Recensioni

Recensione Monster Hunter Stories

di: Luca Saati

C’era un tempo in cui c’erano i giochi per console fisse e giochi per console portatili. Una differenza sottilissma, ma in grado di restituire esperienze di gioco profondamente diverse: da una parte esperienze pensate per lunghe sessioni sul divano di casa, dall’altra esperienze mordi e fuggi con missioni veloci. Oggi, grazie soprattutto a Nintendo Switch che ha creato un nuovo trend di console portatile/casalinga, quella separazione si può dire scomparsa (se escludiamo dall’equazione i videogiochi mobile), ma ogni tanto arrivano rifacimenti in alta definizione di videogiochi portatili che mi ricordano quella differenza di cui sopra. Monster Hunter Stories, uscito originariamente su Nintendo 3DS, ritorna su PS4 e Nintendo Switch in una versione aggiornata graficamente portando con sé le stesse vibes del 2015.

Per visualizzare i video di terze parti è necessario
accettare i cookie con finalità di marketing.

Un Rider e i suoi Monstie

Monster Hunter Stories racconta un altro lato dell’universo della serie Capcom, un lato in cui i mostri non si cacciano ma si allevano e si lotta fianco a fianco a loro. Il protagonista è un giovane Rider  che vive insieme ad altri Rider in un villaggio remoto e isolato dal mondo in cui vengono i Monsties, le creature che solitamente cacciamo nei capitoli più classici della serie. La pace del villaggio e del mondo viene minacciata dall’arriva di una sorta di morbo che trasforma i mostri in bestie fuori controllo. Spetta al protagonista fermare questa minaccia e instaurare nuovamente la pace.

Rispetto ai capitoli più classici della serie, Monster Hunter Stories è un gioco che si concentra più sulla storia ed è adatto a un pubblico più giovane. Nonostante una certa prevedibilità del racconto, il gioco riesce comunque a intrattenere per le oltre 35 ore richieste per completare la campagna grazie a un tono molto più leggero e quel senso di scoperta di una nuova cultura all’interno del mondo di Monster Hunter. Questa versione rimasterizzata introduce il doppiaggio con gli attori che fanno un buon lavoro nel dare vita ai personaggi e alla storia del gioco, sebbene alcuni personaggi possano essere fastidiosi, come l’anziano del villaggio che parla in rima.

Lo stile chibi e l’uso del cel shading aiuta la grafica del gioco a non invecchiare a tal punto da essere irrecuperabile. Che sia chiaro, il peso degli anni e il fatto che sia uscito originariamente su un hardware datato come Nintendo 3DS si fanno sentire al giorno d’oggi, tuttavia non in un modo così pesante come temevo. Permangono alcuni limiti dovuti alla tecnologia dell’epoca come dei mondi di gioco circoscritti, tuttavia la versione PS4 (giocata su PS5 tramite retrocompatibilità) alla fine si è rivelata piacevole da giocare grazie a prestazioni solide (60 fps) e un comparto grafico migliorato rispetto all’originale che risalta una palette di colori vivaci, dei mostri ricchi di dettagli e un mondo caratterizzato da paesaggi variegati.

Come detto in prefazione, Monster Hunter Stories fa parte di un’epoca in cui i videogiochi pensati per console portatili avevano delle caratteristiche pensate appositamente per quei device. Questo si riflette nel gameplay con delle quest mordi e fuggi adatte per sessioni di gioco brevi. Uno stile che poco si sposa con PS4 e per questo probabilmente il gioco risulta più adatto all’ibridazione di Nintendo Switch. Il design del gioco mostra la sua età, con un’esplorazione limitata e movimenti goffi. Le attività secondarie possono risultare noiose, poiché molte sono rozze e poco ambiziose.

Superati comunque questi ostacoli frutto del tempo che è passato, il gioco di Capcom rimane un’esperienza JRPG divertente con delle meccaniche che si rifanno ai videogiochi dei Pokémon. Il combattimento è a turni e permette di controllare solo il protagonista che è sempre affiancato da un Monstie. Alla base vi è un sistema in stile carta-forbici-sasso che consente di effettuare un attacco basato sulla forza, velocità o tecnica, la cui scelta dipende dal mostro che si combatte. Quando un nemico punta al protagonista si può rispondere con un attacco che porta a un testa a testa il cui esito dipende dal tipo di attacco effettuato. Potenza batte tecnica, velocità batte potenza e infine tecnica batte velocità. Il gioco fino all’ultimo tiene segreto che tipologia di attacco sta per fare il nemico, ma ognuno predilige uno stile di combattimento, di conseguenza dopo aver imparato i loro pattern si possono prevedere così da aumentare l’efficacia degli attacchi.

Il sistema alla base è molto semplice, ma pian piano si aggiunge un po’ di profondità con doppi attacchi, diversi tipi di armi e nuova abilità. Insomma più si avanza nell’avventura e più potente si diventa, e più stratificato si fa il combat system. Dopo poco si sbloccano anche gli attacchi combinati con i Monstie salendo in groppa per sferrare colpi ancora più potenti dopo aver riempito un’apposito indicatore d’intesa.

Il gioco permette ovviamente di ampliare anche il roster di Monstie, ma non tramite la cattura come avviene nei Pokémon. Qui bisogna esplorare dei dungeon, ovvero le tane dei mostri, in cui trovare le uova e consegnarle al villaggio per farle schiudere. Le tane diventano presto ripetitive e noiose, nonostante la gioia di trovare al loro interno un uovo raro.

Divieto di caccia

Monster Hunter Stories è un JRPG che, nonostante sia stato migliorato con alcune aggiunte grafiche e sonore, mette in ben in mostra i suoi limiti dovuti dalla sua natura di essere un videogioco per Nintendo 3DS di quasi dieci anni fa. Soprassedendo su questi limiti, ci si ritrova comunque un gioco divertente che mostra il lato più Pokémon-like di questa serie.