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Recensione Mixture

di: Simone Cantini

Tra i titoli che più ho apprezzato e mi hanno affascinato da quando mi sono affacciato sulla realtà virtuale, non posso che inserire le due produzioni legate al nome di Moss. I giochi sviluppati da Polyarc, difatti, sono stati in grado di sfruttare a dovere il potenziale della tecnologia, piegandolo attorno ad una coppia di esperienze estremamente peculiari e coinvolgenti. Ed è proprio ad un simile concept ludico che si ispira in maniera assai marcata Mixture, che seppur con qualche evidente lacuna è riuscito a riportarmi alla mente il rapporto tra il sottoscritto e l’adorabile Quill. Peccato per qualche scivolone di troppo…

Strana alleanza

Il mondo di Mixture non è certo lo specchio dell’allegria e della felicità, fiaccato da una interminabile guerra tra le forze della luce e quelle dell’oscurità. Ed è alla prima fazione che appartiene Sola, uno dei due protagonisti del titolo in questione, che si troverà sin dal principio a stringere un bizzarro patto con lo spirito di uno degli Alchimisti legati al regno delle tenebre. Questi, intrappolato all’interno di un medaglione, si troverà suo malgrado ad unire le forze con la più improbabile delle alleate, con l’obiettivo di ritrovare il proprio potere perduto. Un rapporto assai curioso quello tra questi due personaggi, molto più sfaccettato e ricco di contraddizioni di quello visto nei due Moss, che ha il pregio di accompagnare in maniera sempre centrata ed interessante il racconto che funge da cornice a Mixture.

Una storia che, per quanto ancora una volta costruita attorno all’abusato binomio bene/male, riesce a regalarci un intreccio ben più stuzzicante del previsto, complice anche un cast di comprimari che, per quanto ridotto all’osso, riesce a spiccare per caratterizzazione, tanto estetica che caratteriale. E poi c’è il mondo di gioco, cupo e decadente, assai lontano dalle fiabesche (per quanto dilaniate dalla guerra) atmosfere dei lavori Polyarc, ed in cui la morte ed il tradimento sono pronte a fare capolino ad ogni passo. Sul fronte della pura scrittura, pertanto, pur non trovandoci al c cospetto di chissà quale arzigogolata prova autoriale, Mixture riesce a colpire nel segno, regalandoci momenti sempre centrati ed azzeccati. Peccato che l’aspetto ludico si sia rivelato un pizzico più traballante del dovuto.

Chi fa da sé fa per due

Proprio come nel caso dei citati Moss, il gameplay della produzione firmata Played With Fire si baserà sulla duplice possibilità di controllare entrambi i protagonisti, con la letale guerriera che si muoverà sul campo di gioco, mentre l’alchimista avrà il potere di scagliare potenti incantesimi dall’alto della sua essenza spiritica. Nel primo caso l’azione sarà quella dei tipici hack and slash, con un moveset essenziale ma che potrà essere ampliato raccogliendo particolari semi dorati, che potremo spendere presso l’hub principale. Le meccaniche sono estremamente canoniche ed essenziali, ma nell’economia generale funzionano a dovere. Più peculiare, invece, sarà l’apporto che potremo fornire nelle vesti dell’Alchimista: questi potrà assorbire dall’ambiente di gioco i tre elementi (oro, mercurio e cristalli) necessari alla miscelazione delle pozioni magiche, il cui numero si andrà ad ampliare andando avanti nel gioco e che potremo selezionare tramite un menù a scomparsa. Una volta creata la mistura non dovremo fare altro che scagliarla fisicamente nel mondo di gioco, per dare vita a svariati effetti: potremo rallentare nemici ed oggetti, renderli elastici e rimbalzanti, più fragili e molto altro ancora. Si tratta, invero, della meccanica sicuramente più intrigante di Mixture, attorno alla quale saranno costruite anche fasi esterne al combattimento vero e proprio, quando il gioco si diletta a proporre sezioni puzzle o platform.

L’idea alla base del tutto funziona a dovere, almeno a livello puramente concettuale, dato che l’amalgama presta il fianco a qualche criticità: la prima è legata alla scelta di proporre una camera non fissa, ma mobile, situazione che rende spesso ostico gestire in contemporanea l’Alchimista e Sola. Non aiuta, inoltre, la non sempre puntuale reattività delle gesture legate al lancio delle pozioni, criticità mitigata solo in parte dalla possibilità di sfruttare un meccanismo di mira automatica. A complicare il quadro generale ci pensa anche una non perfetta pulizia del codice di gioco che, nonostante una nutrita dose di update successive al lancio, lascia sempre aperta la porta a chiusure improvvise e blocchi della progressione, che hanno sempre richiesto il riavvio forzato del gioco (non è possibile accedere ad alcun menù una volta avviata la partita). Superati questi scogli, fastidiosi ma comunque non insormontabili, quello che resta è un’avventura decisamente longeva (circa 7 ore sono richieste per giungere alla fine, ma nulla ci vieterà di trascorrere più tempo per scoprire tutti i segreti), caratterizzata da alcune boss fight interessanti e da una serie di situazioni sempre varie e mai banali.

Di necessità virtù

Il quadro non perfetto è sicuramente figlio di un budget produttivo non certo stellare, che in parte si riflette anche sul comparto tecnico di Mixture. A livello puramente estetico, difatti, la produzione Played With Fire alterna elementi sicuramente pregevoli e curatissimi (i guerrieri della luce sono caratterizzati in maniera splendida), ad altri decisamente più monocordi come gli ambienti di gioco, stilisticamente interessanti ma forieri di una complessità visiva non certo esaltante. Abbastanza anonimo anche il comparto audio del titolo, che al di là di un main theme sicuramente azzeccato ed evocativo non riesce ad andare, data l’assenza di brani memorabili e di un doppiaggio che si limita a far parlare i personaggi per mezzo di vocalizzi incomprensibili. Va però premiata la volontà di proporre il tutto localizzato in moltissime lingue, tra cui figura fortunatamente anche la nostra. Qualità che non mi stancherò mai di dire quanto mi faccia piacere trovare in produzioni minori come questa (che sotto questo punto di vista ha molto da insegnare a tanti studi/publisher più ricchi).

Dire di non aver apprezzato Mixture sarebbe falso quanto ingiusto nei confronti nel titolo Played With Fire, visto che l’avventura di Sola e dell’Alchimista è riuscita a divertirmi ed appassionarmi. Sarebbe però parimenti mendace non sottolineare come il tutto sia fiaccato da alcune criticità che non riescono a rendere il tutto indimenticabile senza riserve, dati i problemi tecnici e concettuali che ne hanno fiaccato la realizzazione generale. Resta pertanto il rammarico di ciò che avrebbe potuto essere se il tutto fosse stato accompagnato da un budget più sostanzioso, ma nulla vieta di sperare in un seguito più fortunato in tal senso. Che almeno per il sottoscritto sarebbe molto ben accetto.