Recensione God Eater 3
di: Donato MarchisielloIl genere ludico inaugurato da Monster Hunter, ovvero quello degli action RPG focalizzati interamente sul loot, ha innestato nel mondo del gaming una nuova concezione e punto di vista sul concetto di gioco di ruolo. Nonostante il looting fosse da sempre uno degli aspetti fondamentali di qualsiasi espressione ruolistica, la serie targata Capcom da circa quindici anni ha impostato la progressività del suo gameplay proprio su questo aspetto centrale, focalizzando l’incedere del gameplay sull’abilità del giocatore e sulla qualità del suo equipaggiamento. God Eater 3, terza iterazione di una saga molto vicina per impostazione al succitato hunting game targato Capcom, ha fatto appunto tesoro dell’insegnamento impartito da Monster Hunter, per proporre una sua personale interpretazione della faccenda. Ma andiamo con ordine!
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Uomini e Demoni
Originariamente pubblicato nel 2010, God Eater ha dapprima conquistato una buona fetta di appassionati del sopra citato genere in Giappone, per poi l’anno successivo arrivare a lambire le coste occidentali generando una certa mole di curiosità e apprezzamento fra gli amanti del genere. Rispetto al “regnante incontrastato” del settore, il quale ha sempre premuto l’acceleratore sulle feature più meramente meccaniche, la serie targata Namco Bandai ha sempre cercato di offrire un storyline palpabile e molto vicina allo standard imposto dall’animazione giapponese (nel cui settore ha poi fatto realmente capolino nel 2014). Ancora una volta, il terzo capitolo della saga ci vedrà affrontare i pericolosissimi Aragami, demoni dalle varie fattezze e dimensioni che minacciano l’esistenza stessa dell’umanità nell’universo di gioco. Il player andrà ad interpretare un God Eater, sorta di cacciatore di demoni dotato di armi speciali, chiamate God Arc, ricavate dagli Aragami stessi ed in grado di mutare forma e tipologia durante il combattimento.
Nel prosieguo della trama inaugurata dai precedenti capitoli, un terribile ed inspiegabile evento chiamato “Ashlands Outbreak” ha messo nuovamente a dura prova l’uomo, riducendo tutto in cenere e potenziando ulteriormente i già temibili Aragami. Ma non tutto è perduto: la calamità ha potenziato anche i God Eater in modo ulteriore, fornendo una versione più potente del “vecchie” armi bio-meccaniche. In sostanza, queste sono le premesse narrative della storyline del terzo capitolo, il quale si svolgerà alcuni anni dopo le vicende occorse nei capitoli precedenti: nonostante non si possa affermare che la trama sia particolarmente ispirata o degna di celebrazioni entusiastiche, l’intreccio narrativo di God Eater 3 è piuttosto gradevole nella sua linearità concettuale, costituendo ad ogni modo un motivo in più per affrontare una struttura di gioco concettualmente ripetitiva.
Come già ampiamente sottolineato, God Eater 3 è sostanzialmente un gioco d’azione in terza persona con elementi ruolistici e fortemente incentrato sulla raccolta di oggetti e materiali, dai quali ricaveremo il necessario per poter potenziare il nostro equipaggiamento e poter affrontare demoni via via più ostici e coriacei. Rispetto al passato la componente looting/crafting è stata leggermente attenuata, sia in termini di “urgenza” di rinnovo del proprio setup, il quale sarà essenziale aggiornare con puntuale regolarità solo ben oltre la metà della storyline, sia in termini di difficoltà nel “grindare” i componenti necessari. La scelta è stata attuata in favore probabilmente di una semplificazione strutturale del gioco, innescata per favorire la fluidità complessiva della fase action (concettualmente, molto simile al processo di “riduzione ai minimi termini” applicato parzialmente da Monster Hunter). Nonostante la cosa potrebbe in un certo qual modo “infastidire” i veterani, sicuramente la scelta sarà gradita da quei player amanti degli action “puri” senza eccessiva enfasi sulla ricerca di materiali.
Un mondo in cenere
La struttura di gioco è rimasta pressoché invariata rispetto al passato: il nostro personaggio avrà un Hub centrale da cui potrà scegliere la missione da affrontare, la quale avrà un grado di difficoltà differente ed evidenziato, unitamente a scopi di vario tipo seppur tutti più o meno correlati all’eliminazione di uno o più obiettivi. Ogni missione avverrà in una mappa di grandezza variabile ed avrà un limite di tempo specifico per esser portata a compimento, il quale sarà piuttosto spesso sin troppo generoso. L’intera campagna di gioco potrà essere affrontata in singolo, con l’apporto di tre personaggi da noi scelti controllati dall’intelligenza artificiale, oppure in cooperativo online con altri giocatori umani. La prima novità rispetto al passato, è la possibilità di intraprendere le “Assault Missions”, sorta di raid che appariranno in modo casuale durante il corso della campagna e che ci consentiranno di collaborare con altri sette player nel tentativo di portare a compimento una serie di task, fra cui solitamente l’abbattimento di un Aragami piuttosto ostico in un tempo limite. God Eater 3 offrirà comunque una buona longevità di gioco ed una discreta diversificazione dei contenuti, fermo restando una certa ripetitività che è identità di base del genere prescelto.
