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Recensione Recensione di Army of Two: The 40th Day

Recensione di Army of Two: The 40th Day di Console Tribe

di: M2Vanh

Cosa c’è di più bello al mondo di crivellare orde di nemici con un fedele compagno in carne ed ossa? Semplice, farlo con un AK-47 d’oro e tempestato di gemme!
Questa era la politica del fortunato (nelle vendite) e qualitativamente altalenante Army of Two, titolo sviluppato dal colosso EA nei suoi studi di Montreal nel 2008 che ci permetteva di vestire i panni di una coppia di Ranger, Elliot Salem e Tyson Rios, stufi della normale vita militare e decisi a tentare la fortuna come contractor privati (leggi mercenari) nella Security and Strategy Corporation del loro amico Richard Dalton. Dopo 15 anni passati al servizio del miglior offerente e dopo aver accatastato la classica pila di cadaveri nemici e amici, il simpatico duo aveva deciso di mettersi in proprio fondando la Trans World Operations (quando si dice la fantasia negli acronimi…) con l’ausilio dell’onnipresente Alice Murray.
Nonostante i molti difetti, questo nuovo arrivato nell’affollata categoria dei third person shooter era riuscito a ritagliarsi una buona fetta di mercato e a creare dal nulla un’agguerrita community (grazie anche alla perspicacia di EA e alle sue iniziative capaci di coinvolgere migliaia di fan), elementi che hanno sancito definitivamente l’affermazione di questa nuova serie a dispetto della fredda accoglienza che la critica del settore gli aveva riservato.
Riuscirà questo atteso seguito a mettere d’accordo i seguaci di Salem e Rios con i loro detrattori?

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Chi trova un amico trova un tesoro, parte seconda

Army of Two: Il 40esimo Giorno è ambientato pochi anni dopo gli eventi del prequel, con i nostri protagonisti e la loro collega ancora alle prese con i contratti della loro nuova società. Purtroppo durante quella che doveva essere una semplice operazione a Shanghai un gruppo di terroristi comincia a mettere a ferro e fuoco l’intera megalopoli trasformando la popolosa città cinese in una terra di nessuno dove regnano il caos e la distruzione. Indipendentemente dalla loro volontà, toccherà proprio alla nostra strana coppia scoprire il come ed il perché di questo efferato atto e, ovviamente, punire a suon di piombo l’artefice di tutta questa catastrofe.
La trama, da quanto avrete potuto intuire, si assesta ai tipici discreti livelli del 95% degli sparatutto di questa generazione: poco cervello e tanta azione dunque? Non proprio.
Nel tentativo di distinguersi in un genere così inflazionato gli sviluppatori canadesi hanno introdotto nella breve campagna (circa 6 ore anche a livello di difficoltà elevato) anche dei momenti in cui il nostro atrofizzato cervello dovrà prendere delle decisioni. Oltre alla possibilità di salvare gli sfortunati civili che si troveranno sul nostro cammino (o di sparagli alle spalle…), in alcuni punti predeterminati dovremo fare una scelta tra due opzioni (non solo tra le canoniche scelte giuste/sbagliate, ma anche tra alcune con interessanti sfumature di grigio), le cui ripercussioni immediate e future ci saranno presentate in un’interessante stile fumetto curato dai famosi Chris Bachalo (disegnatore di alcuni numeri del leggendario The Sandman) e Jock (Judge Dredd). Anche se eccessivamente ripetitive nel binomio liberazione/sacrificio ostaggi, questi Moral Moments sono una piacevole aggiunta al collaudato gameplay della serie ed aggiungono al mediocre fattore longevità un’inaspettata rigiocabilità grazie anche alle diverse ricompense ottenibili e alle differenti pieghe che prenderanno gli eventi nella disastrata Shanghai.

