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Recensione Pandora’s Tower

E siamo a tre. Dopo il centro perfetto di Xenoblade Chronicles e il buon tiro di The Last Story, con Pandora's Tower Nintendo chiude quello che idealmente dovrebbe essere il trittico della ribalta dei giochi vecchio stile Wii. Ultimo ma non l'ultimo, l'attesa di Pandora's Tower, ve lo diciamo subito, è stata ampiamente ripagata, anche se forse coloro che si aspettavano LA trinità dei JRPG dovranno rivedere in parte le loro convinzioni. Forse il meno ambizioso in quanto figlio di un team di sviluppo minore, Pandora's Tower è anche il più atipico dei tre perchè del gioco di ruolo classico ha ben poco se non un inventario e qualche statistica.

di: Nicola "Wanicola" Caso

E siamo a tre. Dopo il centro perfetto di Xenoblade Chronicles e il buon tiro di The Last Story, con Pandora’s Tower Nintendo chiude quello che idealmente dovrebbe essere il trittico della ribalta dei giochi vecchio stile Wii. Ultimo ma non l’ultimo, l’attesa di Pandora’s Tower, ve lo diciamo subito, è stata ampiamente ripagata, anche se forse coloro che si aspettavano LA trinità dei JRPG dovranno rivedere in parte le loro convinzioni. Forse il meno ambizioso in quanto figlio di un team di sviluppo minore, Pandora’s Tower è anche il più atipico dei tre perchè del gioco di ruolo classico ha ben poco se non un inventario e qualche statistica.

Non aprite quelle torri

Pandoras’ Tower segue le vicende di Aeron,serioso e taciturno soldato disertore di Athos, impegnato nel difficile compito di spezzare la maledizione che affligge la sua ragazza, Elena. Destino ha voluto, infatti, che la bella ragazza sia stata maledetta da un antico sortilegio e che da li a breve sia portata a trasformarsi in un orrendo mostro. Stando alle chiacchiere di una vecchia vagabonda di nome Mavda, l’unico modo per bloccarne il decorso, e possibilmente porvi rimedio in modo definitivo, è quello di nutrirsi della carne ferina dei mostri presenti all’interno del complesso delle 13 torri, un luogo proibito ai confini del regno di Elyria che si erige al di sopra di una faglia senza fondo e che si dice nasconde indicibili orrori dal tempo della guerra.
Come si può notare da un incipit molto sbrigativo, la componente narrativa rimane qualche gradino indietro rispetto alle altre due produzioni sopracitate, vuoi per la presenza di soli tre personaggi principali (l’eroe, la ragazza in pericolo e la misteriosa aiutante) ma anche per una della trama dallo svolgimento più lineare, criptica e maggiormente subordinata rispetto al gameplay. I colpi di scena ed eventuali sviluppi nel rapporto tra i personaggi vengono qui ridimensionati e vincolati principalmente alle fasi finali dell’avventura, comunque in grado di poter contare su un ottimo background narrativo (raccontato e approfondito attraverso documenti in pieno stile Resident Evil) e un’ambientazione ispirata alla grecia classica comunque molto curata e riuscita.

Reminiscenze di Zeldiana memoria

Senza dimenticare i suoi trascorsi con i due One Piece su Wii, Gambarion ha confezionato un action/adventure che per meccaniche ricorda molto quanto visto nei vari episodi di The Legend of Zelda. Come nel classico targato Nintendo, Pandora’s Tower, prevede lo studio e l’esplorazione meticolosa dei vari dungeon, in modo da poterne assimilare di volta in volta le meccaniche alla base (l’eliminazione dei rovi nella torre arborea, il funzionamento dei flussi d’acqua nella torre omonima, l’utilizzo dei minerali nella torre bastione, ecc). Dove però i due divergono è nel modo in cui i vari livelli sono collegati. Niente più overworld da girare liberamente, quindi, ma semplicemente una base operativa posta ai bordi della grande faglia che ospita le torri. In Pandora’s Tower l’esplorazione è completamente vincolata alla complessità dei singoli livelli e dalle esigenze temporali scandite dal decorso della maledizione di Elena. Riprendendo idealmente quel senso di ansia tipico dell’orologio di Majora’s Mask, Pandora’s Tower prevede continui viaggi avanti e indietro fra le torri e l’osservatorio di Mavda, utili per potersi gestire al meglio il ridotto spazio dell’inventario, scambiare qualche chiacchiera con Elena in modo da aumentare la barra dell’affinità (in una specie di Sim-Dating insulso e poco riuscito ma indispensabile per ottenere i finali migliori) ma soprattutto consegnarle la carne ferina di cui ha bisogno. Ogni livello non richiederà più di due viaggi di backtracking (eccezion fatta per l’ultimo), fasi comunque rese meno tediose dall’ottimo lavoro svolto nella stratificazione del level design. Interruttori in grado di calare scale, porte che si sbloccano e generalmente percorsi alternativi incentivano sempre l’esplorazione, riprendendo alcuni elementi tipici degli episodi bidimensionali più riusciti della serie Castlevania.

