Recensione Monster Hunter Rise
di: Donato MarchisielloApprodato nel marzo del 2021 su Switch e, poco meno di un anno dopo, a gennaio 2022, su PC, Monster Hunter Rise è finalmente giunta nei giorni scorsi anche sulle altre console “maggiori”. Un approdo necessario e desideratissimo dai fan visto che, dal chapter “World”, Monster Hunter ha smesso d’essere un brand per pochi accoliti ed è divenuto, finalmente e meritatamente, un’opera più vicina ai gusti “casuali” della massa. Quest’oggi, analizzeremo in modo specifico la versione per Xbox Series X del titolo che, pur non differenziandosi per contenuti dal titolo originale per Switch, traduce il prodotto di Capcom in una veste tecnica largamente superiore a quella dell’ammiraglia di Nintendo e paragonabile alla versione PC, con cui condivide tantissimi dettagli tecnici. Dunque, imbracciamo la nostra spada lunga ed avventuriamoci al di fuori delle mura del ridente villaggio di Kamura!
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Monster Hunter Rise è un gioco d’azione in terza persona, incentrato sull’esplorazione di mappa mediamente ampie e sulla cattura di enormi bestie dalle caratteristiche e abilità completamente diverse. Caratteristica fondante della saga, è la spasmodica ricerca di ingredienti e materiali ottenibili non solo “naturalmente” dall’ambiente circostante, ma anche e soprattutto dal “recupero” diretto dai corpi dei mostri abbattuti o accalappiati. Anche Rise, così come generalmente i suoi predecessori, ci introdurrà al villaggio di Kamura, base delle nostre operazioni, con una “giustificazione” narrativa relativamente elaborata: il titolo ci mette nei panni di un cacciatore appena “qualificatosi”, alle prese con una “complicata” ricorrenza a cui, suo malgrado, dovrà prender parte. Ogni cinquant’anni, le creature che popolano le foreste e i territori attigui al caratteristico paesino, vengono assalite da un incontrollabile stato di “furia”, che le porta ad attaccare e devastare Kamura. Indovinate a chi starà scoprire il perché di tutto ciò? La trama di Monster Hunter Rise non si evolverà granché da questa premessa, offrendo di tanto in tanto qualche breve dialogo o scena d’intermezzo atti ad ampliare la nostra veduta della vicenda, accatastando dettagli su dettagli che però non rendono meno elementare e trascurabile l’intreccio narrativo. Se la trama esiste ad un livello embrionale, essa è però solo il canonico “la” ad un gioco la cui struttura ludica “”rigida” è, probabilmente, la miglior espressione complessiva mai offerta dalla serie.
Monster Hunter Rise migliora ed eleva quanto, anni fa, fece Monster Hunter World, il primo che “scese a patti” con i gusti generalisti dell’utenza e rese meno “ostico” il gioco per chi non fosse abituato alla sua pesantezza meccanica e alla sua abissale ripetitività concettuale (due elementi “classici” del “gusto” nipponico). Rise ha “imparato” da World, ampliando e andando a meglio caratterizzare alcuni aspetti complessivi della caccia, in modo da esser più digeribile. Per chi non conoscesse il gioco nel suo complesso, Monster Hunter ci mette innanzi varie missioni primarie e secondarie, dagli obiettivi variabili ma che solitamente ci direzionano all’uccisione o cattura di mostri di varia stazza e natura. Ogni mostro avrà caratteristiche particolari, pattern d’attacco specifici con taluni che “muteranno” completamente durante il combattimento, andando a modificare anche le proprie possibilità combattive, o con naturali resistenze o caratteristiche elementali che dovremo “controbattere” con armi e armature apposite. La routine ludica di Rise è molto semplice, così com’è tradizione della saga: tra un mostro e l’altro, dovremo accumulare risorse di vario tipo per poter potenziare il nostro equipaggiamento, in modo da poter affrontare minacce via via più difficili (e ottenere materiali più rari per accedere agli equipaggiamenti migliori). Un “compulsion loop” che, nonostante sfoci molto velocemente nella ripetitività, non annoia affatto per tutta una serie di ragioni. A cominciare dalle tantissime armi da mischia e a distanza che potremo imparare a padroneggiare, ognuna con caratteristiche specifiche e con un comportamento differente in campo, in grado quindi di modificare completamente il gameplay che, di base, sarà com’è tradizione caratterizzato da una certa lentezza dei movimenti e dalla necessità di direzionare gli attacchi in modo certosino perché, ebbene sì, non potremo interrompere un’azione nel momento in cui l’avremo avviata.