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Pimp my gun, seconda stagione

Uno degli elementi distintivi e maggiormente apprezzati del primo episodio era la concreta possibilità di modificare in modo più o meno radicale l’arsenale utilizzabile: potevamo aggiungere silenziatori, caricatori più capienti e, dulcis in fundo, trasformare le nostre armi in opere d’arte kitsch dedite all’omicidio di massa (chi mai userebbe un RPG con razzi d’oro 24k?). Consci delle potenzialità di questa opzione gli sviluppatori hanno fatto del loro meglio per trasportarla in questo nuovo episodio, ampliandone le capacità e modificandone, tuttavia, alcuni elementi chiave. I vari gingilli militari non saranno più semplicemente acquistabili con i soldi guadagnati sul campo di battaglia, ma dovranno essere prima sbloccati trovandoli nel suddetto. Volete un nuovo fucile? Frugate tra i cadaveri. Avete bisogno di un nuovo silenziatore? Cercate nelle casse di rifornimento nemiche (se riuscite ad arrivarci…). Anche se è veramente inspiegabile la presenza di SOLO tre pistole, è lodevole il lavoro svolto dal team di sviluppo nell’inserire nuovi interessanti (la baionetta su un fucile d’assalto!) e insensati (silenziatore con lattina) accessori per le vostre armi (ora potete portarne ben 4), capaci incredibilmente di rendere i numerosi scontri a fuoco molto più godibili ed appaganti grazie al maggior numero di soluzioni tattiche utilizzabili e alla possibilità di modificare l’arsenale persino durante le missioni..
Anche se chiaramente appartenente al genere dei third person shooter (trova nemico, vai in copertura, spara a tutto quello che si muove), il gameplay di Army of Two: Il 40esimo Giorno presenta due elementi unici: le manovre cooperative e l’Aggro System. Se le prime sono essenzialmente delle mosse da eseguire con il vostro partner (posizione spalla a spalla, cecchinaggio cooperativo, scambio armi, avanzamento con scudo, autista veicoli e mitragliere, rianimazione, finta morte, paracadutismo in coppia etc…) il secondo è il vero e proprio cuore della giocabilità del titolo. E’ un indicatore che ci rivela quale dei due mercenari attira maggiormente l’attenzione del nemico (sparando come un forsennato per esempio) e quale invece viene ignorato del tutto, permettendoci in definitiva di effettuare le necessarie manovre di fiancheggiamento per uscire vivi da Shanghai anche ai livelli di difficoltà più elevati.
Salem e Rios sono tornati a fare essenzialmente le stesse cose del 2008, anche se il 90% di queste ora le fanno meglio e con meno imprecazioni.

!==PB==!
The 40th D-isaster

Se la sceneggiatura non fa certo gridare al miracolo, la scenografia ha invece fatto dei passi da gigante. Se l’humour nero dei due protagonisti scatena inevitabilmente odio incontrollabile oppure amore incondizionato senza mezze misure, non si può che lodare la cura con cui è stata realizzata la disastrata Shanghai. Varietà ambientale e paesaggistica, possibilità di colorare le proprie armi nei modi più disparati, movimenti dei personaggi (quasi) sempre fluidi e realistici, eccellenti effetti particellari e un ottimo, seppur lineare, level design arricchiscono l’esperienza di gioco complessiva rendendo il combattere tra edifici che crollano e civili che scappano un’avventura sicuramente più coinvolgente rispetto allo scialbo primo capitolo. Permangono, tuttavia, fastidiosi pop-up delle texture e frequenti problemi con la telecamera che non permettono a questo titolo di raggiungere le vette di eccellenza di altre serie più blasonate.
L’ottima realizzazione grafica si accompagna fortunatamente ad un comparto audio di pari livello. La colonna sonora che accompagnerà Rios e Salem risulta si anonima e scontata, ma gli effetti ambientali e i rumori delle armi da fuoco stupiscono per realismo e varietà (basta cambiare alcuni accessori all’arma e cambia di conseguenza anche il rumore di quest’ultima) contribuendo ad accrescere il feeling da sopravvissuti ad un disastro di macerie e proiettili che contraddistingue questa avventura.
Altre note negative riguardano purtroppo il sistema di copertura, spesso impreciso ed inefficace, e la mappatura dei comandi, capace inspiegabilmente di complicare la vita di noi poveri videogiocatori (perché assegnare lo stesso tasto per rianimare il partner alla corsa?). Nonostante ciò il risultato complessivo risulta più che soddisfacente e l’ottimo lavoro di doppiaggio e localizzazione in italiano è un ulteriore prova dell’abilità degli sviluppatori nel limare gli aspetti più controversi del primo episodio e nel migliorare ciò che quest’ultimo aveva di meglio da offrire.

