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Recensione Payday 3

di: Donato Marchisiello

Per quanto sbagliato e terribile sia, quasi tutti hanno, per certi versi, “invidiato” la vita dei rapinatori da film, fatta di azione, belle donne, macchine veloci e soldi a fiumi (oltre che di inseguimenti e polizia). Un miscuglio di violenza e adrenalina che, comunque vada, è stato al centro di film, libri, musica e videogames per tanti e tanti anni. Ma noi, appunto, di videogiochi abbiamo deciso di parlare ed è, proprio in questa sede, che vi offriremo la nostra disamina di Payday 3, testato in versione Xbox Series X. Il nuovo capitolo dell’arci-nota saga di Starbreeze che da diversi lustri tieni impegnati tantissimi fan delle “espropriazioni unilaterali dinamiche“. E a circa dieci anni dal rilascio di Payday 2, che ha vissuto tanti alti e qualche basso, è un’operazione davvero complicata ritornare sul mercato ad offrire una novella esperienza ludica dedicata proprio all’arte del saccheggio organizzato: riuscirà Payday 3 a far rimbracciare fucili e maschere per svaligiare l’ennesimo caveau?

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Payday 3 è uno sparatutto tattico in prima persona, in cui impersoneremo un diabolico rapinatore che, in team con altri tre “professionisti” dell’asporto violento non autorizzato, dovranno cimentarsi in rapine di varia natura e sorta, le quali richiederanno una certa organizzazione e strategia. È bene sottolineare, per chi non conoscesse esattamente la saga, che il titolo può esser affrontato alla Call of Duty, entrando e sparando all’impazzata: ma ciò, attiverà la risposta delle forze dell’ordine, progressivamente più dura. Dunque, nonostante sia un’opzione, in realtà il pugno duro sarà, quasi sempre, l’ultima spiaggia. In linea di massima, il gameplay complessivo di Payday 3, il quale avrà anche una struttura narrativa piuttosto semplificata e che si snoderà attraverso dei brevi video/briefing pre-azione, ci vedrà sempre intenti a penetrare edifici e contesti via via più ardui e complicati da “sviscerare“, al fine di “svuotare le casseforti” e fuggir via col bottino. In totale, le rapine al momento presenti nel gioco sono otto in totale, non tantissime ma piuttosto ben diversificate, con vari livelli di difficoltà che vedranno, via via, i nostri nemici diventare più svegli, letali e numerosi, così come le possibilità di fallire molto più elevate. Diciamolo da subito, senza mezzi termini: i fan di lunga data del brand, non troveranno enormi cambiamenti, se non una semplificazione generale di diversi aspetti cruciali del titolo (probabilmente, di già intuibili dal tutorial, più vicino a quello di un normale sparatutto che di uno shooter tattico). Se volessimo riassumere la faccenda in modo brutale, potremmo dire che Payday 3 è un po’ più CoD, con ad esempio movimenti e controlli più diretti, meno “grattacapi” ruolistici, più concentrato sull’azione. Una scelta, a nostro avviso, azzeccata nell’ottica dei neofiti degli sparatutto tattici ma che, probabilmente, non farà la felicità di coloro che, proprio per la “lentezza” tattica a 360° del precedente Payday, avevano imbracciato fucili e maschera.

Payday 3 è un gioco studiato e pensato per il multiplayer online (che sarà possibile anche in crossplay): nonostante una necessaria connessione ad internet permanente, il titolo di Starbreeze ci permetterà di creare delle stanze ad hoc prima dell’inizio di una rapina, nelle quali potremo decidere in che modo affrontare l’ardimentosa “estrazione” di preziosi. Potremo decidere di andar da soli e utilizzare i bot governati dall’intelligenza artificiale ma, essa, non sarà particolarmente sveglia o utile: in questo senso, il pseudo single player fungerà in realtà da “biblioteca” per apprendere effettivamente come dovrebbe esser portato a buon fine ogni colpo. Naturalmente, la situazione cambia radicalmente se si decidesse di affrontare l’esperienza del titolo di Starbreeze in cooperativa online (ancor meglio se con persone conosciute con cui poter, effettivamente, parlare ed organizzarsi strategicamente): in questo frangente, Payday 3 brilla soavamente e diviene una delle migliori esperienze “tattiche” attualmente esistenti su console. Ogni rapina, in generale, avrà due modi diversi d’esser affrontata: il primo, più tattico e stealth, il secondo in stile Rambo. A seconda delle nostre scelte, saranno differenti gli obiettivi e diverse le difficoltà: oltre a nascondersi da occhi indiscreti, dovremo badare a telecamere ed allarmi e orientarci in livelli via via più intricati. Ma una volta indossata la maschera e sguainate le bocche da fuoco, le nostre priorità cambieranno: la polizia interverrà con forze via via più brutali e coriacee, mentre dalla nostra noi potremo non solo sparare ma anche scambiare ostaggi (una delle novità del novello capitolo) per ottenere oggetti o maggior tempo prima dell’ennesima ondata della polizia.