A tenere a bada la noia, ci penserà anche un ambiente di gioco interessante, dettagliato e verosimile: ogni bioma avrà una sua “personalità”, così come i suoi abitanti grandi e piccoli. Assistere, ad esempio, ad uno scontro territoriale fra bestioni alti come un condominio, ci lascerà spesso a bocca aperta. Avremo a disposizione anche il villaggio di Kamura , un ampio hub dove poter accedere alle varie missioni disponibili, modificare il nostro equipaggiamento e andare a caccia con i propri amici o con giocatori casuali online, per un massimo di quattro giocatori. La prima novità, inframezzata nella ciclicità eterna di Monster Hunter Rise, è l’introduzione del palamute, una sorta di canide dalle dimensioni ragguardevoli e che avrà, innanzitutto, lo scopo di trascinarvi per la mappa di gioco sul suo dorso, ad alta velocità. Il palamute, al contempo, ci sarà di grande aiuto in battaglia e sarà possibile personalizzarlo non solo nelle caratteristiche estetiche e “fenotipiche” ma anche con equipaggiamento specifico. Il nostro fido compagno, nel corso delle nostre peripezie, accumulerà esperienza e aumenterà di livello, acquisendo via via nuove abilità. L’evidenza è che Rise “prema” su di una certa velocizzazione meccanica dei “tempi morti”: ecco perché, l’altra fondamentale novità a livello più strettamente ludico, sarà il wirebug, una sorta di rampino che ci consentirà un movimento a trecentosessanta gradi per la mappa. Il wirebug ci permetterà, letteralmente, di raggiungere “vette inusitate”, in modo da poter “agguantare” ed esplorare montagne elevate alla ricerca di materiali rari e, perché no, persino di scorci naturali incantevoli (e ve ne saranno molti).
L’altra, concreta, novità, riguarderà più squisitamente la routine più strettamente ludica del gioco: oltre alle classiche missioni di esplorazione e cattura, che ci porteranno a visitare diversi biomi pregevolmente caratterizzati da una flora e da una fauna specifica, Rise ci consentirà anche di affrontare vere e proprie orde, dove il gameplay classico di Monster Hunter si mescolerà con elementi tipici dei Tower Defense. In sostanza, dovremo affrontare ondate via via più complicati di nemici che, al contempo, potremo respingere sfruttando tutta una serie di arnesi da assedio tra balliste, gatling, cannoni ecc. Addirittura, accorreranno in nostro soccorso anche diversi Npc, a cui potremo dar loro degli ordini specifici, oltre che affrontare la divertente modalità in cooperativo con altri giocatori “umani”. Avremo a disposizione anche delle missioni sfida che ci imporranno imprescindibili condizioni di partenza, come il poter giocare con una specifica arma o il dover affrontare determinati avversari in un’arena limitata. Seppur le modalità siano sostanzialmente una rivisitazione più “limitata” della classica routine di gioco, l’aggiunta va comunque a variegare quel poco che basta un gameplay che, nonostante il suo indubbio valore, fa della formulaicità una silente “religione”. Dunque, Monster Hunter Rise è un Monster Hunter un po’ più snello, un po’ più vario, un po’ più leggero: tutte caratteristiche che lo rendono, come già ripetuto più volte, l’iterazione più masticabile e digeribile per i neofiti della storica serie. Ciò non toglie che il gioco sia ampiamente “assaporabile” anche dai tantissimi veterani della saga che troveranno, com’è lecito attendersi, le classiche “asperità” meccaniche a cui il titolo ci ha abituato da quasi vent’anni: movimenti “lenti”, pianificazione degli attacchi in modo oculato e accurata preparazione pre-caccia. Elementi che, da lustri, rendono Monster Hunter un vero e proprio unicum nel panorama videoludico globale.
