Recensioni

Recensione Little Goody Two Shoes

di: Simone Cantini

Amo il videogioco perché è un medium che riesce sempre a stupire, un universo in cui l’apparenza può spesso ingannare e dove tutto non è mai quello che sembra. E Little Goody Two Shoes incarna perfettamente quanto appena scritto, visto il modo in cui riesce a ribaltare ad ogni passo quella sovrastruttura eretta nelle prime battute, a partire dallo splash screen per poi passare alla curiosa cinematica iniziale. Un titolo, quello realizzato da AstralShift in collaborazione con Square Enix, che riesce trarre in inganno anche per quanto concerne la provenienza del team che, dopo aver trascorso le prime 8 ore in compagnia di Elise, spiazza proprio per la sua collocazione geografica, così lontana da quelle atmosfere dipinte all’interno della produzione.

Per visualizzare i video di terze parti è necessario
accettare i cookie con finalità di marketing.

Punta al top!

Cosa c’è di male nel desiderare di poter condurre una vita agiata e migliore? Questo è quanto si domanda la giovane Elise, la protagonista di Little Goody Two Shoes, subito dopo la morte della nonna adottiva, che l’aveva accolta nella sua casa ancora bambina. Sognare di lasciarsi alle spalle il piccolo villaggio di Kleferberg, mettere da parte quell’esistenza fatta di lavoro e sacrifici, tutto in nome di una accettazione che sembra ancora volerle sfuggire di mano, con l’obiettivo di raggiungere finalmente quel candido e lontano castello visibile oltre la vallata. Un’aspirazione che si vedrà scossa da una brusca accelerata quando la ragazza, durante una notte insonne, finirà per conoscere l’ingenua Rozenmarine e la capretta Flocke, il cui arrivo finirà per dare vita alla più rocambolesca e spaventosa settimana mai vissuta da Elise. Sette giorni in cui il futuro della ragazza troverà finalmente il suo ultimo compimento, il tutto destreggiandosi tra innocenti culti religiosi, oscure divinità e sgradevoli superstizioni, sempre tenendo ben a fuoco la quotidianità di Kleferberg, mai come ora in fermento a causa dell’arrivo di una presunta strega, proprio mentre si avvicina la festività più importante del villaggio. Un racconto che riesce a mescolare in modo sicuramente stuzzicante tematiche nettamente in contrasto tra di loro, tanto a livello contenutistico che stilistico, così da dare vita ad un bizzarro mix di elementi ludici: a metà strada tra la gestione del tempo di un Atelier, l’orrore stilizzato di uno Yomawari, una visual novel per finire con elementi arcade assai retrò, il titolo sviluppato da AstralShift pecca forse per un avvio decisamente lento ad ingranare, situazione che potrebbe scoraggiare i meno pazienti. Superato questo scoglio iniziale, non certo reso più agevole dall’assenza della nostra lingua (preparatevi a leggere tantissimo!), l’avventura di Elise si svilupperà lungo una settimana ludica in cui non mancheranno sorprese ed emozioni, che in base anche alle nostre scelte ci potranno condurre ad uno dei 10 differenti finali presenti.

Un horror differente

In Little Goody Two Shoes ciascun giorno di gioco sarà suddiviso in 6 distinti momenti, ognuno legato ad un particolare momento della giornata. In ciascuna di queste fasi saremo liberi di gironzolare per le varie aree della mappa di gioco, sia seguendo gli obiettivi principali della storia che svolgendo gli eventuali lavoretti commissionati dagli abitanti di Kleferberg. Svolgere ciascuna delle azioni disponibili porterà all’avanzamento alla sezione successiva, con conseguente aumento dell’appetito di Elise. Gestire la sua routine sarà quindi fondamentale sia per intessere eventuali relazioni con le tre amiche disponibili, sia per guadagnare il denaro necessario ad acquistare cibo ed oggetti curativi. Già, perché quando caleranno le tenebre la situazione si farà decisamente più pericolosa, per motivi di trama che vi lascio il piacere di scoprire, spalancando le porte ad orrori in gradi di minare la nostra integrità fisica e mentale. È in questi momenti che Little Goody Two Shoes ricorda fortemente la serie di Yomawari, con la nostra eroina che potrà soltanto sfuggire alle varie minacce e, di tanto in tanto, si troverà a dover risolvere alcuni puzzle per poter proseguire nell’avventura. Sicuramente più rilassanti e simili in quanto a messa in scena ai vecchi cabinati arcade, i minigiochi che saranno legati ai vari lavoretti commissionati ad Elise, che per mezzo di una manciata risicata di comandi sono in grado di offrire momenti dal tono più scanzonato. Piccole digressioni che riescono a stemperare un mood comunque assai cupo e sinistro, a dispetto di quanto la coloratissima grafica possa portare a pensare, e che riesce a creare questo forte cortocircuito concettuale non appena si finisce per immergersi nel gameplay della produzione. A condire il tutto ci pensano vari dialoghi a scelta multipla, nella maggior parte dei casi utili a tenere buoni gli elementi più diffidenti del villaggio, così da evitare di essere tacciati di stregoneria e, di conseguenza, come unici responsabili degli avvenimenti che stanno sconvolgendo Kleferberg.

Anima di anime

L’effetto straniante principale creato da Little Goody Two Shoes è da ricercare in primis all’interno del suo peculiare stile grafico, che a partire dall’intro animata rimanda smaccatamente agli anime majokko di fine anni 80, filtri televisivi compresi. Le stesse coloratissime illustrazioni in stile manga contribuiscono a creare questo senso di disallineamento tra ciò che si muove sullo schermo e le tematiche affrontate: un curioso mix di pixel art, schermate statiche e piccoli momenti di animazione davvero gradevoli da osservare, anche in virtù di uno stile adottato che riesce a nascondere sotto ad un alone di spensieratezza un evidente e interessante mood horror. Ottimo anche il comparto audio, che oltre ad un voiceover assai rarefatto ma calzante (ho impostato la lingua giapponese), può contare su di una soundtrack capace di alternare brani assai rilassati ad altri dai toni decisamente più dark.

Lo confesso, quando sono giunto ai titoli di coda e ho capito che i ragazzi di AstralShift non erano giapponesi, non ho potuto fare a meno di applaudire ancora di più al lavoro svolto su Little Goody Two Shoes. La produzione in questione, difatti, riesce ad illudere e prendere efficacemente in giro il giocatore dall’inizio alla fine, dando vita ad una peculiare avventura horror non certo scontata. Purtroppo non manca qualche piccolo colpo a vuoto, che si traduce in un incipit assai lento ed in un leggibilità non sempre ottimale dei puzzle che costellano la progressione, ma se avrete la pazienza di raggiungere uno dei molteplici finali, sono sicuro che anche voi non potrete fare a meno di riconoscere ad Elise e compagni una buonissima dose di personalità.