Nonostante la complessità e la generale medio-alta difficoltà tattica delle rapine, la via “risolutiva” più semplice sarà scovata dopo pochi tentativi: in linea di massima, giocando a difficoltà “Normale“, in 5/10 ore di gioco avremo ben chiaro cosa fare e quando per completare lo stage in modo pulito. Va considerata anche, al contempo, una minore immersività delle rapine che nel precedente capitolo erano, ad esempio, suddivise in diversi giorni o presentavano diverse ambientazioni pre o post “colpo“. Payday 3, quindi, risulterà abbastanza ripetitivo piuttosto velocemente, seppur aumentare la difficoltà cambierà un bel po’ le carte in tavola (per chi, ovviamente, deciderà di farlo) così come la proceduralità di alcuni elementi degli stage (che avranno, però, delle “mete” fisse) aggiungerà un pizzico di sale ad ognim sessione. Una “questio” spinosa e che, naturalmente, è parte integrante del sostrato concettuale del gioco e può esser (parzialmente) sconfitta solo con l’aggiunta di nuove rapine e modalità (quindi, visto l’enorme mole di contenuti di Payday 2, pazienza!). Come detto prima, Payday 3 ha introdotto alcune novità che, in realtà, risultano esser delle semplificazioni per rendere più diretta l’esperienza: ad esempio, completare rapine ci consentirà di accumulare esperienza che, in modo diretto, aumenterà il nostro livello di infamia che, a sua volta, espanderà le nostre possibilità di personalizzazione dei nostri personaggi (ve ne saranno diversi fra cui poter scegliere, seppur la scelta sarà puramente estetica), tra vestiti, maschere e bocche di fuoco (che andranno comunque “livellate” per poter accedere alle mod). Probabilmente, la semplificazione più “pesante” (perdonate lo pseudo-ossimoro) riguarderà il sistema di abilità: Payday 3 offrirà un sistema più “libero” di specializzazione rispetto al passato ma, al contempo, più “rigido“. Non vi saranno più classi “strette” ma, completando diverse sfide in gioco, come ad esempio uccidere un certo numero di nemici oppure utilizzare un tipo specifico di arma, avremo la facoltà di sbloccare diverse abilità specifiche. Se da un lato, ciò comporta un meccanismo di gioco che ci indurrà a giocare coerentemente la nostra specializzazione prescelta, dall’altro costringerà in alcuni i casi i giocatori a “forzare” lo stile di gioco per accumular numeri cruciali per lo sblocco di determinate abilità.

Anche le meccaniche di stealth sono state semplificate, per certi versi, ma in generale migliorate: le guardie saranno più intelligenti, così come i civili reagiranno molto velocemente ad azioni non consone o all’estrazione delle armi, costringendo probabilmente più che in passato ad avere “coscienza” degli ambienti circostanti. Ai livelli più bassi, passare inosservati sarà piuttosto semplice, ma con l’aumento della difficoltà dovremo ragionare e pazientare per non mandare in malora l’operazione. Tecnicamente parlando, Payday 3 compie sicuramente un notevole balzo in avanti rispetto al precedente capitolo: le sue meccaniche di movimenti e di fuoco sono più pulite ed oliate rispetto al passato, con un sistema di rinculo piuttosto diversificato e “realistico” ed un feeling generale dei conflitti a fuoco più soddisfacente. Graficamente, nonostante il titolo sia ben lungi dall’essere un tripla A (di cui, ad onor di cronaca, si mantiene lontano anche a livello di mero prezzo), il titolo si presenta piuttosto in forma, con una qualità grafica generale piuttosto elevata, sia per quanto concerne i dettagli ambientali che per quanto riguarda i modelli poligonali, non tantissimi specialmente in relazione ai nemici, che sono esteticamente e concettualmente pochi. Va segnalata la presenza di alcune cruciali opzioni grafiche che, in generale, ci consentiranno di scegliere tra una modalità performance (probabilmente, la scelta migliore visto anche il frame rate non esattamente granitico), una bilanciata ed una qualità che sacrificherà la fluidità per un aumento della bellezza estetica (in verità, non propriamente esponenziale). Per quanto concerne il sonoro, esso si attesterà ad una buona qualità generale, senza grandi infamie o lodi: buoni gli effetti legati allo shooting, un po’ pochi invece quelli legati agli ambienti (dove spesso sentiremo ripetere a iosa le stesse frasi).

Payday 3 non è una vera e propria rivoluzione, ma una evoluzione, una versione semplificata (ma non ridotta) di un concetto, ormai, assodato ed oliato. Il novello capitolo della saga resta comunque uno sparatutto tattico, uno dei migliori disponibili su console, seppur più light e scorrevole rispetto al passato. Alcuni sistemi sono stati ripensati (se in meglio, solo il futuro saprà dirlo) ma, pensando al passato, Payday 3 resta una buona base di partenza per uno sviluppo che, siamo certi, sarà duraturo e diversificato (come lo è già stato per i precedenti capitoli, sperando però in un non abbandono subitaneo delle versioni console). Una esperienza buona ma imperfetta, potenziata anche e soprattutto da un costo d’accesso lontano dai tripla A (o che diviene ridicolmente basso, se si pensa che il gioco è disponibile su Game Pass).