Ovviamente, Monster Hunter Rise su Series X è un’opera tecnicamente ed esteticamente di alta pregevolezza. Nonostante, in alcuni punti, si veda la “reale” natura del gioco (ovvero quello di un port immaginato su di una console con enormi limiti tecnici e strutturali rispetto all’ammiraglia Microsoft), ciò non toglie che il RE Engine di casa Capcom abbia nuovamente dimostrato la sua flessibilità e la sua capacità di resa tecnico-estetica sopraffina. Il colpo d’occhio avrà ampiamente pane per i suoi denti: sebbene Rise non sia un capolavoro assoluto da un punto di vista grafico, il gioco Capcom sarà caratterizzato da paesaggi pieni e colori pastosi e vividi. La direzione artistica complessiva, com’è tradizione del gioco, è ovviamente di altissimo livello e ogni bioma del gioco sembrerà, concretamente, vivo e vegeto. Così com’è spettacolare il design e la realizzazione dei veri protagonisti del gioco, i mostri: tra nuovi arrivi e vecchie glorie, ogni scontro ci consentirà di scoprire nuovi e “maniacali” dettagli caratterizzanti la fauna da cacciare (che, in certi frangenti, potremo addirittura cavalcare ed utilizzare in combattimento!).
Rise ha compiuto sicuramente un passo in avanti rispetto a World, da un punto di vista strettamente grafico, seppur qualche texture ambientale e sparsa qui e lì si mostrerà sottotono, così come un complessivo sistema di illuminazione un po’ spartano: caratteristiche che, comunque sia, tradiscono come detto il suo “retaggio” Switch. È doveroso sottolineare le vaste possibilità offerte da un punto di vista della personalizzazione grafica del gioco: oltre le canoniche modalità generali performance e qualità, in cui decideremo se avere il massimo della grafica (4k a 60 frame) o l’apice della fludità (1080p e fino a 120 frame), Rise ci metterà a disposizione tantissime opzioni da modificare come la risoluzione di rendering, il filtraggio delle texture, la qualità delle ombre o l’occlusione ambientale ecc. Ed è, probabilmente, una delle poche volte in cui, qualsiasi opzione si scelga, l’esperienza risulterà sempre fluida e spettacolare: unico neo, i filmati d’intermezzo che, nonostante siano largamente concepiti utilizzando la grafica del gioco, subiscono dei cali di frame notevoli e che “spezzano”, anche se per pochi secondi, l’alta fluidità di gioco. Va menzionata, in generale, anche l’esperienza online più squisitamente “matematica”: Rise, anche in questo frangente, si comporta più che bene (da segnalare su Series X caricamenti praticamente istantanei) anche se è occorso qualche crash alla home durante la creazione di una lobby oppure la “caduta” in un loop infinito di connessione una volta tentato l’accesso ad una stanza, che costringe al riavvio del gioco. Casi, comunque, sporadici ma non troppo ma che, in definitiva, non influiscono nettamente sull’esperienza. In ultima analisi, va menzionata per forza di cose l’area “uditiva”: musica ed effetti sonori saranno, al solito, curatissimi e variegati, con tante di canzoni in giapponese che ben presto ci “entreranno” dentro (e che canticchieremo anche una volta spenta la console). Senza contare l’enorme lavoro di caratterizzazione “fonetica” compiuto sui mostri, i quali saranno tendenzialmente riconoscibili dai loro versi anche a distanza.
Monster Hunter Rise è probabilmente l’apice della serie targata Capcom, seppur sia probabilmente il capitolo meno “tradizionale” dell’intera saga. L’animo ludico resta immutato o quasi, seppur l’opera di rivisitazione, alleggerimento e velocizzazione della routine di gioco, rende il novello capitolo della saga probabilmente il migliore e il più fruibile da tutti, veterani e non. La produzione Capcom, in questo frangente, ha pochissimi nei e che riguardano, principalmente, un comparto tecnico pregevole e curato ma che, a tratti, tradisce le sue “umili” origini computazionali. Monster Hunter Rise è probabilmente il primo capitolo che è possibile consigliare a tutti, senza distinzioni: la caccia è aperta per tutti!