Recensione Project Wingman: Frontline 59
di: Simone CantiniQuando si parla di realtà virtuale, cosa c’è di più esaltante delle simulazioni vere e proprie, siano esse di guida o di volo? Certo, lasciarsi trasportare all’interno di esperienze di natura puramente ludica, come shooter, RPG e platform, ha sempre il suo perché, ma è quando cerca di emulare il reale che il mondo VR riesce ad esprimere in pieno tutto il suo potenziale. Ho ancora negli occhi lo stupore che mi ha causato sperimentare GT7 tramite PSVR2, ed amando i simulatori di volo dall’indole arcade, ero curioso di capire se simili emozioni avrebbero trovato terreno fertile in produzioni come Project Wingman: Frontline 59.
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Nel blu dipinto di blu
Non so perché ma ho sempre provato una certa attrazione per le simulazioni di volo, sin da quando grazie a mio cugino finivo per avere la casa inondata di cassette per C64 ricolme di giochi simili. Un interesse che è proseguito su Amiga con quell’F-15 Strike Eagle II (prestato e mai restituito) e poi su PC e console, con la serie di Ace Combat a rappresentare il mio ultimo baluardo di settore. Infine è arrivato Project Wingman: Frontline 59 che, almeno sulla carta, prometteva di coniugare una simile esperienza con il coinvolgimento garantito da PSVR2: un matrimonio che, per il sottoscritto, rappresentava un vero sogno bagnato. Purtroppo non tutto è andato per il verso giusto, dato che la produzione firmata Sector D2 non è riuscita a trovare il giusto equilibrio tra questi due elementi, con il comparto VR che ha finito per rappresentare una porzione sin troppo marginale del pacchetto.
La campagna principale del gioco, invero il boccone più sostanzioso e ghiotto, può essere difatti fruita soltanto in modalità flat, relegando il visore Sony alle 6 risicate missioni del comparto Frontline 59. Sorte analoga è toccata al comparto roguelike del gioco, anche esso giocabile soltanto su TV in modo tradizionale. Tale feature si basa su obiettivi generati in maniera randomica che, se superati, permetteranno di accumulare dei punti da investire in mezzi e piloti sempre più potenti e performanti.
E dire che, a dispetto di una narrazione non certo memorabile ed avvincente, invero praticamente un mero accessorio, Project Wingman: Frontline 59 dimostra di avere diverse frecce al suo arco. Il core del gioco è ambientato 400 anni nel futuro, e vedrà il solito mondo sconvolto da un misterioso cataclisma ostaggio di conflitti perenni. È in questo teatro di guerra che andremo ad impersonare il classico pilota ribelle, che tra una chiacchiera e l’altra dei suoi logorroici compagni di avventura, si dovrà barcamenare all’interno di un corposo numero di missioni, capaci di intrattenere per più di una decina abbondante di ore. A cui si accompagnano le 3 della porzione VR (giocabile comunque anche senza headset) e le infinite che possono essere regalate dalla citata modalità roguelike.
Non chiamatemi Maverick
Il gameplay di Project Wingman: Frontline 59 strizza con veemenza l’occhio ad Ace Combat e HAWX, presentandosi sulla scena con un’impostazione che fa dell’arcade la sua ragion d’essere. Superato il briefing di missione e scelto l’aereo tra quelli disponibili, dopo averne impostato l’armamento di bordo, verrà il momento di spiccare letteralmente il volo. A dispetto di un tutorial praticamente assente, i comandi sono decisamente intuitivi, così come il flow delle varie missioni, che peccano soltanto in quanto a lunghezza, invero a tratti assai eccessiva: non sono state rare sortite durate anche oltre 40 minuti, tra l’altro senza che alcun checkpoint venga in soccorso del giocatore. La varietà di situazioni proposta è buona, anche se spesso saremo costretti a partire alla cieca, dato che il briefing potrà risultare alquanto approssimativo, non mettendo bene in chiaro quelli che saranno i vari obiettivi, situazione che potrebbe portare a dover superare determinati task in assenza dell’equipaggiamento migliore. Rivedibile, ma qua entriamo nell’ambito del puro gusto personale, la mappatura dei tasti, che ha relegato ai pulsanti frontali l’utilizzo delle armi, preferendo impiegare i trigger del pad per il controllo della virata.
Pur non sfruttando i Sense Controller in modalità VR, limitando il tutto al DualSense, interessante è l’uso che viene fatto delle feature di PSVR2 che, oltre al feedback aptico presente nel visore, impiega in maniera ottimale il tracciamento oculare. Il sistema viene utilizzato per effettuare il lock sui vari bersagli, e l’estrema naturalezza con cui è implementato è davvero efficace e sorprendente. I limiti della modalità VR si avvertono principalmente per quanto riguarda la resa estetica, che segna un visibile downgrade rispetto alla fruizione in modalità flat, con un sensibile abbassamento del livello di dettaglio. L’impatto visivo resta comunque gradevole e, data anche la tipologia di gameplay, non impatta in modo marcato sulla bontà generale. A livello tecnico, difatti, pur essendo realizzato da un team dalle dimensioni ridottissime, Project Wingman: Frontline 59 si difende davvero bene, presentando una buonissima modellazione degli aerei ed una qualità generale davvero convincente. A peccare è la resa del suolo, invero assai basica e minimale, ma a meno di non fare un doloroso frontale con il terreno, la maggior parte del tempo la trascorreremo a smadonnare dietro ad altri veicoli a migliaia di metri d’altezza. Senza infamia e senza lode il sono, anche se le chiacchiere dei nostri compagni di volo vanno ben oltre la normale logorrea. A tal proposito mi seno in dovere di criticare anche la loro reale efficacia in missione, dato che durante le mie partite non li ho mai visti abbattere anche un solo avversario: e quando si è a corto di munizioni una mano effettiva può fare davvero la differenza.
Se cercate un degno erede in VR di Ace Combat e soci, Project Wingman: Frontline 59 potrebbe rappresentare una cocente delusione, vista la risicata durata della sua proposta virtuale. Spogliato di questo orpello assai marginale, quello che resta è un flight-sim di natura arcade convincente e divertente, oltre che dotato di una buonissima longevità. A minare in parte la bontà dell’esperienza ci pensano delle missioni a tratti sin troppo dilatate e prolisse, a cui va ad affiancarsi un’IA alleata che definire efficiente sarebbe un eufemismo. Superati questi scogli, però, il lavoro firmato Sector D2 rappresenta la migliore alternativa attualmente disponibile alla celebre serie di casa Bandai Namco.