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Recensione Recensione di Dark Souls

Recensione di Dark Souls di Console Tribe

di: Simone Cantini

In un autunno sin troppo affollato di titoli “tripla A”, all’interno dei quali siamo chiamati ad affrontare orde di creature aliene, viaggi impossibili sotto un sole cocente e a crivellare di proiettili sciami di soldati, fortunatamente c’è anche spazio per un’avventura decisamente fuori dall’ordinario, durante la quale saremo costretti a mutare radicalmente il nostro modo di approcciarci al videogaming: dimenticate i giochi sin troppo indulgenti, alzate di un bel po’ l’asticella che regola la voce difficoltà, lucidate armi e bacchette magiche e preparatevi ad affrontare quella che non ci vergogniamo di definire come l’impresa più bastarda, logorante, ma anche decisamente appagante, che la corrente generazione di console ha in serbo per tutti coloro che saranno così temerari da avventurarsi per la cupe lande di Lordran.

Non sto più nella pelle

Così come nel caso del suo predecessore, quel Demon’s Souls capace di generare un successo ed una fan base al di fuori di ogni più rosea aspettativa, le vicende narrate in Dark Souls sono poco più che un semplice pretesto, utile a collegare tra loro i vari ambienti che compongono questo vastissimo ed oscuro universo. È sufficiente il filmato d’apertura per gettare le basi del background attorno al quale ruotano le vicende che spingeranno il protagonista (un’entità immortale) in una folle corsa per le terre di Lordran, al fine di debellare i demoni responsabili di aver gettato l’universo nel caos. Tutto già visto, letto e sentito, ma non è certo nelle poche righe che caratterizzano il plot che risiedono i meriti dell’ultima fatica di From Software.

Una luce nel buio

Chiunque abbia già giocato a Demon’s Souls avrà l’impressione di essere ritornato a casa sin dal primo incontro con la schermata di creazione del personaggio: poche, ma esaustive opzioni di personalizzazione ci consentiranno di dare un volto ed un corpo al nostro avatar digitale. Non appena avremo concluso la fase di customizzazione estetica, sarà la volta di scegliere una delle varie classi di partenza che il titolo nipponico ha in serbo per tutti noi. Si va dal classico guerriero al chierico, al ladro, passando per il mago, il cacciatore e il cavaliere (per un totale di 10 possibili opzioni), insomma, niente che sia nuovo a chiunque abbia anche una seppur minima conoscenza delle meccaniche che regolano un GDR che si rispetti. A mutare, rispetto ai più classici esponenti del genere, è l’estrema flessibilità che caratterizza queste varie specializzazioni, le quali avranno solo il compito di mutare l’approccio iniziale al gioco: le classi, difatti, non presenteranno una struttura rigida ma potranno subire contaminazioni, evoluzioni e persino repentini cambi di rotta in seguito ai vari passaggi di livello. Man mano che ci avventureremo nei meandri di Lordran e ci saremo fatti un’idea più precisa di quale sia la condotta di gioco più appropriata alle nostre attitudini ludiche, potremo scegliere di far evolvere a nostro piacimento le varie statistiche: chi è più incline all’uso di incantesimi opterà per privilegiare lo sviluppo di Fede e Intelligenza, mentre coloro che sono più inclini a menare fendenti si concentreranno nell’affinamento di Forza e Resistenza. Tutto in maniera indipendente da quale sia stata la scelta iniziale: ovviamente passare da una classe prettamente indirizzata alle arti magiche ad una più fisica richiederà un dispendio di energie e di anime (l’equivalente dei canonici “punti esperienza”) maggiore rispetto ad una crescita più lineare del proprio personaggio.

