Recensione Kingdom Hearts III
di: Luca SaatiSe escludiamo le varie polemiche legate all’aumento dei game as service, delle microtransazioni e delle loot box, questa generazione di console ci sta togliendo diverse soddisfazioni per quanto riguarda l’uscita di videogiochi attesi per anni. The Last Guardian, Final Fantasy XV (una volta noto come Versus XIII), Shenmue 3 (in uscita prossimamente). Insomma ci manca solo l’annuncio di Half-Life 3 e Agent per chiudere questa generazione davvero col botto. E poi c’è finalmente quel Kingdom Hearts III atteso per 13 anni. Un tempo lunghissimo che Square Enix ha cercato di riempire con spin-off di ogni tipo su ogni tipo di console creando una confusione che poche serie possono vantare. Per fortuna sono anche arrivate delle raccolte contenenti tutti gli episodi della saga a fare un po’ di ordine e preparare così tutti i giocatori al lancio di Kingdom Hearts III.
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Tra luce e oscurità
Parlare del comparto narrativo di Kingdom Hearts III è un’impresa tutt’altro che semplice. Nonostante la presenza nel gioco di alcuni filmati riepilogativi dei precedenti episodi, approcciarsi per la prima volta alla saga senza aver giocato i predecessori è praticamente impossibile. Persino un fan può fare fatica a tratti a districarsi nel tessuto narrativo scritto da Tetsuya Nomura, figuriamoci un novizio alla serie.
Fatta questa doverosa premessa, la storia di Kingdom Hearts III riprende da dove Dream Drop Distance e 0.2 Birth by Sleep ci avevano lasciato. Sora, ormai privato di tutti i suoi poteri, viene incaricato dal maestro Yen Sid di partire per un nuovo viaggio per riconquistare i suoi poteri e imparare il potere del risveglio, abilità fondamentale per salvare gli eroi del Keyblade caduti nell’oscurità, e prepararsi così all’imminente Guerra dei Keyblade che il Maestro Xehanort sta architettando.
Il viaggio di Sora lo porta così a visitare una serie di mondi DIsney e Pixar a partire dal Monte Olimpo dove ritrova Hercules, per poi passare ai nuovi mondi di Frozen, Rapunzel, Monster & Co. e Big Hero 6, per poi fare una capatina dai Pirati dei Caraibi già visitati in passato. Mentre Sora svolge la sua missione, Riku e Re Topolino si avventurano nel mondo dell’oscurità per salvare Aqua.
Come già anticipato da Nomura, Kingdom Hearts III non rappresenta la fine della serie ma semplicemente la conclusione della saga di Xehanort. Per arrivare a termine però il buon Nomura deve essersi perso nel districato comparto narrativo della serie creato in tutti questi anni tra capitoli principali e spin-off risolvendo alcune questioni in modo un po’ sbrigativo e confusionario. Eppure stiamo parlando di un’avventura che tiene impegnati per non meno di 30 ore, il tempo e lo spazio per trattare ogni cosa c’era, e invece Nomura ha deciso di concentrare il tutto in sporadiche cutscene tra un mondo e l’altro e soprattutto nell’interminabile finale. Il viaggio nei vari mondi Disney diventa quindi un pretesto per vivere le storie dei film frammentando eccessivamente la storia principale e lasciando ancora una volta delle questioni in sospeso in vista di un altro capitolo. Narrativamente quindi Kingdom Hearts III poteva e doveva fare di più visto che aveva un potenziale enorme ed è un peccato perché quando vuole riesce ad emozionare e catturare come pochi colpendo i giocatori al cuore.
Una giostra pirotecnica
Il gameplay di Kingdom Hearts III è la summa di tutto ciò che abbiamo visto nei precedenti episodi. Ritorna il classico menù delle azioni posto in basso a sinistra dello schermo con cui effettuare i classici attacchi, le magie, utilizzare gli oggetti e un legame su cui ci torneremo tra poco, ritroviamo il Tiro da Birth by Sleep e il Fluimoto da Dream Drop Distance. Il tutto è poi arricchito dalle trasformazioni del keyblade e dalle attrazioni. Il passaggio da una meccanica all’altra avviene in modo dinamico rendendo il combattimento una vera e propria gioia da vedere e da giocare. Se inizialmente le manovre offensive di Sora saranno limitate, con la progressione si sbloccano nuove abilità da equipaggiare per utilizzare nuove combo e non solo. Ecco quindi che Sora può scaraventare i nemici al cielo, effettuare contrattacchi e attacchi combinati con i compagni. Presenti anche una serie di scorciatoie per utilizzare le magie mediante la combinazione di due tasti così da non distrarre l’attenzione del giocatore dal combattimento mentre naviga nel menù.
Discorso simile alle magie per le evocazioni, qui chiamate Legame, con cui chiamare in battaglia nuovi alleati. Rispetto al passato le evocazioni possono essere controllate in prima persona permettendo così al giocatore di muovere sul campo di battaglia Ralph Spaccatutto, Simba e altri personaggi dotati di potentissimi attacchi in grado di ribaltare l’esito di uno scontro. Il Legame comporta un costo in punti magia che si esauriscono del tutto (ma si ricaricano col tempo) portando però il ripristino di tutti i PS della squadra.
