgenze o rimanendo addirittura immobili.
Sono rare inezie tuttavia accettabili grazie a un livello di
difficoltà generale molto ben calibrato, e che metterà a
dura prova anche i più esperti del genere.
Per fortuna o per sfortuna, dipende dai punti di vista, fa comparsa per
l’ennesima volta l’effetto moviola, ricordato da molti come
“bullet time”. Si rivelerà particolarmente efficace quando siamo
accerchiati da una mole impressionante di nemici, ma anche banale per
tutti quelli che non trovano nel suo utilizzo alcuna novità.
Opinione comunque comprensibile, dato che il bullet time si presenta
costantemente sin dal primo Max Payne (lontano 2001) sottoforma di ingrediente extra della minestra. Un ingrediente fin troppo abusato.
Il terrore condiviso. In rete
FEAR 2 mette a disposizione un comparto multigiocatore che sa
difendersi molto bene, persino rispetto a FPS ancor più naturali
come le serie Call of Duty e Halo.
L’anima del gioco è palesemente orientata
sull’esperienza online, un vero valore aggiunto che rappresenta
il buon 50% della torta videoludica che viene offerta.
Giocare FEAR 2
in rete è come rispolverare vecchi ricordi, notti passate a
“fraggare” mostri virtuali nelle mitiche arene di Quake 3 e Unreal Tournament.
Il vero punto forza è la frenesia: gli scontri sono sempre
adrenalinici, movimentati, in ogni modo divertenti. L’utilizzo
diretto dei mech aggiunge inoltre ancor più distruzione alla
già devastante guerra online.
L’unico vero appunto che si potrebbe fare è
l’approccio poco innovativo all’esperienza multiplayer
generale. Se per alcuni giocatori sarà fondamentale sparare
all’impazzata in tipico stile arcade, per altri invece si
sentirà il bisogno di novità che ne stravolgano il
gameplay.
La cosa strana, e un po’ ambigua, è che la
“paura” intesa come tale scompare di netto durante gli
scontri in rete, tramutando FEAR 2 in un genere totalmente differente.
Un pacchetto da urlo.
L’orrore non è facile da manifestare. Ci chiediamo cosa fa veramente paura: il buio? I mostri? Il sangue?
FEAR 2 mescola tutti questi elementi con sapienza e rigore,
aggiungendoci un pizzico di stile personale. Quello che manca
però, a causa di un approccio fin troppo
“militaresco”, è una costante tensione che invece ci
ha accompagnato durante il lento cammino di altri titoli di casa Monolith, Condemned su tutti.
La visuale in prima persona è chiara e nitida, come una
telecamera da spalla che monitora quello che accade: requisito
fondamentale per l’immedesimazione in questo genere.
Un vero applauso va alla scelta geniale di mischiare scene della
dimensione reale a improvvisi risucchi in ambientazioni paranormali.
Durante la vostra avventura, capiterà di salire una scala per
poi trovarsi catapultati nel bel mezzo di una collina inquietante.
Oppure di entrare in una stanza completamente vuota, ma che presto si
riempirà di paurose figure ultraterrene, magari alle nostre
spalle.
Tutto è ben oliato grazie a un utilizzo di filtri grafici e
fotografici molto puliti: sfocature morbide e contrasti netti tra
colori caldi e freddi sono piazzati al momento giusto, e non abusati
come blandi effetti speciali.
Non ci hanno convinto tantissimo i modelli e la realizzazione dei
livelli in generale, che sotto l’apparente velo fotorealistico,
nascondono una struttura retta da un motore un po’ vecchiotto.
L’impressione è quella di trovarsi in ambienti esterni o
interni molto ricchi di particolari, ma poco vivi e soprattutto statici.
Capiterà, comunque, che il sonoro faccia il suo lavoro per
aumentare l’enfasi della partita: passi nascosti
nell’ombra, urla di disperazione in lontananza, spari di
proiettile e vetri che si frantumano. Le musiche fanno una comparsa
sporadica, passano da essere pressoché inesistenti e silenziose
durante le scene angoscianti, e ritmate nelle fasi più attive.
Ma al di là della loro utilità siamo saltati dalla sedia
poche volte, segno di un gusto creativo per i temi forse un po’
piatto e non propriamente d’autore.
Il doppiaggio, completamente in italiano, è (quasi) perfetto: le
voci che sentirete via radio o di persona dal vostro team sono piene di
pathos e credibilità, cambiano timbro in base alla situazione e
rispondono con frasi a volte persino “spinte”.
Peccato per un leggero e fastidioso fuori sincrono tra le labbra dei
protagonisti e le parole enunciate, forse vittima del passaggio dalla
lingua d’orgine alla nostra.
Paura io? Tzk!
FEAR 2 si piazza nel centro esatto che divide il genere
sparatutto in prima persona dal survival-horror, rivelandosi un gioco
che riesce ad attingere da entrambe le parti senza strafare nei
contenuti, ma allo stesso tempo senza proporre in realtà nulla
di nuovo.
Il titolo Monolith ha cercato di accontentare due
mondi appartenenti a sfere ludiche molto distanti, ma senza riuscirci
veramente. I fan degli sparatutto e del primo FEAR ritroveranno in questo episodio tante ore di divertimento.
Tutti gli altri, invece, potrebbero annoiarsi a morte.
Ma una di quelle morti vestite di nero, con tanto di cappuccio e falce d’ordinanza.