Recensione Grand Kingdom
di: Simone CantiniL’estate non è sicuramente la stagione più proficua quando si parla di videogames. Tendenzialmente il periodo che sancisce la fine delle ostilità scolastiche non rappresenta certo un esempio di abbondanza videoludica e, specie se consideriamo l’assurda quantità di titoli di assoluto spessore che hanno caratterizzato il maggio appena trascorso, rimanere in linea con tale assunto non sarebbe certo un male. Peccato che abbia visto bene di scombussolare le carte Spike Chunsoft che, proprio con il recentemente testato Grand Kingdom, si é messa in testa di far tremare i portafogli degli amanti dei jrpg tattici.
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Il silenzio delle armi
Durante la prova della beta di Grand Kingdom (che potete rapidamente consultare qua), non è era stato possibile comprendere la bontà della campagna principale della produzione MonoChro, perció mi ero riservato di esprimere un parere definitivo solo in sede di recensione. Purtroppo, ci tengo a sottolinearlo subito, le avventure della nostra squadra di mercenari non sono riuscite a non far rimpiangere l’epopea vissuta da Ramza Beowulve nel mai troppo lodato Final Fantasy Tactics. Le vicende che faranno da sfondo ai conflitti che stanno lavorando quello che fu l’impero di Ulden, nonostante l’inserimento della fazione degli Uld,gli antichi discendenti del vecchio reame (non presenti nella demo), non sono riuscite a tratteggiare un affresco avvincente e ricco di mordente. A questo va ad aggiungersi la completa assenza di personaggi giocanti di spessore, a partire dal nostro alter ego che, oltre ad essere completamente muto, non verrà mai mostrato su schermo. Come se non bastasse anche i più fidi alleati, Flint e Lillia, limiteranno le loro apparizioni all’interno dell’hub di gioco e alle statiche sequenze di intermezzo. In campo, difatti, scenderanno esclusivamente comprimari reclutati a pagamento a cui, nonostante si possa personalizzarne l’aspetto, riuscirà difficile affezionarsi. Una scelta davvero strana e per certi versi incomprensibile dato che parliamo di un jrpg. Siamo dunque al cospetto di un flop epocale? Fortunatamente no, visto che sotto quello che dovrebbe rappresentare la portata principale Grand Kingdom offre una mole di eccellenti contenuti che sarebbe riduttivo definire secondari. Anzi, rischiano seriamente di far apparire la campagna un mero accessorio, quasi stessimo parlando del COD di turno.
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Contorno gustoso
Del gameplay di Grand Kingdom ne ho già ampiamente parlato durante l’hands on e dato che le ottime idee messe in campo da MonoChro non hanno fortunatamente subito mutamenti, eviterò di ripetermi. Ad eccezione di un piccolo appunto che riguarda la non sempre facile leggibilità della portata degli attacchi che, invano, mi auguravo avrebbe subito una smussatura in questa release finale. Si tratta comunque di un piccolo neo che non mina di certo la bontà finale. A partire dalle possibilità di personalizzazione garantite dalle 17 classi presenti nel gioco, tutte ben congeniate e bilanciate e capaci di diversificare in maniera davvero eccellente le possibilità belliche delle nostre truppe. Ovviamente ognuna di esse beneficerà di armamenti proprietari che sarà possibile sviluppare tramite le Pirociti, speciali pietre il cui impiego ricorda fortemente le Materia di Final Fantasy VII. Inoltre, grazie ai fabbri presenti nelle varie capitali imperiali, potremo accrescerne l’efficacia, aumentandone il livello oppure fondendo tra loro differenti oggetti. E non certo immobili saranno le nostre unità belliche che, con il passare dei livelli oppure grazie ad apposite pergamene, potranno ampliare il numero di abilità attive e passive in loro possesso. Questa grande abbondanza di possibilità, più che nel già citato story mode, avrà il suo massimo sfogo in occasione delle guerre: in ogni momento sarà difatti possibile scegliere di affiliarsi ad una delle quattro potenze in lotta, decidendo per quanto tempo (da bravi mercenari) affidare loro le nostre lame. Queste guerre, della durata quasi sempre pari a ventiquattro ore, ci vedranno impegnati nella conquista dei territori avversari e contemporaneamente, intenti a difendere le fortificazioni alleate, in un interessante multiplayer asincrono che ci consentirá di sfidare le truppe degli altri giocatori sparsi per il globo. Considerando la persistenza del mondo di gioco, il fatto che curare una fazione permetterà di accedere ad armi ed oggetti peculiari all’interno dei mercati della capitale di riferimento, non si può negare che il piatto sia davvero succulento. Una parte delle stesse missioni secondarie ci vedrà parimenti sfidare, sempre però in modo asincrono, gli altri player, competendo in questo caso per il raggiungimento di determinati obiettivi. Un raro esempio di attività collaterali decisamente più intriganti del nucleo principale e che, fortunatamente, non richiede la sottoscrizione al PlayStation Plus per essere sfruttato.
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Questione di stile
Della bontà del comparto estetico di Grand Kingdom, forte della presenza di esuli di casa Vanillaware, ne ho già parlato in precedenza e non posso certo esimermi dal farlo anche in questa sede. Il titolo MonoChro, pur non raggiungendo le vette delle produzioni firmate da George Kamitami, rappresenta comunque un’esperienza visiva di tutto rispetto, grazie ad un sapiente uso delle due dimensioni. Ottimo, come da primo test, anche il comparto sonoro, forte di una soundtrack eccellente e di un doppiaggio (inglese o giapponese) di ottima fattura. Pur presentando un impiego della lingua di Albione non certo proibitivo, data comunque la complessità generale e l’ingente mole di testi, spiace constatare l’assenza di una qualsiasi forma di localizzazione in lingua italiana. Una mancanza che non aiuterà certo il titolo ad uscire dalla nicchia di appassionati a cui è rivolto.
Grand Kingdom è la palese conferma di come, ancora una volta, le buone idee possano sopperire alla carenza di un budget importante. Pur con evidenti limiti tecnici, mascherati comunque da una felice direzione artistica, la produzione MonoChro si candida ad essere una delle novitá più fresche ed interssanti dell’estate. Peccato per l’assenza di uno story mode e di un nutrito cast di sfaccettati personaggi giocanti che, se avessero invece beneficiato di una maggiore cura, avrebbero potuto proiettare Grand Kingdom nell’olimpo dei jrpg tattici.