Recensione NBA 2K24
di: Donato MarchisielloPuntuale come il sole e la luna, anche quest’anno 2K Sport ha rilasciato il suo novello capitolo di NBA 2K, giunto all’edizione 24. La saga è, ormai da tempo, il centro gravitazionale per tutti coloro che sono appassionati di basket (in questo frangente, ovviamente, quello americano). Un appuntamento costante che, ogni anno, sembra confermare una serpeggiante maledizione: ovvero che non esiste un day one in versione “luna di miele”. Un qualcosa che scorra tranquillo e sereno o, magari, turbato solo da questioni tutto sommato trascurabili. E anche quest’anno, sono molti i dubbi e le incertezze che attanagliano l’esperienza confezionata da 2K. Ma raddrizziamo il tiro e procediamo diretti verso la domanda-cuore dell’intera recensione: com’è NBA 2K24? Ecco a voi la nostra disamina della versione Xbox Series X!
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NBA 2K24 è il novello capitolo dell’arcinota saga dedicata alla pallacanestro a stelle e strisce. Saga che, a conti fatti, riesce a creare un’attesa spasmodica ed incredibile nei fan, numericamente inferiore solo ai titoli dedicati al calcio (quanto meno in Italia). Avviare un nuovo NBA, per i fan del genere, è sempre un profluvio di aspettative che, irrimediabilmente, cozzano con delle asperità che, com’è lecito attendersi, caratterizzano ogni nuova uscita dei tanti giochi in serie. NBA 2K24 non fa eccezioni ed è, a conti fatti, sia innovativo che apocalittico: sicuramente, il titolo è probabilmente il tentativo più vicino, negli ultimi anni, di apportare piccoli grandi sconvolgimenti ad una formula assodata da tempo, seppur, come vedremo, la ciambella non è esattamente fuoriuscita col buco (almeno, per il momento). Com’è d’uopo, accedendo al menù principale, saremo accolti da un dinamico menù che ci parerà innanzi tutta una serie di modalità dalle varie metrature.
Ma prima di esaminare approfonditamente le varie modalità, va spesa una parola, in contro-tendenza, su di una questione più squisitamente tecnica: NBA 2K24, su nuova generazione, si fregia del nuovissimo ritrovato tecnologico chiamato ProPLAY. Un unicum o quasi nel genere videoludico dedicato agli sport e che rende NBA 2K24, per certi versi, un titolo dal retrogusto di rivoluzione tecnica. In sostanza, la nuova tecnologia consente di ricreare animazioni di varia natura, riprese direttamente da filmati di partire NBA reali. Di video dimostrativi ve ne sono a iosa online, ma il feeling diretto è ovviamente di tutt’altra pasta. Anche per i veterani, il sapore di NBA 2K24 pad alla mano sarà grandemente differente: dai layup con contatto sino alle più classiche schiacciate spettacolari, passando per passaggi e movimenti off-ball, il tutto risulterà estremamente realistico e fluido, quasi indistinguibile dalla realtà. Un realismo che si accentua maggiormente quando decideremo di compiere manovre tipiche dei giocatori più riconoscibili del campionato, il cui grado di fedeltà riproduttivo è spaventosamente realistico. Un passo in avanti davvero notevole e che, esteticamente parlando, rende NBA 2K24 il miglior modo per avvicinarsi al basket attualmente disponibile, videoludicamente parlando.
Anche NBA 2K24, come ogni capitolo della saga, offre ai propri fan un ammontare mostruoso di contenuti, a partire dalle modalità di gioco. Quest’anno, di novità, non ve ne sono numericamente tante, ma alcune promettono (sulla carta) piccole grandi rivoluzioni. Una delle novità più intriganti è sicuramente la modalità Mamba Moments, che ci consentirà di rivivere alcuni dei momenti più importanti della leggendaria carriera di Kobe Bryant, direttamente sul campo. Un’altra ventata di novità ha lambito l’altrettanto importante modalità MyNba, reinterpretazione manageriale dell’esperienza cestistica nord-americana. Oltre a tutta una serie di piccole migliorie che concernono l’area della qualità di vita e dell’interfaccia, le due nuove caratteristiche principali del gioco riguarderanno l’introduzione della Lebron Era, dove avremo facoltà di controllare i Miami Heat all’epoca dei Big Three. L’altra novità, di una modalità che resta comunque semi-invariata nei contenuti ma sempre solidissima per quanto concerne l’esperienza fornita, sarà una sua variante più leggera, chiamata giustappunto Lite, che si concentrerà su pochi aspetti cruciali della gestione di una squadra, offrendo un pasto più digeribile e meno pesante (e quindi, adatto ai nuovi venuti).
