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Recensione Recensione di Blackwater

Recensione di Blackwater di Console Tribe

di: Riccardo "RATM" Primavera

Uno dei ricordi più nitidi dell’era dei cabinati, quando i videogame facevano ancora la parte del leone nelle sale giochi, sono indubbiamente gli sparatutto in prima persona su binari. Il giocatore, dopo aver inserito la classica monetina, si trovava ad impugnare una pistola da utilizzare per eliminare dallo schermo qualsiasi presenza ostile. Leggendario rappresentante di questa categoria rimane Time Crisis: a malincuore, però, si deve constatare che titoli di questo genere si vedono sempre più raramente nel mercato videoludico attuale.
Grazie all’uscita del Kinect per Xbox 360, uno spiraglio di speranza si è acceso per gli inguaribili amanti di questi shooter: l’ottimo Gunstringer è stato l’apripista, mentre Blackwater, ultima fatica di 505 Games e Zombie Studios, sembra pronto a seguirne le orme. Riuscirà a dimostrarsi sullo stesso livello?

Cronache dal fronte

I protagonisti di Blackwater possono essere tranquillamente paragonati ad un moderno A–Team: la nostra squadra è infatti composta da Baird, stratega e veterano di lunga data a cui è affidato il comando, Eddie, schivo e abilissimo cecchino Smash, esaltato esperto in esplosivi e combattimenti ravvicinati e l’immancabile novellino privo di personalità, Devon.
Questa mini task force è stata incaricata dall’ONU di proteggere a tutti i costi le figure che, ribellandosi al regime imposto dal generale Limbano su una fittizia città del Nord Africa, cerca di porre fine al suo dominio basato sul terrore rischiando ogni giorno la propria vita. Ecco perchè il compito primario di questi soldati è quello di proteggere quanta più gente possibile, giorno dopo giorno. Leggermente più umani, insomma, degli eroi che sventano due o tre minacce nucleari in ogni Call of Duty.
I soldati del team Blackwater dovranno vedersela con gli agguerriti miliziani e con i ben più organizzati soldati dell’armata del generale: controlleremo in fasi alterne tutti i membri del team, ognuno dotato delle sue peculiarità. Ne verrà fuori un interessante mix di situazioni differenti, sia dal punto di vista del gameplay che da quello dello sviluppo dell’azione.
Storie di ordinaria amministrazione per l’affiatatissimo team agli ordini delle Nazioni Unite… Ma anche la solita minestra riscaldata che la debole caratterizzazione dei protagonisti non riesce a rendere più interessante di quella di tanti mediocri FPS.

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Who you gonna call?

Come abbiamo detto nell’introduzione, Blackwater è uno sparatutto su binari dove il giocatore controlla la visuale e il mirino dell’arma, e non il soldato stesso. Prima di avventurarsi nella campagna è quindi consigliabile giocare la mappa di addestramento per prendere confidenza con i comandi: con le levette analogiche ci si sporge da dietro la copertura, ci si abbassa/rialza e si controlla il mirino; va purtroppo constatato che l’eccessiva sensibilità dei movimenti spesso ci lascia scoperti e in balia dei nemici, con l’annessa frustrazione. Con RT e LT si spara, mentre con RB si lanciano le granate. Proprio quest’ultime soffrono di un problema riconducibile alla fisica, in quanto dopo averle lanciate si appiccicano al terreno come fossero semtex, invece di rotolare in modo naturale. Ecco perchè tirarle mentre si è accovacciati al riparo è spesso inutile: atterrano a pochissimi metri da voi e si rivelano poco più di semplici giochi pirotecnici.
Con X si ricaricano le armi, mentre il tasto A è adibito ai quick time events sparsi per i livelli: tutti abbastanza elementari a dir la verità, dovremo semplicemente premere il tasto prima che la barra che indica il tempo si svuoti.
Il bello di Blackwater è la varietà di situazioni in cui ci imbattiamo grazie all’alternarsi dei quattro soldati scelti. Quando useremo Baird e Devon, saremo armati di fucili d’assalto e mitragliatrici leggere, e dovremo farci strada tra una moltitudine di nemici a breve/corta distanza. Smash, il macho del gruppo, è invece protagonista di sezioni adrenaliniche armato del suo fido fucile a pompa: dovrà farsi avanti in spazi ristretti come case e baracche, sfruttando anche il corpo a corpo (sempre col tasto A). Ultimo, ma non per importanza, il cecchino Eddie: si dimostra il personaggio più semplice da manovrare, in quanto non è esposto al fuoco nemico e dai suoi ripari può facilmente far fuori i soldati per coprire l’avanzata del team.
Visto che manca un tasto per lo zoom, come si fa a mirare col cecchino? Gli sviluppatori hanno introdotto un’ottima trovata: basta spostare la visuale nei pressi dei nemici e si attiverà in automatico lo zoom dell’arma: a quel punto dovrete solo far saltare in aria qualche testa. Il rilevamento dei colpi del cecchino, a dirla tutta, non è eccezionale: anche sparando a 30, 40 cm dal nemico, questo cadrà a terra esanime. La spiegazione è semplice, però: giocando con il Kinect è davvero difficile colpire con precisione un bersaglio di pochi centimetri come i soldati nemici. Si tratta quindi di un compromesso più che accettabile, e che non intacca più di tanto l’esperienza di gioco. Frustranti spesso si rivelano le fasi in cui si usano Devon e Baird, che sono i soldati più esposti alla pioggia di proiettili: coperture sballate o del tutto assenti ci lasciano esposti alle raffiche nemiche, e morire significa dover ricominciare tutto il quadrante dal principio, a causa della totale assenza di checkpoint. Non proprio il massimo della vita.

