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Recensione Natural Doctrine

Sembra proprio che il Giappone si sia accorto dell’esistenza, videoludica si intende, del resto del mondo. Basta difatti voltarsi indietro solo di pochi anni per assistere ad uno scenario desolante, in cui le localizzazioni in lingua potabile di titoli prettamente nipponici si contavano sulle dita di mezza mano monca. Tale tendenza sembra essersi radicalmente invertita negli ultimi tempi, forse anche a causa di una flessione del mercato interno, fattore che ha spinto sempre più publisher a tentare l’assalto a questo mondo ai più sconosciuto. A questa ondata di titoli appartiene anche Natural Doctrine, jrpg tattico sviluppato da Kadokawa Games che si appresta ad invadere il trittico di console Sony attualmente in commercio. Ne sentivamo davvero il bisogno? Scopriamo assieme.

di: Simone Cantini

Sembra proprio che il Giappone si sia accorto dell’esistenza, videoludica si intende, del resto del mondo. Basta difatti voltarsi indietro solo di pochi anni per assistere ad uno scenario desolante, in cui le localizzazioni in lingua potabile di titoli prettamente nipponici si contavano sulle dita di mezza mano monca. Tale tendenza sembra essersi radicalmente invertita negli ultimi tempi, forse anche a causa di una flessione del mercato interno, fattore che ha spinto sempre più publisher a tentare l’assalto a questo mondo ai più sconosciuto. A questa ondata di titoli appartiene anche Natural Doctrine, jrpg tattico sviluppato da Kadokawa Games che si appresta ad invadere il trittico di console Sony attualmente in commercio. Ne sentivamo davvero il bisogno? Scopriamo assieme.

Le parole non servono

Dopo averlo lungamente atteso, complice anche un’accoglienza dignitosa riservatagli dai player nipponici, già il primo incontro ravvicinato con Natrual Doctrine aveva fatto allertare il mio senso di scarafaggio: scarico il gioco, lo installo e mi avvio a giocare. Peccato incappi in una infinita schermata di caricamento assai sospetta: file corrotto? Hard disk di PS4 prematuramente defunto? Smanetto un po’ e poi, per caso, controllo la grandezza del pacchetto dati scaricato e, solo allora, mi accorgo di come il download sia sempre in corso: mettere il classico indicatore di avanzamento pareva brutto? Vabè…
Finalmente termina l’installazione (corretta) e inizio a giocare. Ma proprio subito eh, senza che il benché minimo filmato introduca un attimo le vicende di gioco, il mondo in cui saremo chiamati ad aggirarci o, perché no, uno straccio di presentazione indoratrice. Comunque non sono certo questi i problemi, in fondo si tratta di uno studio privo di budget stratosferici. Detto ciò ci ritroveremo, dopo una manciata di secondi, a comandare Geoff e i suoi compagni, avventurieri in cerca del prezioso materiale Pluton, i quali dovranno ben presto far fronte ad una minaccia che rischia seriamente di compromettere la sopravvivenza della razza umana. La trama, per quanto narrata in maniera assai rozza tramite i classici dialoghi a schermate statiche, presenta anche alcuni spunti interessanti, ma viene presto soffocata dal gioco vero e proprio, capace di mettere in campo elementi assai validi, minati però da una realizzazione complessiva decisamente incomprensibile.

 