Come ogni anno, la punta di diamante dell’esperienza videoludica targata NBA 2K è sicuramente la modalità MyCareer. Per chi non la conoscesse, in essa esperiremo la vita di un singolo giocatore dell’NBA, dal suo esordio sino all’ipotetica consacrazione come GOAT. Come ogni anno, la modalità porta con se alcune novità, non senza delle diatribe: NBA 2K24 non fa differenza, anzi, porta con sé alcune piccole rivoluzioni che, però, non sono esenti da limiti piuttosto evidenti. Ma andiamo con ordine: la modalità, quest’anno, ci viene introdotta in modo piuttosto diretta, senza grandi scene d’intermezzo. Nelle versioni precedenti, di fatti, solitamente la modalità poggiava le sue basi su di una storia, più o meno interessante, e che mostrava il cammino del nostro personaggio dai bassifondi sino alla NBA. Quest’anno, invece, è tutto diverso: una volta creato il proprio giocatore e scelto, tra le mille possibilità, il ruolo e l’orientamento del nostro stile di gioco (avremo anche la facoltà di scegliere fra template che si rifanno allo stile di giocatori moderni), sceglieremo immediatamente la squadra e scenderemo, dopo pochi attimi, direttamente in campo. Una scelta che ha diviso in parte l’utenza: NBA 2K non ha mai raccontato storie chissà quanto complicate, ma l’esperienza di giocare al college o in G-League donava, ovviamente, uno spessore differente al percorso-storia del nostro personaggio. Vi sono però dei vantaggi: nelle passate edizioni, ad esempio, v’erano noiose e pesanti sessioni di gioco in cui, obbligatoriamente o quasi, bisognava proporsi come rapper o fare attività modaiole che, a conti fatti, c’entravano molto poco con la palla a spicchi.
Naturalmente, l’inizio brutale in NBA porta con sé anche altri vantaggi indiscutibili, ovvero un accesso immediato alla Città (quest’anno, creata nella forma e nella sostanza di Miami). Per chi lo ignorasse, in realtà la modalità MyCareer è una reinterpretazione in stile gioco di ruolo della vita di un giocatore di basket, la quale gravita attorno l’esplorazione, appunto, di una piuttosto vasta città stra-colma di attività da svolgere. Si potrà, nell’effettività, concentrarsi sulla propria vita da giocatore (quindi, partite, allenamenti e via dicendo) oppure girovagare per la città accettando (tantissime!) missioni di varia natura e che si allontanano anche in modo stravagante dalla mera palla a spicchi (chi vuol fare un po’ di gare con lo skateboard?). Potremo addentrarci nei classici campetti online (in questa edizione, divisi tra due firm differenti e che ci doneranno potenziamenti diversi), oppure affrontare le modalità con matchmaking come Pro-Am o Rec (con quest’ultima che, quest’anno, dividerà le squadre organizzate dai giocatori casuali). Oppure, alternativamente, girovagare per negozi alla ricerca dei pezzi d’indumento più cool.