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La raccolta delle evanescenti essenze rilasciate dalle varie creature, comunque, non dovrà essere indirizzata unicamente ad un folle grinding, ma diventerà ben presto elemento essenziale per poter accedere agli equipaggiamenti più avanzati, capaci di fare la differenza tra una fine rapida e dolorosa ed il successo. Le anime, difatti, fungono anche da moneta di scambio, unico modo per poter intavolare delle trattative con i mercanti sparsi all’interno del mondo di gioco, oltre che per poter forgiare tramite i fabbri, previo il raccoglimento di speciali minerali, nuovi strumenti di offesa e difesa. Fin qui, dunque, niente che si differenzi così profondamente da quanto visto in Demon’s Souls.
Le vere discrepanze tra i due titoli le avvertiremo, però, dopo pochi istanti di gioco, non appena ci imbatteremo nel primo dei (fortunatamente) numerosi falò disseminati lungo i livelli che saremo chiamati ad attraversare. Queste fonti di luce, oltre a curare completamente le ferite e ricaricare i vari incantesimi, fungeranno da comodi checkpoint intermedi. Questa presenza è da imputare alla struttura open world che caratterizza l’universo di Dark Souls: in questa nuova avventura, difatti, a differenza del precedente gioco, le varie aree non saranno più separate tra di loro, ma saranno sin da subito (quasi) tutte raggiungibili semplicemente mettendoci in marcia. E considerando l’incredibile vastità della mappa di gioco, appare subito evidente come fosse impossibile demandare la gestione del respawn del protagonista ad un unico, macroscopico checkpoint. I falò, comunque, ci permetteranno di avere accesso anche ad ulteriori funzioni: in seguito all’ottenimento di particolari oggetti potremo procedere con la riparazione di armi ed armature, la gestione degli incantesimi e dell’inventario, sino a sbloccare, giunti ad un certo punto dell’avventura, una sorta di teletrasporto che ci consentirà di raggiungere rapidamente alcune zone specifiche.
Sebbene ad un’occhiata superficiale tutto ciò può sembrare come una mossa indulgente da parte del team nipponico, è bene chiarire subito come la presenza di simili checkpoint multifunzionali non abbia minimamente intaccato l’elevato livello di difficoltà che è più che lecito aspettarsi da questa produzione. Inutile girarci troppo introno, Dark Souls è un gioco molto difficile, non tanto per uno spropositato divario di forze che intercorre tra player e nemici, ma piuttosto per la dedizione e il sangue freddo che sono richiesti ad ogni giocatore che osi imbarcarsi nell’impresa di dominarlo. In una generazione sin troppo benevola nei confronti dei videogiocatori, al punto da presentare dei titoli profondamente incapaci di punire a dovere le leggerezze commesse durante le varie sessioni di gioco, il lavoro di From Software si rivela capace di ribaltare questo che sembra essere divenuto un immutabile dogma digitale: attraversando le terre di Lordran avremo sempre la sensazione di essere dannatamente vulnerabili ed inadeguati alla situazione, fattore che giocoforza porterà a dover studiare con attenzione le mosse dei nostri avversari, ognuno dotato delle proprie routine comportamentali, nonché a guardarci bene dall’ambiente circostante, il quale può rivelarsi egli stesso una trappola mortale. Questa esosa richiesta in termini di attenzione, oltre ad evitare la faticosa incombenza di ripercorrere abbondanti porzioni di mappa, tornerà utile anche per evitare di perdere il nostro prezioso bottino di anime: la morte, infatti, oltre a segnare la nostra temporanea dipartita, avrà come fastidioso effetto collaterale la perdita di tutte le essenze vitali immagazzinate nell’inventario. Unico modo per poter mettere nuovamente le mani sul prezioso fardello, è quello di riuscire a raggiungere indenni il luogo della nostra sconfitta, pena l’irreversibile scomparsa dell’agognato tesoro. Una volta compresa questa, in apparenza, semplice verità, come per magia il numero di volte in cui comparirà a video la beffarda scritta “sei morto”, andrà assottigliandosi considerevolmente, pur non finendo del tutto di contraddistinguere il nostro incedere.

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Fortunatamente, a patto di essere connessi alla rete, sarà possibile interagire con gli altri player che, come noi, risulteranno intrappolati tra le spire della crudele creatura di From Software. Importando di peso il già ottimo meccanismo di interazione online che contraddistingueva Demon’s Souls, anche in questa nuova avventura avremo modo di richiamare all’interno della nostra partita sino ad un massimo di 3 giocatori, affinché ci siano di aiuto nel superare le porzioni di mappa che troveremo troppo ardue da oltrepassare in solitaria. Parimenti, potremo noi stessi essere evocati da chiunque si trovi in difficoltà, previo il rilascio di particolari marker sul terreno, i quali potranno essere impiegati tramite il ritrovamento di una particolare pietra. Ma la struttura online del gioco, in aggiunta alla sua natura cooperativa, è permeata anche da una forte impostazione competitiva: oltre che aiutarci, gli altri giocatori che si troveranno contemporaneamente a noi all’interno del mondo di gioco, potranno invadere la nostra partita, mossi dal desiderio di renderci un facile mucchietto di preziose anime. Fortunatamente questa è un’opzione di cui potremo anche beneficiare in prima persona…
Le funzionalità online di Dark Souls risulteranno assai gradite in occasione delle numerose boss fight, capaci di metterci di fronte un vasto campionario di aberrazioni. Come nel precedente capitolo, infatti, il team nipponico non si è risparmiato sotto questo punto di vista, finendo con il presentarci un bestiario di tutto rispetto, formato da creature davvero ostiche da sottomettere.
Ognuna dotata delle proprie abilità e debolezze, queste entità ostili metteranno a dura prova la pazienza dei giocatori, ma il guadagno in termine di pura soddisfazione che sono capaci di restituire non appena assesteremo loro il fendente mortale è direttamente proporzionale al loro livello di bastardaggine.