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Nonostante l’ampia gamma di situazioni che ci troveremo a fronteggiare, Blackwater è un titolo veramente breve: ogni stage dura un massimo di 5-10 minuti, di meno se giocato a livello facile. In totale arriviamo più o meno a mezz’ora per ogni missione, e le missioni sono solo sei; tuttavia, il genere del gioco è da sempre contraddistinto dall’elevatissima rigiocabilità. Oltre a cercare di limare i propri tempi e migliorare i propri punteggi – ogni azione in-game è contraddistinta da un punteggio, dall’uccisione del nemico alla scalata di un tetto – non mancano gli onnipresenti collezionabili per i veri fanatici: statuine, radio, poster di propaganda e soldati stranieri saranno sparsi per tutti gli scenari, e spesso saranno visibili per frazioni di secondo. Se volete raccoglierli tutti, armatevi di tanta pazienza.
Altro fattore che va ad innalzare ulteriormente l’elevato tasso di rigiocabilità è rappresentato dai bivi presenti durante le missioni: in moltissime occasioni potremo infatti seguire strade alternative per raggiungere la fine del livello, con annessi collezionabili nascosti.
Presente anche una modalità in multiplayer competitiva: da 2 a 8 giocatori potranno sfidarsi su varie mappe – già viste durante la campagna in single player – per cercare di racimolare più punti possibili. La struttura a round permette ai giocatori di controllare uno alla volta tutti i quattro soldati della Blackwater, movimentando l’azione. Nulla di trascendentale quindi, utile magari per passare qualche serata tra una birra e l’altra.

Tutto un altro Kinect

Se giocato col pad, Blackwater si rivela un mediocre FPS, prodigo di momenti frustranti ma ideale per coloro che sentono la mancanza di un seguito di Time Crisis. Utilizzando il Kinect vengono fuori varie magagne che vi porteranno, se mai acquisterete il gioco, a decidere di giocarlo con il sistema di controllo classico.

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Per quanto l’idea d farsi strada tra vari conflitti armati solo attraverso l’utilizzo del proprio corpo sia potenzialmente intrigante, il primo problema contro cui questa utopia si scontra è il lag. Il ritardo con il quale il gioco rende su schermo gli input è infatti disarmante, e spesso e volentieri morirete proprio a causa di questo difetto. Avrete capito che giocare con il Kinect aumenta quindi la frustrazione in modo esponenziale; persino i Quick Time Event, a prova di neonato col pad, diventano un terno al lotto perchè (troppo) spesso il gioco non rileva i vostri movimenti.
Quantunque non tutta la colpa di questi difetti sia imputabile agli sviluppatori – il Kinect è ancora terra poco esplorata per un genere come quello degli FPS – l’ottimo Gunstringer citato a inizio recensione è la prova che si possono ottenere buoni risultati con un minimo di impegno. Non ci siamo, quindi: 505 Games e Zombie Studios bocciati.

Il bello, il brutto e il cattivo

Tecnicamente, Blackwater si rivela un titolo mediocre: nulla di eccezionale, ma neanche vergognoso. Modelli poligonali dei protagonisti e dei nemici discreti, ambientazioni abbastanza spoglie ma al contempo interattive: i ripari più esili si distruggono sotto la pioggia di proiettili nemici, mentre i classici barili rossi esplodono dopo qualche raffica. Frame rate abbastanza stabile anche nei momenti più concitati e caotici, mentre rallenta inspiegabilmente durante le cutscene.
Il comparto audio si dimostra invece il punto debole della produzione: doppiaggio privo di mordente e da dimenticare, con battutaccie da B movie tutt’altro che divertenti, colonna sonora che sarebbe da cercare con “Chi l’ha visto?” e campionamento dei suoni per le armi da fuoco poco realistico: nonostante siamo in una zona di guerra, le raffiche sembrano soffocate, quasi silenziate. Si doveva e poteva fare meglio su questo versante.

Blackwater sa tanto di occasione sciupata: le premesse erano buone, il supporto al Kinect prometteva una ventata di aria fresca non indifferente e la mancanza di diretti concorrenti poteva portare ad un boom di vendite.
Una scarsa cura nella realizzazione, un pessimo utilizzo del sensore Kinect e un comparto tecnico scialbo negano però a Blackwater il successo al quale poteva ambire.