La modalità, in generale, non ha subito enormi rifacimenti a livello di meccaniche ludice. MyCareer presenta, come ogni anno, una mole di contenuti pazzeschi i quali, in teoria, potrebbero risultare persino disarmanti per un giocatore alle prime armi che, d’improvviso, si ritroverebbe completamente sommerso da decine e decine tra quest e meccaniche piuttosto approfondite (come, ad esempio, la singola scelta del ruolo da giocare), pop-up di missioni secondarie ed uno spam continuo di messaggi e video social. Una delle novità, comunque vada, più importanti della modalità, riguarda sicuramente i cartellini, sorta di potenziamenti passivi di vario grado e ai quali si accede raggiungendo un numero specifico in determinate abilità. Nelle scorse edizioni, una volta raggiunto il numero necessario, non avevamo di che preoccuparci: in NBA 2K24, invece, dovremo continuare ad utilizzare una specifica azione (ad esempio, i tiri da tre) per potere accumulare esperienza nello specifico cartellino e farlo salire di livello.
Il problema, nella fattispecie, è che un prolungato non utilizzo della specifica abilità (nel nostro caso, i tiri da tre), porta ad una piuttosto rapida e feroce regressione del badge. Il meccanismo, di base, ha un senso, ovvero limitare il potenziamento brutale del proprio alter-ego attraverso l’acquisto di crediti virtuali (ne parleremo più avanti) ed equilibrare l’esperienza verso un gioco più focalizzato e meno casuale. Ma, al momento, la meccanica si è tradotta, specialmente online, in diverse storture nelle strategie ludiche concrete: in sostanza, sarà piuttosto comune vedere giocatori avversari ripetere a iosa la stessa azione, tra dribbling o tiri di varia natura, per accumulare esperienza in quel determinato badge, fregandosene altamente dell’esito della partita. L’unico modo per tamponare (minimamente) la cosa, è utilizzare i cosiddetti Floor Setter: meccanismi che bloccano il regresso dei cartellini ottenibili durante la season con il pass base (ma, al momento, se ne sbloccheranno due per ogni stagione).
Al centro, però, della modalità, v’è come sempre l’accumulo dei crediti virtuali, sorta di moneta digitale che ci servirà per fare ogni cosa: potenziare il nostro personaggio, acquistare nuovi vestiti o mezzi di locomozione (in questa edizione, particolarmente costosi). Potremo ottenere crediti virtuali giocando oppure comprandoli con moneta sonante. Ed è qui che nasce la prima problematica: l’esperienza di NBA 2K, da tempo, è integrata da una serie piuttosto vasta e profonda di micro-transazioni. In generale, sarà possibile nell’effettività acquistare con moneta reale i crediti necessari per potenziare il nostro giocatore al massimo o quasi (ed è infatti un qualcosa di piuttosto comune vedere nei primissimi giorni di gioco, player già ben oltre il livello 90). Per quanto fastidiosa, la faccenda risulta letale solo nel caso in cui si volesse giocare competitivamente. In quel caso, arginare player che hanno speso centinaia e centinaia di dollari, sarà impresa ardua e che richiederà centinaia di ore di gioco puro e di altrettante sessioni di gioco online spesso impari, dove dovremo affrontare giocatori di gran lunga più forti. Si consideri che, in modo particolare in questa edizione, le ricompense ottenute semplicemente giocando non saranno particolarmente generose (a partire dagli sponsor, che, quanto meno all’inizio, regaleranno poco più di ciò che otteremo giocando un paio di partite per difficili obiettivi stagionali).
Accanto alla carriera maschile, v’è anche la possibilità di vivere l’universo della pallacanestro professionistica americana nella lega femminile. Un’opportunità che vive un paradosso notevole: essa è, sostanzialmente, una versione estremamente ridotta e ossifera della controparte maschile. Non esiste una città, ma solo una serie di menù che fanno accedere ad una serie di attività core come il campionato, sfide online in matchmaking ecc. Nonostante una (discutibile) disparità di trattamento, la carriera nella WNBA è probabilmente il modo migliore che un neofita della serie ha per affacciarsi al complicatissimo mondo di NBA 2K e, in teoria, anche una scelta con molti meno grattacapi per coloro che non hanno molta voglia di misurarsi con le asperità della carriera maschile.