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Patto col demonio

Ulteriore novità introdotta da From Software è costituita dai Patti, ovvero delle alleanze, ognuna regolata da un proprio allineamento, che potremo stipulare con dei particolari NPC che è possibile incontrare all’interno delle varie aree. Una volta arruolati all’interno di una fazione, i vantaggi di cui beneficeremo saranno molteplici: si spazia da un semplice incremento della potenza di alcune magie ad una maggiore facilità di cooperazione tra entità appartenenti alla stesso Patto, sino a giungere all’accesso ad alcune sub-quest, tramite le quali sarà possibile racimolare alcuni oggetti particolari. Il rovescio della medaglia è costituito dal fatto che potremo essere affiliati unicamente ad uno di questi Patti e, nel caso si tradiscano i dettami di tale legame oppure si decida deliberatamente di disertare per unirsi ad un’altra fazione, diverremo preda dei rimanenti fedeli al credo del Patto tradito. Fortunatamente sarà possibile annullare la propria diserzione semplicemente pagando, attraverso un determinato NPC, un cospicuo numero di anime.

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Bellezza imperfetta

Sotto il profilo squisitamente artistico il lavoro svolto dai ragazzi di From Software è davvero fuori parametro: il level design è maestoso, capace di immergere il giocatore in un ambiente cupo e decadente, colmo di ambienti vastissimi e ricco di aree nascoste da esplorare. La sensazione di spaesamento e di incertezza per il proprio destino permea ogni angolo, ogni pietra, ogni cunicolo della sconfinata mappa di gioco, conferendo al titolo una personalità unica, sicuramente inarrivabile per ogni altro RPG uscito sino ad oggi. Purtroppo ad una direzione artistica tanto convincente si contrappone una realizzazione tecnica caratterizzata da prestazioni altalenanti. Il versante grafico, pur non raggiungendo le vette dell’eccellenza, si difende più che discretamente, riuscendo a presentare una scena ricca di dettagli e scorci talvolta mozzafiato. Certo, le texture utilizzate non fanno gridare al miracolo e l’effettistica particellare è molto elementare, però il tutto passa agevolmente in secondo piano proprio per i succitati meriti in fase di direzione stilistica. Lo stesso motore, chiamato comunque a gestire un ambiente ricco di nemici in continuo movimento, perde spesso qualche colpo, presentando talvolta alcuni evidenti cali di frame rate, comunque mai troppo penalizzanti.
Buono il sonoro, perlopiù costituito da suoni ambientali, capaci di immergere ancor di più il player nel cupo mondo di Lordran.

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Provare per credere

Così come il suo predecessore, Dark Souls è un titolo incapace di scendere a compromessi, caratterizzato come è da una struttura affatto incline a piegarsi passivamente alle recenti e semplicistiche logiche videoludiche. Ma è proprio in questa sua incapacità di assecondare i giocatori meno smaliziati che risiede tutta la sua dirompente forza: il titolo From Software è subdolo e infido, capace come è di punire severamente ogni minimo errore dettato dalla leggerezza, lasciando però intendere, pochi istanti prima di spirare, che la soluzione è proprio lì a portata di mano, a pochi fendenti di spada, e che la colpa della nostra morte è da ricercare solo nella nostra mancanza di attenzione. Compresa questa filosofia, Dark Souls srotolerà letteralmente davanti agli occhi di un provato giocatore tutta la sua magnificenza, ricompensandolo con ore ed ore (si parla di oltre 150 per completarlo al 100%) di sfide sempre stimolanti e mai banali. E dinanzi ad un gameplay capace di accontentare ogni tipologia di gioco, sia essa fisica che più votata ai brevi attacchi, viene dannatamente semplice chiudere un occhio sulle, talvolta, palesi incertezze tecnico–grafiche. Dark Souls è un’esperienza unica, in apparenza difficile da comprendere in pieno, ma capace di restituire un piacere videoludico unico. Dategli (e datevi) più di una chance: come per magia tutti gli altri giochi che avete provato sino ad oggi appariranno maledettamente vecchi e privi di stimoli. E Lordran diverrà la vostra nuova, decadente, maledetta, ma dannatamente divertente, casa.