Recensioni

Recensione Pentiment

di: Federico Lelli

Nel mezzo del cammin di nostra vita… dove mi trovavo? Pensavo di dover scrivere una recensione su Pentiment, l’ultima fatica “indie” di Obsidian ambientata nel medioevo e uscita pure sul Gamepass e invece ho davanti una figura che emana una radiosità benevola.

Non preoccuparti per la mia presenza, davanti a te c’è San Cassiano da Imola, insegnante, educatore e patrono degli scrittori. Giungo in tuo aiuto perché sento che hai dei dubbi che ti attanagliano.

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Mea Culpa

San Cassiano, quale onore, ho iniziato questo gioco con le massime aspirazioni e, dopo una breve introduzione del mondo di gioco mi sono calato volentieri nei panni di Andreas Maler, artista miniatore ospite all’abbazia di Kiersau per terminare il suo capolavoro e principale punto di vista per questo titolo di ispirazione medievale.

L’aspirazione è positiva solo se rivolta a nostro Signore e alle sue opere, in tutti gli altri casi è uno strumento del demonio che serve solo a creare false ambizioni.

Grazie emerito, quanta saggezza in un sol uomo. È vero che l’hype è una brutta bestia e che spesso fa più male che bene ma comunque stavo valutando questo gioco solo per quello che era: un progetto minore a budget ridotto, figlio della passione del team e che è stato portato avanti solo grazie alla possibilità di portare un gioco in più su Gamepass.

L’unica cosa sul cloud di cui ha bisogno il vero fedele è lo spirito santo.

Eh Cassy, pure tu c’hai ragione, ma il fedele vorrebbe anche divertirsi senza doversi portare per forza i giochi dappertutto, ma queste sono altre questioni, torniamo a Pentiment. L’introduzione approfitta dei convenevoli per sviluppare i tratti base del nostro personaggio e ci rivela il borgo di Tassing con i suoi abitanti, che impareremo a conoscere in lungo e in largo prima del fattaccio: un omicidio di un signorotto all’interno del convento minaccia il nostro mentore e la stabilità stessa dell’abbazia.
Da vero homo faber Andreas prende in mano la situazione per investigare sugli abitanti del villaggio e del doppio convento per capire dove si possa nascondere la mano criminosa che lascia misteriosi biglietti miniati in giro e che intenzioni possa avere.

Il Signore è la luce, ogni percorso che porta a lui porta per forza alla verità.

Mi hai tolto le parole di bocca, ma purtroppo in questo caso non basta, almeno non per scoprire il nostro mistero. L’investigazione si sviluppa in gran parte all’interno delle conversazioni che avremo con i vari cittadini, dandoci così allo stesso tempo una scusa per conoscerli meglio e cercare di influenzare alcune loro decisioni nel breve e nel lungo periodo: queste decisioni potranno essere poi determinanti per i fatti a venire perché ci possono portare ad essere testimoni di nuovi eventi o a conoscere fatti di cui eravamo precedentemente all’oscuro.

“Dio fornisce il vento ma l’uomo deve alzare le vele.” diceva Sant’Agostino.

Bravo Cass, sei un dritto, proprio lì volevo arrivare. Infatti sarebbe ottimo se la narrazione in sé fosse effettivamente guidata dalle scelte che facciamo durante il nostro percorso ma ci accorgiamo molto presto che, vuoi per una mancanza di budget, vuoi per una scelta esplicita degli sviluppatori, il libero arbitrio che abbiamo è abbastanza limitato e ci fa ridefinire solo una serie specifica di eventi e situazioni nel corso dei 25 anni in cui si svolge la storia che alla fine rimane a grandi linee sempre la stessa a volte anche a discapito di alcune diramazioni che abbiamo intrapreso.

Nel grande arazzo che disegna il Signore noi possiamo cucire solo delle brevi linee.

Eh certo, ci sarebbero sicuramente tante considerazioni filosofiche da fare ma allora se il libero arbitrio non serve a una cippa o muove l’asticella solo di una frazione che libero arbitrio è? Le stesse investigazioni che ci troviamo ad affrontare sono imperfette per scelta: il gioco ci mette infatti in una corsa contro il tempo dove sarà materialmente impossibile seguire tutte le piste disponibili (SPOILER e negli eventuali successivi replay scopriremo che comunque tutti gli indiziati sono tanto innocenti quanto colpevoli e che nessuno fornisce una prova veramente schiacciante /SPOILER) e dove l’accusa che faremo alla fine, se abbiamo abbastanza prove, sarà parte integrante del rimpianto che noi come giocatori e lo stesso Andreas avremo nei capitoli futuri, d’altronde non è un caso se il titolo stesso richiama al Pentiment(o).

Dice il Talmud che “Il pentimento fa metà del cammino, e la preghiera fa il resto”.

Sì vabbè, ormai sei un disco rotto. Dove invece Obsidian non ha rimpianti è nel comparto artistico e tecnico: il titolo si presenta deliziosamente miniato con lo stile dei libri dell’epoca. Tutto, dai menù alle mappe, rispetta lo stesso stile da libro medievale e ci sono anche alcune chicche come i caratteri con cui parlano i personaggi, che diventano più elaborati mano a mano che si alza il loro grado di istruzione. Il tutto gira degnamente e senza grandi problemi anche sulle vecchie xbox.

Mea Maxima Culpa

Padre, perdonatemi perché ho peccato, ma io questo gioco non l’ho capito o, per dirla tutta, l’ho capito pure troppo. Mi verrebbe da dire che il punto è proprio quello della Storia, con la S maiuscola, che è inaffidabile per sua stessa natura e di come viene raccontata sempre dai vincitori (o da chi è determinato abbastanza da portare avanti la propria versione), del fatto che a prescindere dai singoli eventi il futuro che arriva è sempre ineluttabile (e quindi che molto spesso abbiamo solo l’illusione della scelta) e dell’immergersi in una comunità che però cambia col tempo anche se a volte in maniera impercettibile, grazie anche alla nostra mano.

Ma a mio avviso chi ha peccato di superbia sono i ragazzi di Obsidian che, nascondendosi dietro ad un’impianto molto poco ludico da visual novel con una spruzzata di elementi RPG, si sono concentrati pure troppo sull’ottima narrazione (che però, soprattutto sul finale, comincia a diventare pesante) dandoci le redini di un cavallo con i paraocchi che non vuole girare quando glielo diciamo.