Recensione Max The Curse of Brotherhood
All'interno della vetrina del neonato store di Xbox One, una delle esclusive più interessanti è senza dubbio Max: the Curse of the Brotherhood, un puzzle platform sviluppato dal team danese di PressPlay. Sostanzialmente si tratta di una rivisitazione di Max & the Magic Master, studiato per le piattaforme mobili in cui riscosse un notevole successo e poi convertito per le console da gioco "tradizionali", fatta eccezione curiosamente per Xbox. Microsoft deve aver intuito delle potenzialità nella software house di Copenaghen tanto da acquisirne l'intero pacchetto. Ora basta con le chiacchiere, andiamo a vedere cosa sta combinando Max...
di: Giovanni MancaAll’interno della vetrina del neonato store di Xbox One, una delle esclusive più interessanti è senza dubbio Max: the Curse of the Brotherhood, un puzzle platform sviluppato dal team danese di PressPlay. Sostanzialmente si tratta di una rivisitazione di Max & the Magic Master, studiato per le piattaforme mobili in cui riscosse un notevole successo e poi convertito per le console da gioco “tradizionali”, fatta eccezione curiosamente per Xbox. Microsoft deve aver intuito delle potenzialità nella software house di Copenaghen tanto da acquisirne l’intero pacchetto. Ora basta con le chiacchiere, andiamo a vedere cosa sta combinando Max…
Per amore di Felix
Ciuffo rosso impomatato al vento, Max allegramente torna a casa dopo una giornata di scuola; dalla sua stanza, al piano di sopra, arriva un baccano infernale: è Felix, il suo fratellino, che si diverte con i giocattoli di Max, distruggendoli. Basta, è arrivato il momento di sbarazzarsi di Felix, una volta per tutte! Dopo una veloce ricerca su giggle, Max trova una formula magica che, quasi per scherzo, recita ad alta voce: improvvisamente la luce della cameretta è sopraffatta dall’oscurità e, da un vortice di luce viola sulla parete, appare un mostruoso braccio che avvinghia l’ignaro Felix e lo porta via con se. A Max non rimane che raccogliere gli occhiali da secchione del fratellino e tuffarsi nel vortice per cercare di raggiungerlo e salvarlo, soprattutto per evitare le ire della mamma.
Arrivato nel coloratissimo mondo di Diversilandia, una vecchia strega, rifugiatasi in cima ad un gigantesco albero, spiega al nostro eroe che il cattivissimo Lord Mustacho ha portato Felix nel suo castello in modo da sostituire il suo decrepito corpo con quello giovane del fratellino. Dopo secoli di lotta, la vecchia strega è troppo stanca per avere la meglio sul famigerato stregone, dunque dovrà essere Max a salvare il mondo liberando il fratellino. Ma la vecchia sarà sempre al fianco di Max: la sua anima infatti animerà il magico pennarello del protagonista e, per questo, sarà in grado di controllare gli elementi naturali. Sarà questa l’unica “arma” a disposizione del giovane ragazzo nel corso della sua odissea, suddivisa complessivamente in sette capitoli.
Max magico artista
Come abbiamo anticipato, Max: the Curse of the Brotherhood è un puzzle platform, un genere che negli ultimi anni ha riscosso un notevolissimo successo grazie a capolavori eccezionali come Trine, Limbo e Braid e che nel passato stupì con dei veri e proprio punti di riferimento del calibro di Oddworld, Shadow of the Beast e il controverso Heart of Darkness. Max attinge da un un po’ di tutta questa tradizione, ritagliandosi uno spazio tutto suo ma a fatica e senza comunque eccellere in nessun aspetto particolare, di sicuro né nell’aspetto platform né in quello puzzle.
Max non “spara” e non può saltare sulla testa dei nemici per tramortirli, l’unica “arma” a sua disposizione è il pennarello magico, essenziale per evitare o abbattere gli sgherri al soldo di Lord Mustacho e crearsi la strada verso il castello oscuro in cui è imprigionato Felix. Il pennarello si attiva con la pressione del grilletto destro e la sua magia si può esercitare solo in determinate zone dello scenario, evidenziate da una luce il cui colore è diverso a seconda dell’elemento naturale utilizzabile; i poteri di questa bizzarra bacchetta magica aumentano progressivamente nell’evolversi dell’avventura, quando si raggiungono degli altari magici. All’inizio del suo viaggio, Max può ergere colonne di terreno, successivamente potrà costruire rami, liane, flussi d’acqua e sfere di energia esplosiva: proporzionalmente, con l’aumento dei poteri del pennarello aumenta la complessità dei puzzle che nei livelli più avanzati mischiano in modo intelligente tutti gli elementi. Ad esempio si deve legare una liana ad un ramo e raggiungerla tuffandosi in un flusso d’acqua raggiungibile saltando da una colonna di terra. Soprattutto in queste situazioni, non va mai preso alla leggere il disegno che si realizza con la levetta analogica delle diverse creazioni dal momento che una forma imprecisa o una direzione sbagliata impedisce la soluzione dell’enigma. In ogni caso è sempre possibile distruggere ciò che è stato creato per poi rifarlo in modo più efficace e, anzi, in molte situazioni la distruzione e una chiave essenziale per la soluzione del puzzle stesso.
