Recensione Murasaki Baby
Il concept di Murasaki Baby nasce quasi per caso. Un giorno infatti, mentre era in viaggio in treno verso Roma, assiste alla scena di una bimba con un palloncino, mano nella mano con la propria madre, e lì fa capolino l'idea che sta alla base del gioco: guidare Baby, una bambina dalla particolare fisionomia, con bocca e naso e collocati sulla fronte, tenendola letteralmente per mano sfiorando lo schermo della console.
Un'idea che, come più volte ha raccontato, ricorda vagamente quella adottata da Fumito Ueda con ICO, celebre titolo per PS2, ma con la particolarità che, in Murasaki Baby, è il giocatore che guida la bambina e non un terzo personaggio.
di: Luca "RukaManni" Manni
Ricordo con piacere il giorno in cui ebbi modo di conoscere e conversare amabilmente con Massimo Guarini, durante un evento organizzato a Roma nel 2013 qualche mese dopo la presentazione, sul palco della conferenza E3 di Sony, di Murasaki Baby, opera prima del neonato team di sviluppo Ovosonico.
Un team fondato e voluto in Italia dopo la lunga militanza del giovane game designer in Giappone, dove, rivestendo il ruolo di director nello sviluppo dell’action-horror Shadows of Damned, ha conosciuto e lavorato con mostri sacri dell’intrattenimento digitale come Suda 51 e Shinji Mikami.
Massimo, in quel di Roma, ha risposto col sorriso a ogni domanda che gli è stata posta e, tra queste, non potevano certo mancare quelle inerenti alla sua piccola nuova creatura, quella Baby che dà il nome al gioco, pubblicato in esclusiva per PS Vita.
Il concept di Murasaki Baby nasce quasi per caso, racconta Massimo. Un giorno infatti, mentre era in viaggio in treno verso Roma, assiste alla scena di una bimba con un palloncino, mano nella mano con la propria madre, e lì fa capolino l’idea che sta alla base del gioco: guidare Baby, una bambina dalla particolare fisionomia, con bocca e naso e collocati sulla fronte, tenendola letteralmente per mano sfiorando lo schermo della console.
Un’idea che, come più volte ha raccontato, ricorda vagamente quella adottata da Fumito Ueda con ICO, celebre titolo per PS2, ma con la particolarità che, in Murasaki Baby, è il giocatore che guida la bambina e non un terzo personaggio.
“MURASAKI” IS THE NEW BLACK
Il titolo sviluppato da Ovosonico è un puzzle game bidimensionale dalla spiccata componente artistica dove il giocatore è chiamato, come si diceva poche righe sopra, a guidare “dito nella mano” Baby e il suo palloncino viola alla ricerca della propria madre, compito a cui si dovrà assolvere mediante l’uso del touch e del rear pad di PS Vita, sui quali fa esclusivo affidamento il sistema di controllo. Attraverso il primo è possibile interagire direttamente con Baby e con gli inquietanti e grotteschi scenari di gioco.
Scenari che saranno irti di ostacoli mettendo in serio pericolo la vita… del palloncino viola. La “salute” di Baby è infatti legata a doppio filo con quella del suo piccolo cuore galleggiante e la distruzione di quest’ultimo farà crollare in lacrime la povera bimba, costringendo il giocatore a ricominciare dal checkpoint precedente. Purtroppo questi ultimi risultano mal collocati all’interno del gioco e capiterà spesso di dover ripetere intere sessioni di un livello, magari quasi completato, prima di tornare al punto in cui ci si era fermati.
Anche se il touch pad consente quindi al giocatore di avere controllo diretto su Baby, è con il rear pad che il gioco prende letteralmente vita. Il vero motore del gameplay di Murasaki Baby è infatti nella dinamicità dei fondali, che si animano e si alternano con un semplice movimento del dito. Basta farlo scivolare sulla superficie posteriore di PS Vita per far comparire lo scenario desiderato, e con una semplice pressione interagire con esso. Ognuno ha un colore e un effetto diverso che può agevolare il percorso di Baby in maniera differente. Un ottimo modo per sfruttare appieno le potenzialità latenti della portatile di casa Sony ma che, aimè, non è esente da difetti.
Più si procede con la storia e maggiori diventano i modi di interagire col mondo di gioco, ognuno legato a un diverso uso delle caratteristiche di PS Vita. Se all’inizio questi risultano abbastanza intuitivi, tendono col tempo a diventare poco pratici o addirittura scomodi, chiedendo di rovesciare la console o di utilizzare contemporaneamente touch pad e rear pad coprendo con le dita intere porzioni di schermo. Senza contare che guidare Baby può risultare stancante alla lunga, complice anche la scarsa ergonomia di un dispositivo che non sembra essere stato pensato per un uso continuato di questo tipo. (S)fortunatamente la durata complessiva dell’esperienza di gioco si attesta sui 90 minuti, con una rigiocabilità praticamente ridotta a zero data l’inesistenza di collezionabili, sfide e via dicendo.
ARTE AMORE E FANTASIA
Tutto in Murasaki Baby è pura espressione artistica.
Baby è la moderna Alice nel paese delle meraviglie in cui ciò che la circonda non è altro che la rappresentazione delle fantasie e delle paure tipiche dei bambini. Un viaggio onirico tra atmosfere cupe che rievocano le produzioni di Tim Burton e personaggi al limite del grottesco che contribuiscono a dar vita a un mondo surreale, dove l’uso costante del bianco e nero per gli elementi in primo piano e per la stessa Baby è spezzato dai colori sgargianti e pieni di vita dei fondali.
Cotanta bellezza visiva viene esaltata da una colonna sonora d’eccezione, affidata per l’occasione a sua maestà Akira “Silent Hill” Yamaoka.
CONCLUSIONE
Murasaki Baby è un gioco riuscito a metà.
Comandi a volte imprecisi o movimenti complicati rendono difficile godere appieno dell’opera di Ovosonico, senza contare che, nonostante l’eccellente lato artistico e il particolare sistema di controllo, il titolo non riesce a creare quel legame empatico che vorrebbe col giocatore.
Il risultato è un’esperienza piacevole di breve durata, che non raggiunge i fasti di altre produzioni indipendenti come, ad esempio, Limbo. Un acquisto comunque consigliato per tutti i possessori di PS Vita, se non tanto per il prezzo contenuto, quanto per gli sforzi profusi da Massimo Guarini e dal suo studio nel tentare di dare slancio non solo al mercato della portatile Sony, ma anche alla scena videoludica italiana.