Uno degli elementi migliori del combat system di Kingdom Hearts III è rappresentato dalle Fusioni che consentono di trasformare il Keyblade. Come nei precedenti episodi, anche in questa nuova avventura Sora è in grado di sbloccare nuovi keyblade che non solo potenziano le statistiche ma presentano le cosiddette Fusioni. In poche parole le Fusioni consentono di trasformare il Keyblade una volta riempita l’apposita barra: a seconda dell’arma equipaggiata ecco che il Keyblade si trasforma in due balestre per gli attacchi a distanza o un potente bazooka, un martello o una lancia per gli attacchi ravvicinati o perché no uno yo-yo per velocissime combo. Ogni fusione presenta inoltre un potente colpo di grazia in grado di danneggiare pesantemente i nemici.
Nota dolente del combattimento di Kingdom Hearts III è rappresentata dalle attrazioni: colpendo un nemico evidenziato da un apposito indicatore, Sora può evocare delle giostre in battaglie e scaraventarle contro i nemici. Carosello Magico, Tazze Pazze, Nave dei Pirati, Treni magici e così via: ogni attrazione presenta i propri attacchi e il proprio colpo finale. Peccato però che le attrazioni frammentano eccessivamente il combattimento diventando più un fastidio che altro.
Tutta questa commistione di elementi rende il combat system di Kingdom Hearts III sempre divertente da giocare, merito di una velocità e dinamicità delle scene messe in campo dagli sviluppatori che i precedenti capitoli potevano solo sognarsi. Peccato per un livello di difficoltà tarato verso il basso che rischia di far avanzare il giocatore con il pilota automatico, il consiglio è quello di partire dal livello più alto del normale per una sfida più impegnativa e meno guidata.
Ma Kingdom Hearts III non è solo combattimenti visto che ci sono tanti mondi da esplorare in lungo e in largo. Sora è infatti capace di arrampicarsi praticamente ovunque sviluppando i livelli anche in verticale. Sparsi per i mondi troviamo collezionabili e oggetti da raccogliere. Quest’ultimi si rivelano utili presso il Moguri che oltre a vendere oggetti ed equipaggiamenti permette anche di forgiarne di nuovi, oltre a potenziare i vari Keyblade. Equipaggiando armature e altri oggetti Sora può incrementare le proprie statistiche tra cui troviamo anche il numero massimo di PA da investire per sbloccare nuove mosse e abilità passive e attive da utilizzare in combattimento.
Non mancano poi una serie di attività secondarie come i mini giochi del Regno Classico a cui è possibile accedere tramite il Gummifono, una sorta di smartphone creato con la tecnologia Gummi. Il Gummifono sostituisce il vecchio grillario raccogliendo una sacco di informazioni sul mondo di gioco, permette di scattare fotografie per immortalare gli scenari o perché no trovare i Portafortuna di Topolino, e giocare ai già citati titoli del Regno Classico che si ispirano ai vecchi Game & Watch degli anni ’80. In totale ce ne sono 20 da trovare in giro nel gioco. Anche Remy di Ratatouille fa una piccola comparsa in Kingdom Hearts III visto che Sora e compagni possono passare a trovarlo al bistrot e diventare novelli masterchef creando ricette in grado di migliorare le statistiche del party. Al roster di personalità Disney troviamo anche Winnie the Pooh e i suoi compagni nel Bosco dei 100 Acri dove dedicarsi a qualche piccolo minigioco che ricorda il buon vecchio Puzzle Bobble.
La Gummiship ritorna in una veste del tutto nuova. Le sequenze a bordo dell’astronave hanno finalmente visto l’abbandono dei corridori in favore di un’esplorazione spaziale più libera e aperta. Oltre a fare da collante da un mondo all’altro, le fasi a bordo della Gummiship permettono di esplorare liberamente lo spazio alla ricerca di sfide di difficoltà crescenti che se completate permettono di ottenere nuovi materiali per potenziare il veicolo o costruirne uno nuovo.
Disney in Unreal Engine
Kingdom Hearts III rappresenta un vero e proprio debutto per i prodotti interni di Square Enix con il Luminous Engine. Nonostante uno sviluppo travagliato che ha portato a un cambio del motore di gioco dal Luminous Engine di Final Fantasy XV all’Unreal Engine 4, la nuova avventura di Sora, Pippo e Paperino è una gioia per gli occhi da vedere grazie a mondi dettagliati e colorati ricreati con grande cura. Apprezzabile poi che ogni mondo Disney presenta le sue peculiarità grafiche: Pirati dei Caraibi ad esempio mostra un look più realistico se paragonato a quello supereroistico di Big Hero 6 o giocattoloso di Toy Story. Il frame rate non sempre si mantiene stabile assestandosi tra i 30 e i 60 fotogrammi al secondo. Peccato solo per i tanti flashback delle cutscene riciclate dai precedenti episodi e non rifatte da zero come un titolo di questo calibro meritava. Eccellente anche il comparto sonoro sia nella colonna sonora che nel doppiaggio in inglese.
Commento finale
Arrivati ai titoli di coda di Kingdom Hearts III ci siamo chiesti se sia valsa davvero la pena aspettare tutto questo tempo per il capitolo finale della Saga di Xehanort. La risposta a questa domanda è si ma con riserva. Non neghiamo che da questo finale ci aspettavamo quel qualcosa in più dal punto di vista narrativo in grado di dare il giusto spazio a ogni elemento trattato in tutti questi anni tra episodi principali e spin-off. Proprio questa lunghissima gestione è il problema di Kingdom Hearts III: se da una parte il gameplay riprende quanto di buono fatto in tutti questi anni arricchendo il tutto con alcune gradevoli novità e una dinamicità senza eguali, dall’altra non possiamo non tenere conto di un comparto narrativo sì emozionante ma che talvolta si perde in sé stesso affrettando troppo la chiusura sul finale invece di dilazionarsi con continuità per tutta la durata della trama verticale dell’opera.