WiiRemote e Nunchuck, spada e catena

Affrontabile sia con il classic controller che con l’accoppiata WiiRemote/ Nunchuck, è forse quest’ultimo il sistema più adatto alle meccaniche di Pandora’s Tower, meccaniche che fanno leva tanto sul combattimento ravvicinato all’arma bianca quanto su quello alla lunga distanza grazie alla versatilità della catena di Oraclos. I due tasti principali A e B del WiiRemote vengono utilizzati, rispettivamente, per concatenare fendenti e lanciare la catena in direzione del puntatore a schermo (che nel caso del classic controller andrebbe mosso goffamente con lo stick analogico destro). A fianco a queste movenze basilari, poi, trovano spazio tutta una serie di tecniche secondarie utili a caricare un super attacco con l’arma di base, stringere la catena attorno a un nemico per dilaniarne la carne, farlo roteare, lanciarlo e così via. Un sistema di combattimento in tempo reale, molto soddisfacente e soprattutto fisico (per squarciare un nemico bisogna strattonare il telecomando mentre per farlo vorticare occorre mulinare il nunchuck) in grado di valorizzare al meglio soprattutto le bellissime boss fight contro i 13 Magister che presiedono le torri. Battaglie che nonostante prevedano sempre lo stesso metodo d’attacco (l’aggancio tramite catena) sono in grado di fornire sfide sempre avvincenti grazie a uno studio approfondito del pattern d’attacco e i comportamenti del nemico. Certe volte si sente la mancanza di un lock-on diretto sui nemici, ma nulla a cui non si possa fare l’abitudine.
Dove però l’utilizzo della catena risulta più appagante è sicuramente nelle fasi esplorative a base di piattaforme e interruttori. Più polifunzionale del rampino di Link, infatti, la catena di Oraclos può anche venir impiegata per aggrapparsi alle sporgenze, dondolare sui baratri, attivare interruttori lontani, trascinare oggetti e via discorrendo, in un crescendo di situazioni in grado di mettere alla prova il cervello e i riflessi.

Arte ellenica low-fi

Dei tre dell’Operation Rainfall, sicuramente Pandora’s Tower è quello che ha potuto godere di un budget minore, dettaglio che che ha gravato maggiormente sull’aspetto tecnico del titolo. Nonostante una direzione artistica di prim’ordine, è impossibile non notare la piattezza delle varie texture, decisamente in bassissima risoluzione e “spalmate” in maniera molto impastate sulle varie superfici di gioco. Lo stesso Aeron per quanto possa contare su un buon modello poligonale, appare in alcuni frangenti come un ammasso indistinto di sfumature gialle. Un vero peccato, anche perchè la telecamera fissa spesso è in grado di mostrare paesaggi che con un minimo di valorizzazione in più sarebbero potuti essere veramente strabilianti. Addolcisce quest’amara pillola una colonna sonora d’atmosfera, composta in maggior parte da brani onirici che ben si sposano con l’ambientazione mitologica/grecizzante del titolo.

Operation Rainfall: Mission complete

In definitiva, Pandora’s Tower è il classico fulmine a ciel sereno che non ti aspetti. Oscurato ingiustamente dai due grandi nomi che lo hanno preceduto e da un comparto tecnico non all’altezza, il primo titolo completamente originale dei Gambarion si è rivelato molto convincente e d’impatto. Nonostante le meccaniche messe in piedi risultino prese in prestito qua e la da altri titoli più famosi, l’operazione di amalgama si può dire completamente riuscita e in grado di donare quel tocco di personalità in più a un titolo quasi perfetto nel suo piccolo.