Magie geometriche
La curva di difficoltà che gli enigmi propongono al giocatore è ottimamente bilanciata: i puzzle sono sempre molto intuitivi e non tanto per la linearità degli schemi quanto piuttosto per l’esperienza che viene maturata risolvendo quelli precedenti. Dunque divertenti e ben bilanciati ma generalmente mancano della fantasia e genialità rispetto a quelli che caratterizzarono gli illustri predecessori del titoloPressPlay che abbiamo precedentemente citato. La soluzione è quasi sempre di tipo geometrico e in pochissime occasioni deve far leva sulle caratteristiche dello scenario o delle creature presenti: nella stragrande maggioranza delle situazioni si deve costruire una via per spostarsi da un punto A al punto B, dunque è evidente come le situazioni proposte si possano ripetere in più di una circostanza. Ilbacktracking è praticamente inesistente, e si torna indietro solo se si prende la decisione di raccogliere tutti gli occhi malefici e i pezzi dell’amuleto della vecchia strega sparsi per la mappa, ma questo ha una rilevanza solo per gli obiettivi dal momento che il gioco si può terminare ignorando completamente questa ricerca. In diverse situazioni, soprattutto durante le boss battle, dobbiamo ammettere che si siamo sentiti traditi dal gioco a causa di una antipatica “disonestà” videoludica che in passato ha caratterizzato molti platform: sopravvivere e avere la meglio al primo tentativo è praticamente impossibile, vuoi per l’impossibilità di prevedere determinati eventi (la caduta di una roccia, il crollo di un ponte) vuoi per l’estrema difficoltà di scorgere in tempo i punti luce in cui usare il pennarello e pianificare l’azione. Tali problemi diventano decisamente frustranti durante le fughe e perdifiato in cui il ritmo di gioco aumenta notevolmente e l’arresto automatico del tempo in stile bullet time aiuta solo fino ad un certo punto. A questo dobbiamo sottolineare come sia impossibile controllare contemporaneamente la corsa e i salti di Max e l’azione del pennarello, di sicuro una scelta obbligata e saggia. A proposito di pianificazione, infastidisce l’impossibilità di dare un’occhiata più approfondita allo scenario in modo manuale, magari con uno zoom in e a out o facendo scorrere leggermente la visuale nelle diverse direzioni; va comunque detto che questo non pregiudica mai la soluzione dei puzzle ma spezza troppo il ritmo del gioco e fa sembrare gli enigmi troppo fine a stessi e mai fasi di un disegno globale. Altro difetto che non possiamo non rimarcare, la scarsità dei nemici presenti in tutto il gioco, sia dal punto di vista della quantità che della varietà: non ricordiamo più di sei o sette nemici diversi, in tutte le loro forme, incontrati nel nostro viaggio.
Il sistema di controllo è sempre molto preciso, il pennarello si controlla perfettamente e difficilmente esegue delle traiettorie non volute dal giocatore, così come altrettanto ottimamente si controlla Max nella corsa e nei salti. Dal punto di vista del gameplay e della sfida che propone, Max è piuttosto lontano dai titoli che sono oggi un parametro di riferimento nel suo genere ma è comunque un buon gioco, divertente e stimolante; come abbiamo analizzato, in diverse situazioni è decisamente frustrante ma se PressPlay dovesse limare, in un eventuale sequel, i difetti più o meno gravi che abbiamo rilevato, saremmo davanti ad un piccolo capolavoro.
Mille colori con un solo pennarello
È inutile negare che appena ci si mette con il pad in mano su una console di nuova generazione come Xbox One ci si interroga continuamente se la grafica o comunque la realizzazione tecnica nel suo complesso si sarebbe potuta vedere senza tante differenze sulle console precedenti. Soprattutto su un titolo come Max che, sostanzialmente un puzzle platform a scorrimento laterale, non ha le premesse per mettere alla frusta il nuovo hardware. Se con diffidenza il nostro occhio non è stato certamente accontentato nel primo capitolo, una scenografia rocciosa in puro stile far west, carina ma nulla di più, dobbiamo ammettere che dal secondo capitolo in poi, la realizzazione di alcuni scenari ci ha lasciato letteralmente a bocca aperta. Sia il dettaglio che lo stile con cui è stato realizzato il bosco, o piuttosto i sotterranei e il castello di Mustacho, è davvero notevolissimo e, almeno in questo caso, Max non sfigura davanti a nessunplatform visto fino ad oggi. Gli scorci più elaborati sono enfatizzati dalla dinamicità della visuale, che sapientemente zooma in avanti o indietro o addirittura cambiando leggermente angolo di prospettiva, regalando un’atmosfera davvero appagante. Se per alcune texturenon proprio riuscitissime possiamo anche sorvolare, non possiamo non sottolineare come la varietà dei nemici presenti in tutto il gioco sia davvero scarsissima: abbiamo già detto come questo sia un difetto più grave dal punto di vista del gameplay ma anche a livello grafico si rivela un problema di non poco conto.
L’atmosfera magica del gioco è ben ripagata da una buona colonna sonora e da un doppiaggio in lingua inglese di livello, tenendo conto che i protagonisti “parlanti” sono comunque solo quattro: Max, Felix, la strega e Lord Mustacho.
PressPlay on Tape
Ovviamente è troppo facile affermare che Max: the Curse of Brotherood non è il gioco che catapulterà la gente ad acquistare la nuova ammiraglia targata Redmond ma non ha neppure la pretesa di esserlo. In uno store che al momento in cui scriviamo langue e non poco a causa di una povertà di titoli arcade di un livello più che discreto, Max si erge senza troppa fatica e può rivelarsi una piacevolissima sorpresa per tutti gli appassionati del genere puzzle platform. Tenendo conto che attualmente non esiste niente di simile su Xbox One, né in versione download né in versione retail, se amate i giochi di questo tipo non avete altra scelta che non sia il titoloPressPlay.