Last but not least, troviamo l’altrettanto cruciale modalità MyTeam, una sorta di Ultimate Team della palla a spicchi in cui saremo chiamati a comporre la squadra dei nostri sogni, sbustando giocatori e sperando che la dea bendata sia benevola nei nostri confronti, regalandoci giocatori di livello molto raro. Se in generale, la modalità si ripresenta quasi integralmente invariata rispetto al passato, gli unici due cambiamenti di una certa consistenza sono l’aggiunta del Salary Cap fisso (ovvero, vi sarà un limite dei giocatori utilizzabili dettato dal loro valore monetario, tentando di equilibrare le cose) e il taglio della casa d’aste che, in passato, consentiva scambi di figurine tra i giocatori, con alla base la valuta del gioco. Al posto d’essa, uno shop più o meno classico da cui acquistare con i crediti virtuali e sia sborsando dindini reali. Un’aggiunta che da un lato ha smorzato i prezzi delle carte più rare, stratosferici in passato, facendo però confluire il tutto in una situazione non troppo dissimile da quella della carriera (mtx i love you!). Va comunque sottolineato, per dovere di cronaca, il quasi raddoppio dei crediti derivanti dalle ricompense della modalità, atto a bilanciare un po’ la situazione.
Da un punto di vista tecnico, NBA 2K24 è un prodotto di alto livello che, però, vive di alti e bassi. Alti, sicuramente, che esplodono all’interno dell’arena: oltre al ProPlay, in generale la resa estetica di quasi ogni dettaglio delle partita è davvero stratosferica. I volti, i dettagli delle divise, persino le animazioni a bordo campo e gli intermezzi, il tutto condito da un gameplay che su Series X addenta saldamente i 60 fotogrammi al secondo in 4K: un’esperienza che, come al solito, conferma la maestria di 2K nel riproporre su schermo forme e movenze quasi indistinguibili dalla realtà, quest’anno potenziate oltre modo dal ProPLAY. Peccato che, usciti dal campo, la situazioni cambi radicalmente: la città, seppur tendenzialmente gradevole agli occhi, è in realtà un coacervo di mura invisibili, dettagli e texture copia/incollate ed enormi corridoi vuoti che contribuiscono a rendere piuttosto dispersiva e vagamente disorientante l’esperienza. Senza contare che, spesso e volentieri, il gioco subirà pesanti cali di frame girovagando in città e nelle zone più affollate di giocatori e modelli poligonali. Per quanto riguarda l’esperienza meccanica online, anche in questo frangente la situazione non è rosea al 100%: persiste ancora quell’input lag canonico e variabile che contraddistingue la serie da tempo, che rende particolarmente complicata la vita specialmente nelle aree con più player in movimento (ad esempio, i campetti, spesso circondati da giocatori correnti a bordo campo). Una situazione che rende ancor più complicata la vita dei tiratori, visto il focus profuso da 2K nel rendere il cecchinaggio molto più realistico e che necessiterà di un’alta precisione nel completamento del mini-gioco dedicato al tiro in sospensione. Fortunatamente, la problematica è molto meno presente se si opta per le modalità di gioco online chiuse come Pro-Am o Rec.
NBA 2K24 è un buon gioco ed è forse il più coraggioso degli ultimi anni, almeno sotto alcuni punti di vista. A seconda di chi lo guardi, il titolo può passare dall’essere perfetto in rapporto prezzo/contenuti oppure… dannatamente no! In generale, per coloro che volessero giocare in santa pace, senza spingere granché sulla competizione online, il titolo targato 2K risulterà sicuramente validissimo e concreto. Ma al contrario, per chi volesse invece sfidare la sorte nelle varie modalità versus in multiplayer, ad attenderlo vi sarà un gargantuesco sistema fatto di complicanze cervellotiche, feature fatte per equilibrare il gioco ma che ottengono il risultato opposto, meccanismi avidi di tempo e dispersivi, chirurgicamente recintati all’interno di mura piuttosto alte di micro-transazioni. L’esperienza, comunque sia, resta generalmente più che solida e ad un passo dal realismo assoluto. NBA 2K24, a conti fatti, potrebbe essere un buon primo capitolo per chi si avvicina alla serie per la prima volta ma, allo stesso tempo, potrebbe non essere sufficientemente nuovo per dare un motivo d’acquisto ai veterani.