Tattica, questa sconosciuta

Al pari di quel capolavoro senza tempo che risponde al nome di Final Fantasy Tactics, ma anche ai più recenti DIsagea (aggiungere numero a piacere) o Valkirya Chronicles, Natural Doctrine è un RPG tattico a turni, in cui di volta in volta prenderemo il controllo di uno dei membri del party all’interno di mappe divise in alcune micro aree. La novità principale che salta subito all’occhio è data dalla possibilità di muoversi liberamente all’interno di queste zone, senza doversi preoccupare di esaurire uno dei consueti indicatori. A questa va ad aggiungersi il Link Turn, meccanismo che permette di sovvertire il classico avvicendamento dei personaggi basato sui punteggi di iniziativa: tramite tale funzione, difatti, è possibile legare tra loro le azioni dei vari personaggi, di modo da poter difendere, lanciare incantesimi o attaccare anche quando non è il momento predestinato. Sulle prime decisamente spiazzante, il Link Turn rappresenterebbe (il condizionale è quanto mai obbligatorio) una vera ventata d’aria fresca per il genere. Peccato il pessimo bilanciamento del gioco renda il tutto quanto mai frustrante. Ovviamente la concatenazione delle azioni può essere effettuata anche dai nemici, quasi sempre presenti in quantità abnorme rispetto al nostro sparuto gruppo di eroi: tale elemento ha portato anche a subire 15 attacchi consecutivi, con relativa disfatta del party, senza che venisse fornita la benché minima possibilità di sopravvivere. E a nulla serve modificare la difficoltà (ci sono quattro settaggi), dato che l’implacabile game over è giunto sempre senza che potessimo reagire. A dare fastidio, inoltre, è anche la sensazione di non godere della benché minima libertà tattica, ma dell’essere costretti ad azzeccare di volta in volta le mosse che gli sviluppatori hanno deciso in anticipo come corrette. Scegliere l’opzione sbagliata porta quasi automaticamente alla sconfitta. E sotto questo punto di vista a poco servono i vari checkpoint, piazzati spesso a caso, presenti nelle varie missioni. Come fare, dunque, per avere la meglio su nemici esponenzialmente più forti di noi? Ci dedichiamo al grinding selvaggio? Risposta sbagliata, dato che dopo aver combattuto più volte all’interno di un’area questa viene chiusa temporaneamente e potrà essere affrontata nuovamente solo dopo un po’ di tempo: il tutto si traduce in un circolo vizioso poco consono alla struttura ruolistica di Natural Doctrine. Aggiungiamo al tutto l’assenza completa di città visitabili, negozi, uno skill tree ridotto all’osso, e la possibilità di equipaggiare solo 4 oggetti a personaggio: un po’ poco per un jrpg, vero? L’equipaggiamento, difatti, può essere recuperato unicamente all’interno dei dungeon, ma spesso è guardato a vista da nemici davvero ostici che rendono la progressione frustrante e fastidiosa.


Tristemente retrò

Non ci girerò troppo attorno: almeno su PS4 l’aspetto estetico di Natural Doctrine è sin troppo imbarazzante. Modelli poligonali che avrebbero sfigurato anche al cospetto del primo Resistance si accompagnano a texture scarsamente definite, affiancate da una modellazione poligonale dei vari personaggi, tra l’altro animati in maniera sin troppo grossolana, decisamente insufficiente. Scarsa l’effettistica visiva e sonora, mentre lievemente più convincenti i vari motivi che accompagnano i passaggi dell’avventura. Non risolleva le sorti dell’intera produzione il comparto multigiocatore che, a dispetto di alcune premesse interessanti, finisce per cadere vittima (sul versante cooperativo) dei problemi di bilanciamento che affossano il single player. Sia che si scelga di affrontare un avversario umano, sia che si scelga di combattere al suo fianco contro l’IA, dovremo costruire il nostro party tramite l’utilizzo di carte. Queste possono essere acquistate spendendo i punti ottenuti giocando, ma non so se avrete la pazienza sufficiente per scalare le classifiche globali.

No, non ci siamo. A dispetto di alcune premesse stimolanti ed alcune idee abbastanza originali per il genere, Natural Doctrine non mi ha affatto convinto, soprattutto a causa degli evidenti macroscopici difetti di bilanciamento e game design. Se è vero che le magagne tecniche possono tranquillamente passare in secondo piano, è impossibile non rimanere delusi da un gioco che sembra godere nel rendere impossibile la vita al giocatore, spingendolo ad avanzare per tentativi casuali piuttosto che ad elaborare un’efficace tattica di gioco. Purtroppo, Final Fantasy Tactics può continuare a dormire sonni più che tranquilli…