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Recensione Recensione di Driver: San Francisco

Recensione di Driver: San Francisco di Console Tribe

di: Mariano "TylerDurden" Adamo

Tra i giochi di guida più amati della prima console di casa Sony spiccava Driver, titolo che fondeva l’ebbrezza della velocità a meccaniche action piacevoli e appassionanti. Il successo della saga, tra alti e bassi, ha portato alla nascita di un nuovo capitolo della serie, stiamo ovviamente parlando di Driver San Francisco. Gli sviluppatori hanno affidato le sorti di San Francisco di nuovo all’agente Tanner, che stavolta dovrà vedersela a suon di sportellate non solo con Jericho ma anche con la sua stessa mente…

Auto e mente

La legge del crimine non ammette errori, o sei fuori di prigione o sei dentro e Jericho lo sa bene. Jericho, criminale incallito, sa bene che non può restare per sempre dietro le sbarre. Il problema di questo terrorista non è il carcere, né tantomeno la legge, il vero problema di Jericho è un altro, più insidioso, più letale, più imbattibile e porta il nome di John Tanner. Sì, proprio lui, il nostro John, alla guida della solita Dodge gialla. Ve lo ricordate? Certo che sì. Come dimenticare quest’agente che ha fatto del suo stile di guida un simbolo più temibile di manette e distintivo. Ci sono John e Jericho, e poi c’è San Francisco. Città affascinate, luogo ideale per una sfida che si protrae ormai da anni. L’asfalto non sarà l’unico territorio di guerra, stavolta la vicenda si fa più complicata, più eterea, quasi onirica oseremo dire. Il fatto è questo: la trama di Driver San Francisco si dipana attraverso diverse scie temporali. 


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La narrazione inizia con John intento a catturare Jericho da poco evaso di prigione, e proprio quando la cosa sembrava fatta, un incidente automobilistico gli impedisce di mettere le mani sul criminale. Da qui in poi le cose si fanno più confuse. Ci ritroviamo con un Tanner ora capace di “Shiftare” da un corpo all’altro. Quest’abilità gli permette di prendere il possesso del corpo di chiunque – migliorandone le capacità al volante – si trovi a San Francisco, e di conseguenza guidare ogni vettura all’interno della città. Lo Shitfing avrà un impatto notevole sulle indagini, sul complotto terroristico di Jericho e sulla sua ricerca. Questi strani poteri fanno dubitare Tanner della sua stessa sanità mentale, al punto di chiedersi se quello che accade è reale o è solo frutto della sua fantasia. Non vogliamo anticiparvi oltre, sappiate che comunque la trama è ben narrata e ricca di colpi di scena. Il punto negativo non sta tanto nella sceneggiatura, ma piuttosto nei ritmi, se nelle prime battute gli eventi si susseguono lentamente, nelle fasi finale tutto appare più veloce e meno approfondito. Questo è imputabile al gameplay che, a causa della sua struttura, rende frammentaria l’esperienza, costringendo gli sviluppatori stessi a fornire un recap degli eventi a ogni capitolo. Da apprezzare comunque i personaggi secondari e soprattutto la scelta di una narrazione che fonde un tema classico come quello poliziesco con uno stile più fantascientifico e coinvolgente.

