Recensione Prey
di: Luca SaatiVita complicata quella di Prey, serie nata nel 2006 dal team di Human Head Studios. Nel 2011 fu annunciato il suo sequel ma uno sviluppo travagliato ha portato alla cancellazione del progetto nel 2014 con un enorme punto interrogativo nel futuro della saga. Bethesda però può vantare tra le propria fila di sviluppatori un team talentuoso come Arkane Studios che ha fatto benissimo con la serie Dishonored il cui ultimo capitolo è uscito qualche mese fa. Abbandonati i toni steampunk della saga Dishonored, Arkane Studios quindi si dà allo sci-fi portandoci nell’angosciante spazio di Prey. Benvenuti a Talos I.
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“Escono dalle fottute pareti”
Ci troviamo nella stazione spaziale di Talos I dove la società Transtar sta effettuando una serie di ricerche su dei pericolosi alieni chiamati Typhon che sono alla base della produzione delle Neuromod, innesti cerebrali che potenziano l’essere umano. Noi siamo Morgan Yu, uno dei soggetti di questi test che, dopo la fuga dal contenimento di uno di questi alieni, si ritrova praticamente da solo, con solo una voce via radio come guida, a lottare contro queste creature e distruggerle.
I primi minuti di Prey sono abbastanza spiazzanti, rivelano pochissime informazioni e ci lasciano con un alone di mistero che ci accompagna per buona parte dell’avventura. Pur non avvicinandosi a quei livelli di terrore che abbiamo apprezzato nella saga di Dead Space, nei primi attimi si respira addirittura un’aria da horror: i Typhon infatti sbucano da ogni angolo della stazione spaziale con addirittura i Mimic in grado di trasformarsi in comuni oggetti come ad esempio un tazza del caffè. Tanta ansia quindi ma anche spaesamento dovuto dal protagonista che a causa delle Neuromod ha perso la memoria e si trova a scegliere se fidarsi del fratello Alex o delle intelligenze artificiali che affermano di essere state create proprio da Morgan. E le cose più avanti non migliorano di certo tra Typhon sempre più pericolosi e grossi, ed eventi che mettono sempre di più in dubbio la fiducia in noi stessi e nell’obiettivo che ci siamo posti.
Dal punto di vista narrativo quindi Arkane Studios ha fatto un lavoro straordinario parte un po’ come Bioshock per poi prendere una sua strada ben precisa affascinandoci per tutte le circa 20 ore (tempo che non considera le varie morti e i restart dai checkpoint) che ci abbiamo impiegato per arrivare ai titoli di coda, o meglio alla scena successiva ai titoli di coda che ci ha semplicemente lasciati a bocca aperta per il twist finale. La longevità comunque può variare anche in base a quanto vi dedicherete alle quest secondarie ottenibili tramite la raccolta di file audio o rovistando tra le email dei PC.
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Dimmi quali neuromod hai installato e ti dirò chi sei
Ispirazioni a Bioshock e ad altri grandi classici del genere come Half-Life non arrivano solo dallo stile narrativo, ma anche dal gameplay. Prey infatti non è uno shooter in prima persona, è prima di tutto un’avventura in prima persona in cui si spara anche ma soprattutto si esplora, si risolvono puzzle e si sfrutta a proprio piacimento l’ambiente. Da citare assolutamente l’uso del Cannone GLOO, un dispositivo in grado di rilasciare una sostanza che si indurisce che permette ad esempio di spegnere incendi, creare piattaforme per raggiungere zone sopraelevate o addirittura immobilizzare i nemici così da scappare o colpirli con la chiave inglese o con le bocche da fuoco che sbloccherete più avanti. Il gunplay a dirla tutta è proprio la parte più debole dell’intera produzione e risulta a tratti macchinoso e poco soddisfacente, si vede insomma che ad Arkane manca un po’ di esperienza negli shooter veri e propri. Tuttavia non tutti i mali vengono per nuocere dato che queste debolezze possono spingervi a sperimentare maggiormente le altre componenti offerte dal gioco, le Neuromod in primis.
