Recensione Polychromatic
Lo scrivevo solo poche review fa di come quello dei twin stick shooter fosse un genere oramai inflazionato tra le produzioni indipendenti. E visto che muoio quotidianamente dalla voglia di cimentarmi nell’ennesimo esponente di questa innovativa tipologia ludica, ecco che mi sono imbarcato nella prova sul campo di Polychromatic, seconda opera dei ragazzi di Brushfire Games che, stranamente, si è rivelata essere un bizzarro e visivamente coloratissimo survival horror! Credici…
di: Simone CantiniLo scrivevo solo poche review fa di come quello dei twin stick shooter fosse un genere oramai inflazionato tra le produzioni indipendenti. E visto che muoio quotidianamente dalla voglia di cimentarmi nell’ennesimo esponente di questa innovativa tipologia ludica, ecco che mi sono imbarcato nella prova sul campo di Polychromatic, seconda opera dei ragazzi di Brushfire Games che, stranamente, si è rivelata essere un bizzarro e visivamente coloratissimo survival horror! Credici…
Poco a troppo
Ve l’ho forse già detto che Polychromatic è un twin stick shooter? No? Bene, ve lo dico ora: prendete l’impostazione di Super Stardust HD, appiattite il concept fino a renderlo un titolo bidimensionale ed avrete ben chiaro in mente il modus operandi del gioco in questione. Noi baldi giocatori dotati, per fortuna, di pollici opponibili, controlleremo un poligono azzurro capace di sparare a 360°, accelerare e sganciare letali mine. Ovviamente dovremo resistere all’assalto di svariati avversari, anche essi composti dalle più colorate figure geometriche immaginabili, ognuna dotata di particolari movenze e forme di attacco. Essenziali al pari di questa spiegazione sono le varie modalità di gioco (3 in tutto): in Senza Fine, come si evince dal nome, non dovremo fare altro che resistere il più possibile alle varie ondate di avversari, che andranno di minuto in minuto facendosi più massicce ed aggressive; Una Vita ci vedrà, per l’appunto, impegnati a far durare il più a lungo possibile l’unica chance concessa dalla partita; chiude il cerchio una modalità a tempo in cui ogni navicella che perderemo vedrà diminuire il contatore residuo, mentre ogni ondata avversaria spazzata via ne decreterà un incremento. Tutto qua, semplice e diretto come il concept su cui si basa. Forse un po’ troppo semplice. E allora perché continuare a giocare? Beh, l’idea delle classifiche globali, vista la natura di Polychromatic, è un incentivo sufficiente a spingerci sempre un punto più in là. Aiuta anche il discreto livello di sfida proposto, che ben si sposa con una realizzazione tecnica che, seppur minimale, è visivamente gradevole e (soprattutto) estremamente fluida. E allora perché non svetta nell’olimpo delle produzioni, come testimoniato dall’inappellabile voto che campeggia poche righe più in basso? Diciamo subito che il tutto è relazionato al prezzo a cui Polychromatic viene messo in commercio: senza falsi buonismi non posso fare altro che ritenere i 9,90 Euro richiesti per l’acquisto una cifra spropositata, soprattutto in luce dell’effettiva offerta ludica e dei valori produttivi messi in campo. Il gioco è divertente, questo è innegabile, ma si tratta pur sempre di un software che, almeno sino ad una generazione, fa avrebbe a stento sforato il tetto dei 3 Euro. Qua però rischio di entrare in un terreno spinoso, quello dei prezzi sin troppo gonfiati dei titoli indie, che paiono essere diventati oramai una costante del mercato videoludico attuale. Almeno su console. Magari ci tornerò sopra in un’occasione più appropriata.
True colors
Come già scritto, l’impianto estetico di Polychromatic è quanto di più minimal ci si possa aspettare: figure geometriche semplicissime e prive di animazioni, un unico stage che altro non è se non un semplice cerchio su sfondo grigio e un set di effetti che più semplici non si può, di certo non rendono giustizia ad Xbox One. Però, strano a dirsi, riescono a funzionare pur nella loro essenzialità. Di ben altra pasta la colonna sonora di Dan Waters che, tra ritmi elettronici e chitarre elettriche, ben accompagna le esplosioni che si susseguono sullo schermo.
Non è colpa sua, è solo capitato nel momento sbagliato e al prezzo sbagliato. Polychromatic, difatti, è un gioco che nella sua semplicità riesce comunque a divertire, anche se manca di quella profondità che avrebbe garantito alla produzione una sorte migliore. Va più che bene per sessioni mordi e fuggi, come antipasto tra una sgommata su Forza o una sortita contro i Covenant, ma di sicuro non al prezzo che ci viene proposto sul Marketplace. Peccato, perché una marcata limatura del prezzo lo avrebbe reso un titolo ben più appetibile. Considerate il voto finale come una media tra l’effettiva bontà del gameplay e il quantitativo di denari necessari per farlo vostro.