Shiftando verso sud

Prima di analizzare il gameplay è opportuno fare una semplice premessa: Driver non è GTA. Lo sappiamo, questa frase può apparire scontata, in un certo qual modo anche stupida se volete, ma riteniamo sia doveroso precisare una cosa. Non si deve approcciare a Driver come se fosse uno dei tanti free-roaming in cui far un po’ ciò che si vuole nella città. Allo stesso modo è inutile paragonarlo al titolo Rockstar, sono giochi diversi, e che intendono intrattenere in modo diverso; per cui se usate GTA come metro di riferimento per capire la qualità del titolo prodotto da Ubisoft, lasciate stare, noi non l’abbiamo fatto né tantomeno è sensato farlo. Detto questo, passiamo al gioco. Questo è uno di quei casi in cui basta il titolo a spiegare gran parte del contenuto. Driver, cosa ci suggerisce questa parola? Immagino che stiamo pensando tutti alla stessa cosa, ed effettivamente in Driver San Francisco, si guida, anzi si guida e basta. Che poi si guidi in modo spericolato, si passi da un’auto all’altra, si facciano incidenti o si inseguano ladri, questo ora non ci interessa, quello che è importante sapere è che in Driver San Francisco si guida parecchio e, per nostra fortuna, la cosa è decisamente appagante. Di certo non ci troviamo davanti un racing game spinto all’estremo, ma piuttosto davanti ad un action/adventure in cui l’azione stessa è rappresentata dalla guida. Per cui è opportuno precisare che, nonostante non ci troviamo di fronte un simulatore, la sensazione che restituisce Driver è quantomeno credibile, con il comportamento delle auto variabile da modello a modello. I puristi del genere forse avranno comunque da ridire, ma la scelta di non offrire ai giocatori vetture completamente arcade, capaci di fare curve a 90° come nulla fosse, è più che apprezzabile. 

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L’altro elemento su cui si fonda l’intero comparto giocato è lo “Shift” di cui abbiamo parlato prima. Tanner è infatti capace di passare da un veicolo all’altro semplicemente premendo un tasto sul pad e selezionare – dall’intera città – qualunque auto si voglia. Questo significa che se un oggetto di nostro interesse è dall’altra parte della città, possiamo semplicemente shiftare in un’auto più vicina; l’esempio serve per farvi capire l’utilizzo di questa funzione. L’idea alla base è semplice ma, missione dopo missione, i risvolti in termini di gameplay sono molteplici. Potrete sfruttare quest’abilità per distruggere un’auto, semplicemente utilizzando un veicolo dalla corsia opposta e fare un bel frontale; potrete creare un diversivo per distrarre la polizia che vi insegue, scambiarvi da un veicolo all’altro per piazzarvi sia al primo che al secondo posto di una gara e così via; le possibilità sono parecchie e sta a noi scoprire come utilizzare al meglio lo shift. Va da se che i maggiori risvolti si hanno all’interno della trama. Tanner in più di un’occasione utilizzerà i suoi poteri per prendere in prestito il corpo di un sottoposto di Jericho, e così sfruttare l’occasione per scoprire nuovi dettagli sul suo piano. Le missioni principali sono sicuramente le più interessanti ed offrono spunti di puro gameplay davvero ben realizzati. L’intera struttura di gioco funziona più o meno così: visuale dall’alto della mappa (sempre grazie allo shift), caselle gialle delle missioni Città (indispensabili per sbloccare quelle principali) e centinaia di obiettivi blu secondari per raccogliere Punti Determinazione, spendibili per acquistare veicoli, potenziamenti e nuove sfide secondarie. Gli obiettivi delle missioni sono più disparati, dalle semplici corse, al recupero di auto rubate, passando ad alcune rocambolesche situazioni dettate dallo svolgersi degli eventi. Questo per quanto riguarda la storia, le Missioni Città, invece, saranno di tre tipi: da eventi particolari che accadono ai comuni cittadini, al dover aiutare la polizia contro i criminali finendo persino a gareggiare in delle corse clandestine. Discorso simile può essere fatto per le missioni facoltative; queste richiederanno più impegno ed una scelta ponderata del veicolo da utilizzare: lo scopo principale infatti sarà quello di compiere particolari azioni – spesso spericolate – entro un certo limite di tempo. Se siete fan di folli corse contro mano, Driver è il titolo che fa per voi. Qualunque sia la missione guidare è sempre un piacere, complice anche un discreto livello di difficoltà che vi terrà impegnati parecchio. Tutto perfetto? Purtroppo no, Driver San Francisco ha un solo monumentale difetto: la ripetitività. Ebbene sì, nonostante missioni più o meno variegate in termini di obiettivi, dopo un po’ la monotonia si farà strada. Basteranno poche ore di gioco per creare una sensazione di dejà vu non troppo piacevole, di fatti vi ritroverete a chiedervi: “ma questa missione non l’ho già fatta?”. Purtroppo per quanto guidare sia entusiasmante, in più di un’occasione si avverte una mancanza d’idee e di novità, che avrebbero reso il gameplay più entusiasmante. E dire che alcune missioni principali sono davvero capaci di lasciarvi di sasso per le idee presentate, mentre tutto il resto appare piatto e monotono. Forse si sarebbe potuto sacrificare alcune delle missioni aggiuntive – magari perdendone anche di longevità – in favore di una campagna più corposa, se consideriamo che gli eventi per portare a termine il gioco sono solo sedici, capirete quante delle ore di gameplay sono occupate più o meno a ripetere sempre le stesse cose. Un vero peccato, un graffio su un gameplay davvero piacevole.

