Recensione Perception
di: donFotterCasa abbandonata, “notte” perenne, qualcuno(o meglio qualcosa) che ci insegue nelle tenebre e incubi ricorrenti. Sembra l’incipit perfetto per una storia dell’orrore, cosa si potrebbe aggiungere ancora? La cecità del nostro alterego, Cassie, che rende tutto ancora più tetro. Questo è Perception, prima opera dei The Deep End Games, un’avventura con una forte base narrativa che cerca di fare delle nostre paura la nostra forza. Scopriamo come è andata nella nostra recensione.
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Vedo non vedo
La protagonista di questa storia si chiama Cassie, ed è subito chiaro che il suo limite visivo(Cassie è cieca) impone una direzione decisa sia alla struttura del gioco, sia al gameplay. Cassie infatti è riuscita nel tempo a sviluppare l’ecovista, ovvero la capacità di vedere tramite il suono emesso dal contatto con gli oggetti, che le permette di muoversi nell’ambiente quasi normalmente. Fin dall’incipit del gioco è chiaro che avremo costantemente bisogno di usare quest’abilità per poterci muovere. Sebbene il design derivato da questa scelta sia molto appariscente, l’ambiente circostante è completamente oscuro tranne che per gli oggetti percepiti nelle vicinanze, delineati da contorni blu/verdi, usare l’ecovista diventa piuttosto in fretta ripetitivo e, in alcuni casi, perfino frustante: ci sono zone del gioco dove infatti bisogna continuamente ricorrere all’ecovista per potersi muovere, e nonostante sia accompagnata da un sound design piuttosto azzeccato che si differenzia in base all’oggetto che decidiamo di far “risuonare”- a questo si aggiunge il problema dell’input lag, piuttosto accentuato.
C’è nessuno?
Il pilastro della componente narrativa è rappresentata dalla casa abbandonata dove si svolge la storia, che si trova nella città di Gloucester(nel Massachusetts). Tormentata dalle visioni, Cassie decide di andare alla villa per capire quale motivazione si celi verso questi continui richiami. Il gioco si ambienta tutto dentro Echo Bluff(il nome della villa) e presto scopriamo che che in essa dimori una sorta di presenza, che rappresenta il “villain” della storia. Infatti questa presenza è l’unico nemico del gioco, ed è in grado di ucciderci: quando infatti ce la ritroviamo nei paraggi, i contorni dell’ambiente si faranno prima gialli, e successivamente rossi, e qualora non ci metteremo al riparo, la nostra fine sarà giunta. Lo schema dietro questa presenza ricorda il comportamento dello xenomorfo di Alien: Isolation, quindi un eccessivo rumore che generiamo con i nostri spostamenti o con le nostre ricerche la farà avvicinare alla nostra posizione. Il problema è che a differenza del famoso mostro spaziale, al quale era piuttosto arduo sfuggire una volta incontrato, qui mettersi in salvo risulta fin troppo semplice: sarà infatti sufficiente trovare il primo nascondiglio possibile(di solito armadi o casse sparse nella casa) oppure cessare di usare l’ecovista mentre siamo nei paraggi della nostra nemesi. Dunque, come nel caso dei comandi e del sistema di gioco, ci sta qualche imperfezione di troppo, che tende a smorzare quanto di buono invece viene fatto dal lato artistico, compromettendo il bilanciamento generale del gioco, nonostante il soddisfacente lato artistico.
Caro diario, ti scrivo
Dove Perception riesce piuttosto bene è nell’aspetto narrativo: Cassie infatti durante la storia ci aiuterà a capire fino in fondo quali solo tutti gli aspetti cruciali della sua storia tramite una serie di riflessioni personali ad alta voce, o dialoghi con altri personaggi al telefono, che oltre ad essere scritti bene, sono supportati da un buon doppiaggio in inglese, che riesce a dare una marcia in più al contesto in cui si volge la storia.
Purtroppo questo non basta per ottenere una qualità da primo della classe: sviluppato con l’Unreal Engine 4, su console il titolo pecca, e non poco, dal punto di vista puramente tecnico. Ad ogni interazione con l’ambiente(come aprire una semplice porta o esaminare un oggetto) i fotogrammi al secondo scendono visibilmente sotto i 30 che anche durante l’esplorazione faticano a restare granitici. Il gameplay, avendo un’impostazione più narrativa, è basilare, ma(come detto in precedenza) soffre per la monotonia, e questo purtroppo appiattisce notevolmente l’esperienza di gioco.
In conclusione, ci si aspettava di più da un team di sviluppo composto da membri con molta esperienza che hanno lavorato a titoli del calibro di Bioshock. Perception vanta una componente narrativa interessante, basata su concept senza dubbio notevole, ma che purtroppo viene condizionata da un lato tecnico decisamente non all’altezza, che mina il risultato finale dell’esperienza ludica, troppe volte intaccata da problemi tecnici evitabili. Da aggiungere infine una nota sulla longevità, piuttosto ridotta(circa 3-4 ore per completare la storia).