Morgan Yu può installare le Neuromod per sbloccare tutta una serie di abilità attive e passive, tra cui troviamo grandi classici come l’hacking, il sollevamento, il potenziamento della salute e degli attacchi furtivi, corpo a corpo e con le armi da fuoco. In più ci sono tutta una serie di abilità Typhon, da sbloccare prima tramite l’analisi degli alieni con lo Psicoscopio, che vanno dagli attacchi elettrici e psichici ad altre più esotica come la metamorfosi in oggetti dello scenario che permettono di mimetizzarsi con l’ambiente e passare così inosservati o per infilarsi nei cunicoli più stretti e raggiungere così in zone altrimenti inaccessibili. Oltre ad analizzare i Typhon e sbloccare così nuovi poteri, lo Psicoscopio ci permette di individuare i punti deboli e quelli di forza degli alieni. Quest’ultimi presentano una varietà notevole tra Mimic, Spettri e le loro varianti con poteri di fuoco o elettrici, alieni con poteri telepatici in grado di rendere degli zombie altri umani, e molte altre creature che non vi riveliamo per non anticiparvi troppo.
Prey offre anche un sistema di crafting che permette di creare tutta una serie di oggetti come armi, munizioni, kit medici, kit balistici (utili per potenziare le armi a patto di aver sbloccato l’apposita abilità), e addirittura nuovi Neuromod per potenziare il proprio personaggio. Il sistema viene gestito tramite due appositi macchinari che si trovano in giro per la mappa, il primo è un Riciclatore che consente di ottenere nuovi materiali riciclando appunto degli oggetti che troviamo durante l’esplorazione dello scenario, l’altro è invece un Fabbricatore che permette di utilizzare quei materiali per creare gli oggetti citati poc’anzi.
Insomma Prey è un perfetto mix di generi che insieme offrono una grandissima varietà di situazioni: in combattimento potete scegliere un approccio diretto o più discreto utilizzando ad esempio le torrette dopo averle hackerate; per superare una porta potete sfruttare un condotto dell’aria o cercare l’apposita chiave. Questi sono solo alcuni esempi delle tante possibilità offerte da Prey, il merito è sicuramente di uno straordinario lavoro di level design svolto dai ragazzi di Arkane Studios che hanno inserito in ogni angolo scorciatoie, cunicoli e zone segrete. Talos I è liberamente esplorabile ed è divisa in diverse aree, ognuna con una caratteristica propria come il Giardino Botanico ricco di rigogliose piante o gli alloggi dell’equipaggio caratterizzato da tutta una serie di stanze da letto. Come non dimenticarsi poi delle zone a gravità zero o dell’esplorazione dello spazio profondo visto che è possibile uscire dalla Talos I.
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Esplorando Talos I
Prey utilizza il CryEngine presentando un comparto tecnico solido che però non fa gridare al miracolo a causa di texture non sempre ben definite, modelli poligonali discreti e qualche calo di frame rate nelle aree più grandi. A brillare è invece è il comparto artistico che offre scorci affascinanti e ricchi di atmosfera, buona anche l’interazione ambientali con numerosi oggetti dello scenario da raccogliere e molti altri con cui interagire. Purtroppo Prey non si fa mancare anche qualche bug, addirittura uno nella versione Xbox One da noi testata ha rischiato di non farci più avanzare, fortunatamente siamo riusciti ad aggirarlo grazie a uno dei poteri di Morgan Yu. Infine segnaliamo anche caricamenti troppo lunghi che spezzettano troppo il proseguo dell’avventura quando si deve passare da un’area e l’altra di Talos I.
Eccellente invece il comparto audio sempre pronto a mettere ansia al giocatore quando un Typhon si nasconde da qualche parte, splendida la colonna sonora che si adatta sempre alla situazione. Infine buono il doppiaggio in italiano.
Commento finale
Prendete un po’ di Dead Space, Bioshock, Half-Life e Deus Ex ed ecco che come risultato otterrete Prey. L’opera di Arkane Studios è un’esperienza affascinante e coinvolgente con la sua trama ricca di misteri. Prey è anche spettacolare grazie ai suoi mix di generi e ispirazioni da altri grandi classici che si amalgamano alla perfezione e danno al gioco un’identità tutta sua. Qualche difetto c’è, ma nonostante delle leggere imperfezioni si tratta di un gioco da avere assolutamente.