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Recensione Outcast: A New Beginning

di: Donato Marchisiello

Era il 1999 e poi, improvvisamente, il 2017. L’anno, rispettivamente, di Outcast e Outcast: Second Coming. Il primo, uno dei “progenitori” del concetto moderno di action a mondo aperto, il secondo una “semplice” rimasterizzazione del primo. Due titoli, a distanza di quasi vent’anni, che hanno contribuito a creare un retaggio videoludico importante, anche se lungamente dimwenticato e giustamente riportato in auge dalla “creatura” di cui parleremo in questa sede, Outcast: A New Beginning, creato sempre dal mitico Appeal Studios (autore, di già, del titolo originario seppur con un nome diverso) e prodotto da THQ Nordic. Che sia l’inizio di una rinascita, così come suggerisce il nome? Scopriamolo assieme con la recensione di Outcast: A New Beginning nella sua versione Series X!

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Outcast: A New Beginning è un gioco d’azione a mondo aperto con visuale in terza persona, che mescola tutta una serie di qualità “tipiche” del moderno settore specifico, conservando però un impianto “concettuale” visibilmente vecchia scuola. Naturalmente, com’è d’uopo in questi casi, il prodotto di Appeal presenta una storia a sé stante che, concettualmente parlando, non si discosta tantissimo dall’Outcast originale. Impersoneremo ancora una volta il mitico Cutter Slade, in questa versione un po’ più attempato ma irrimediabilmente legato ad Adelpha, il rigoglioso pianeta alieno che faceva da sfondo anche alle peripezie del nostro eroe nel primo, indimenticabile chapter. All’inizio, però, non tutto ci sarà chiaro: il nostro Cutter, ritrovatosi improvvisamente su di Adelpha, sarà colto da una provvidenziale (per il gioco, s’intende) amnesia, che ha (momentaneamente) cancellato con un colpo di spugna il passato recente del nostro beniamino. Pochi passi dopo e ci imbatteremo in un Talan, un alieno autoctono del pianeta Adelpha, che dopo una iniziale avversione ci chiederà immediatamente aiuto. E, pochi istanti dopo, ci troveremo nostro malgrado a scambiar raffiche laser con un esercito di malvagi invasori che, con nostra sorpresa, scopriremo molto velocemente essere della nostra stessa specie. Di lì, l’inizio di una serie piuttosto lunga di peripezie che ci condurranno attraverso una campagna che, in linea di massima, durerà intorno alle 30 ore (molto di più, però, se decideremo di far proprio tutto).

In generale, la linea narrativa tracciata da Appeal in Outcast: A New Beginning non farà gridare al miracolo, né tanto meno presenterà colpi di scena epocali o cambi improvvisi di “scena”, attestandosi ai livelli di un generico action game. Le peripezie del nostro Cutter saranno, tendenzialmente, piuttosto telefonate e poco ispirate, contraddistinte da una ricerca forzata del “mezzo serio/mezzo faceto” in stile Die Hard che, però, qui non riesce pienamente. A questo, si aggiunga una “progressione narrativa” un po’ troppo segmentata e casuale, con flashback e “visioni” che appariranno in modo non particolarmente omogeneo. Detto ciò, non proprio tutto da buttare, anzi: va sottolineato un ottimo lavoro generale profuso nella creazione di uno “sfondo narrativo” piuttosto credibile ed elaborato, che darà forma e sostanza ad Adelpha. Sicuramente, il cuore pulsante dell’avventura targata Appeal è il complessivo gameplay che, al di là di qualche piccolo inciampo tecnico e non solo, si rivela essere piuttosto soddisfacente e divertente. In sostanza, riducendo all’osso il complessivo tran tran videoludico ordito da Appeal, tutte le vicende del gioco ruotano attorno ad una serie di villaggi dei Talan che, naturalmente, chiederanno il nostro aiuto per respingere gli invasori e “sistemare” tutta una serie di “urgenze”. In generale, giocare ad Outcast: A New Beginning sarà piuttosto divertente, anche grazie ad una vasta libertà di gioco ed una serie di possibilità di movimento divertenti ed interessanti. Tra doppi salti e jetpack, spostarsi in Outcast sarà dinamico e assuefacente: le trovate elaborate da Appeal restituiranno un senso pieno di libertà che, personalmente, mi ha ricordato per certi versi il divertentissimo (e, purtroppo, largamente sottovalutato) Just Cause 3.