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Driver(s)

L’unica valvola di sfogo è offerta dal comparto multiplayer, disponibile sia in split screen che online. Le modalità presenti spaziano dalle semplici gare di velocità (dal numero di giocatori variabile), a dei veri e propri destruction derby. Apprezzabile anche la sfida in cui bisogna tenere la scia di una vettura quanto più tempo possibile (tra l’altro cosa già vista nel single player). Il tutto è gestito in maniera che i progressi del giocatore influiscano sulle modalità sbloccate, un po’ come avveniva in Assassin’s Creed, sempre made in Ubisoft. Da segnalare un netcode abbastanza stabile, e la possibilità di condividere i nostri progressi in tempo reale su Facebook e Twitter. Attraverso una funzione “cinema” è anche possibile riprendere alcune azioni spettacolari e uploadare di conseguenza i filmati. Nel complesso un multiplayer abbastanza ricco e piacevole.

Le luci della città

La sensazione di velocità è vanificata se intorno a noi non c’è un panorama degno di questo nome. Per fortuna la San Francisco creata dai ragazzi di Reflections, offre un paesaggio davvero evocativo. Le strade, i vicoli bui, i palazzi; tutti gli elementi architettonici sembrano essere stati ricreati alla perfezione. Encomiabile il lavoro svolto per rendere la città quanto più vicina a quella reale. Correre da una parte all’altra della metropoli regala sempre un’emozione diversa, intensa, unica. Ottimo anche il lavoro effettuato per ricreare i veicoli che – complici le licenze ufficiali – appaiono realistici e ben progettati. Da segnalare qualche incertezza su alcune texture non proprio bellissime, e un leggero aliasing sui contorni di qualche superficie. Il quadro generale è impreziosito da un ottimo uso delle luci e sorretto da un frame rate solido in ogni occasione. A completare l’opera un comparto audio di tutto rispetto, con tracce piacevoli e ottimi campionamenti sonori a cui si aggiunge un doppiaggio in lingua nostrana di tutto rispetto.

Motori spenti

Driver San Francisco rappresenta l’unione perfetta tra racing e adventure, uniti in un titolo capace di appassionare sia chi ama la guida intensa sia chi cerca azione e una bella storia. L’idea dello shifting è innovativa e spezza un po’ quelli che sono i dogmi di questa tipologia di gioco, senza comunque stravolgere il genere visto che, a conti fatti, escluso lo shifting Driver San Francisco non presenta nulla che non sia già stato visto altrove. La trama è piuttosto avvincente anche se si può rimanere delusi per le tempistiche con cui viene raccontata. Un prodotto corredato da un ottimo multiplayer e completo quasi sotto tutti gli aspetti, infatti il vero difetto del gioco è imputabile unicamente alla sensazione di monotonia che emerge dopo qualche ora di gioco. Driver è tornato, non sarà grande come il suo storico prequel, ma resta ancora un titolo che riesce a dire la sua.