Il core di God Eater 3 è da sempre il Fighitng System, anche in questo capitolo frenetico ed estremamente dinamico. Nel corso degli anni, la pulizia e la precisione delle meccaniche sono andate via via rifinendosi fino ad arrivare all’odierno titolo, sicuramente il migliore in quanto a qualità del comparto. In sostanza, il gioco funzionerà come un classico action in terza persona, con ampie possibilità di movimento unite ad un sistema d’attacco particolare. Rispetto ai classici comandi del passato, i quali includeranno il doppio attacco melee/ranged, avremo un nuovo attacco chiamato Dive che ci consentirà di scattare rapidamente nella direzione prescelta ed eseguire un potente attacco fisico. Come già citato, in God Eater avremo una discreta varietà di armi che si differenziano per il raggio d’azione, tipo di danno e la velocità d’esecuzione. Rispetto al passato, troveremo due nuove armi da mischia, una sorta di mezza luna tagliente e due rapidi coltelli, ed una nuova arma a distanza che emetterà un raggio continuo e danni nel tempo.
Il sistema di combattimento è stato in parte modificato anche grazie all’introduzione dei “Burst Arts”, una modifica del classico sistema Burst del gioco, una sorta di modalità “ira”, il quale sarà ora costituito da tre abilità speciali differenti che consentiranno di intraprendere attacchi formidabili, e del sistema “Enhance”, il quale aggiungerà effetti bonus passivi nel momento in cui attaccheremo assieme ad un compagno di squadra. Ma le novità non finiscono qui: anche i potenti Aragami hanno subito modifiche sostanziali, visto e considerato che anch’essi potranno utilizzare una modalità Burst per potenziare il proprio arsenale offensivo e difensivo. Seppur già solido di base, il lavoro svolto da Marvelous First Studio nell’introdurre una serie di piccole novità in grado di rinnovare il consolidato game system, è sicuramente di pregio e mostra un certo livello di “comprensione” sistemica del gioco stesso. Ma, con alle spalle quasi 10 anni di storia ed un gameplay system ampiamente esplorato, era naturale aspettarsi un qualcosa che andasse a rivoluzionare completamente la serie, aggiungendo quel “fattore X” in grado di modificare la sostanza del gioco senza cambiarne eccessivamente l’anima (vedasi Monster Hunter World).
Occhio Demoniaco
God Eater 3 è sicuramente un titolo dal comparto tecnico pulito e di qualità elevata. La prima sostanziale differenza rispetto al passato è che gli sviluppatori del gioco, Marvellous, hanno costruito il ludo proprio tenendo a mente le console attualmente padrone del mercato, a differenza dei passati capitoli che furono sostanzialmente dei port upgrade da PS Vita. L’estetica complessiva del gioco è sempre spiccatamente anime, seppur il livello di dettaglio ha subito un netto miglioramento offrendo una qualità dei modelli e delle ambientazioni finalmente “current gen”, seppur queste ultime risultino spesso povere di particolari e piuttosto semplicistiche. Su questa lunghezza d’onda, anche le animazioni hanno subito un deciso improvement risultando più fluide e visivamente gradevoli rispetto ai vecchi capitoli.
Il test del gioco è avvenuto attraverso una “bruciante” PS4 Pro, la quale ci consentirà di optare per una risoluzione in 4K dinamico ed un frame bloccato, oppure per una modalità “low” a 1080p che pone un accento sulla fluidità del titolo. Purtroppo, in entrambi i casi il frame rate non è risultato spesso stabile risultando in affanno in aree con una densità di dettagli maggiore o in presenza di Aragami particolarmente dettagliati, come l’iconico Anubi. Per quanto concerne il comparto sonoro, esso sarà costituito da tracce neutre senza particolare infamia o lode, andando a svolgere il proprio compito in modo egregio senza meravigliare in alcun modo.
Tirando le somme…
God Eater 3 è divertente, piacevole ed impegnativo. Il terzo chapter è sicuramente un passo in avanti ben delineato nella serie, che però offrirà tante piccole novità senza però introdurre sostanzialmente nessuna innovazione di peso in grado di rinnovare una formula ormai ampiamente esplorata. In definitiva, i veterani della serie lo apprezzeranno e lo sviluppo current gen oriented favorirà sicuramente l’arrivo di nuovi utenti amanti del settore, i quali troveranno una valida variazione sul tema rispetto al setting ed alle possibilità offerte da Monster Hunter.