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Army of 2×5

Army of Two abbinava un multiplayer legion-locked e dalla esigua capienza di 4 giocatori ad un netcode spesso instabile e basato sul peer-to-peer. Elementi che avevano sicuramente influito negativamente sulla quantità di giocatori disposti a rischiare la vita sui campi di battaglia di psn e xboxlive. Fortunatamente EA Montreal è corsa ai ripari in questa nuova incarnazione della franchigia elevando il numero massimo di partecipanti a 10 e consentendo l’utilizzo dei propri server per l’organizzazione del matchmaking, oltre a rendere il titolo region free. Anche le stesse modalità di gioco sono state aggiornate o modificate, purtroppo con poche aggiunte: mentre il primo offriva tre differenti tipologie di partite (Warzone, Bounty ed Extraction), Il 40esimo giorno si limita a 4, spaziando dal classico 2 vs 2 del Co-op deathmatch alla nuova modalità Control (comunemente chiamato Re della Collina), dalla rinnovata Extraction (simile all’orda di Gears of War 2 e al Firefight di Halo:ODST ) alla rigenerata Warzone (scontro ad obbiettivi variabili simile a quanto visto in Killzone 2). Permane ovviamente la possibilità di intraprendere la campagna principale con un compagno reale tramite split-screen o i servizi della rete.
In definitiva i modi per divertirsi online con gli amici sono pìù che adeguati allo scopo (anche se con un netcode ancora eccessivamente ballerino e zero fantasia), ma ciò che ci fa rimanere perplessi (di nuovo) è la totale assenza di personalizzazione dell’arsenale negli scontri online, ancora ancorato a set di equipaggiamento predeterminati. Molto gradita, invece, l’opportunità di creare la propria maschera personalizzata caricando il design colorato che ci è più congeniale al sito del gioco per utilizzarlo sia nelle sessione offline che sulla rete.
EA Montreal ha svolto il suo lavoro con capacità e dedizione, ma non è riuscita a far elevare la componente multiplayer di Army of Two: Il 40esimo Giorno al di sopra della cortina di mediocrità che avvolge gran parte dei titoli disponibili nell’universo videoludico.

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No Co-op, no party

Qual è il target di riferimento di un titolo come Army of Two: Il 40esimo Giorno? Sicuramente non il giocatore solitario che, nonostante un’IA nettamente migliorata rispetto al passato, dovrà sopportare non poche situazioni frustranti prima di arrivare ai sospirati titoli di coda. L’ultima fatica di EA Montreal è stata progettata e sviluppata intorno al principio di cooperazione e fa di questo elemento la sua caratteristica fondamentale. Se siete dei fan del primo capitolo o se semplicemente avete un amico con cui dividere l’emozione della battaglia, questo gioco saprà regalarvi parecchie soddisfazioni e momenti intensi sia nella campagna principale che nell’ordinario multiplayer. Le scelte morali, seppur superficiali e potenzialmente migliorabili, sono l’unico elemento veramente nuovo di un titolo che si limita a smussare i non pochi difetti del suo predecessore senza aggiungere alcunché ad una serie che, in un futuro più o meno lontano, potrebbe veramente uscire da questa cortina nebbiosa di mediocrità. Cooperare con un partner reale è un’esperienza sempre piacevole (come ci hanno già insegnato Halo, Gears of War, Rainbow Six Vegas, Call of Duty, Splinter Cell e Resident Evil per citarne solamente alcuni…), ma per essere dei capolavori non basta.