Anche se, il senso di “alienazione” e scoperta, in Outcast, è ancor più pressante: la mappa consultabile, infatti, sarà spoglia e senza grandi punti di riferimento, lasciando alla capacità d’orientamento del giocatore la gran parte del lavoro. In nostro soccorso, verrano dei portali strategicamente piazzati all’interno della mappa e che ci consentiranno di muoverci un po’ più agevolmente, seppur essi andranno ricostruiti trovando i pezzi sparsi per il mondo di gioco. V’è anche da sottolineare una certa pianificazione nella strutturazione delle missioni principali e secondarie del gioco, che non saranno propriamente lineari e richiederanno, quasi sempre, un minimo di esplorazione e di “pensiero”, seppur potremo sempre contare su di un piuttosto dettagliato registro, utile al fine di evitare il completo smarrimento. Un dato importante e sicuramente da tenere in viva considerazione, anche se il titolo non faccia, meccanicamente, moltissimo per evitare una repetita che, sostanzialmente, si dilungherà senza variazioni durante tutto il gioco. E vi sarà, comunque, da vedere ed esplorare: il mondo di gioco è davvero vasto, curato e con tante cose da scoprire, oltre che rigoglioso e vivo. Naturalmente, ad Adelpha non ammireremo solo gli splendidi scorsi e le bizzarre forme di vita che lo popolano ma, purtroppo, saremo spesso chiamati a menar le mani: anche da questo punto di vista, Outcast: A New Beginning mette diversa carne sul fuoco. In generale, il combattimento conferma il succitato dinamismo e divertimento. Avremo solo due armi a disposizione (che, in realtà, potrebbero tranquillamente ridursi ad una, visto che la pistola iniziale sarà sin troppo valida come arma) che possono essere personalizzate a nostro piacimento con decine e decine di diversi moduli sparsi per il mondo di gioco.

Outcast: A New Beginning

La pistola godrà di quattro slot complessivi per i moduli, il fucile ne avrà sei: mescolare diversi moduli restituirà un’arma completamente diversa, andando a variegare a sufficienza il gameplay. Va citato anche lo scudo che, oltre a proteggersi, potrà esser utilizzato come strumento in mischia. Anche il nostro Cutter godrà di diverse possibilità: potremo contare su di una ventina di abilità tra ordinarie e speciali, alcune delle quali ci consentiranno di cambiare l’approccio complessivo al gameplay. In generale, seppur non apporti nessuna rivoluzione, il gioco in sé è molto divertente e stimolante, soprattutto se si è fra coloro che amano la complessiva esplorazione. Una positività che, sostanzialmente, fluisce ininterrotta anche nel comparto estetico che, però, non è purtroppo adeguatamente supportata a livello tecnico. L’occhio del player godrà di ampie vedute e scorci di pregio, oltre che di un mondo, come detto, vivo e rigoglioso. Adelpha presenterà diversi biomi e tante forme di vita, ben amalgamati fra loro in uno schema coerente e ben pianificato, interrotto unicamente dal sorgere delle fredde basi metalliche dell’invasore umano. Va sottolineata anche la pregevole realizzazione, a livello di design ed estetica, dei vari villaggi che popoleranno il mondo di gioco: ognuno d’essi avrà una propria “personalità” in base alla principale attività svolta. Ad esempio, nel luogo in cui abbonda la frutta l’insediamento sarà costruitto attorno ad alberi giganteschi, mentre il villaggio in cui si produce la birra avrà nel suo “cuore” gigantesca ruota idraulica.

Il vero cruccio, in realtà, è il quadro più squisitamente tecnico, non esattamente eccellente e che dona una inscrollabile sensazione di “doppia A” (nonostante il prezzo sia da tripla). Sebbene diverse corpose patch pubblicate dal day one sino alla data del presente articolo, sono diverse le problematiche che affliggono Outcast: A New Beginning. A partire da alcuni bug minori, come oggetti “volanti” o compenetrazioni varie ed eventuali piuttosto frequenti, animazioni un po’ “manchevoli” ed una fluidità incostante sia che si scelga la modalità Quality che Performance che, specialmente in alcuni frangenti più “pressanti”, risulteranno quasi indistinguibili su Series X. Buono, invece, il comparto sonoro con effetti discreti ed un tappeto musicale di alto livello che conta al suo interno tracce del gioco originale ed altre inedite, create dal compositore originale del primo titolo Lennie Moore.

Outcast: A New Beginning è un buon prodotto, che siamo certi farà la felicità degli attempati fan del gioco originale. Il gioco confezionato da Appeal Studios è di una buona fattura generale ma, com’è d’uopo, imperfetto. Ad un gameplay sicuramente dinamico e divertente, si aggrappano un comparto tecnico zoppicante ed una linea narrativa un po’ scontata e non particolarmente esaltante. In generale, ci sentiamo di affermare che il gioco rende sufficientemente onore al leggendario capostipite, seppur emerge con potente evidenza la necessità di un continuo labor limae per perfezionare ciò che può esser, di base, ancora migliorato e cambiato.