Recensione Forspoken
di: Simone CantiniDi tempo dal reveal ufficiale, un po’ a sorpresa, di quello che era inizialmente conosciuto come Project Athia, di acqua sotto i ponti ne è passata un bel po’, complici presunti cambi di rotta ed effettivi slittamenti della data di uscita. Prevista inizialmente per lo scorso anno, la nuova IP di casa Square Enix si è attardata qualche mese in più, accompagnando l’attesa con una demo, invero non proprio felice, rilasciata solo qualche settimana fa. E che almeno sul sottoscritto (ma a leggere le notizie sparse nel web sono in buona compagnia) aveva lasciato addosso un senso di disappunto non proprio velato, a causa di un’impostazione ludica non certo strabiliante, come era lecito aspettarsi da una delle prima esclusive third party (per quanto temporali) di un certo peso rivolte a PS5. Alla fine, al netto dei vari dubbi, sono riuscito a concludere il viaggio di Frey, a salvare Athia dalla distruzione e, fortunatamente, ad arrivare capo della recensione di Forspoken.
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A cavallo di due mondi
La vita non ha certo sorriso a Frey Holland, abbandonata in fasce all’ingresso dell’omonimo tunnel newyorkese, e costretta ad essere sballottata da una famiglia adottiva all’altra, alla perenne ricerca di equilibrio ed affetto. Un’esistenza sicuramente non felice quella della ragazza, confinata a vivere di espedienti, all’interno di un fatiscente appartamento abbandonato nel cuore della Grande Mela, in compagnia della fedele gatta Homer. Perennemente in bilico tra sopravvivenza e piccola criminalità, i piani di riscossa della giovane vanno letteralmente in fumo quando una gang per cui aveva lavorato decide di dare fuoco alla sua abitazione, distruggendo il suo ultimo angolo sicuro. Rassegnata a farla finita una volta per tutte, il suo destino cambierà per sempre quando, a pochi passi dal fatale gesto, la sua attenzione verrà rapita da un singolare bracciale, nascosto all’interno di un fatiscente negozio. Un incontro fortuito, forse, che finirà per catapultare letteralmente la sventurata Frey fino al remoto mondo di Athia, una landa misteriosa oramai ridotta ad un cumulo di macerie in seguito all’avvento della così detta Rovina. Si tratta di un miasma mortale, comparso in seguito alla follia delle Tantha, le reggenti dei quattro regni di questo luogo fantastico, e che ha portato i pochi superstiti a rifugiarsi all’interno della città di Cipal. Ed è da qua, dopo aver superato l’iniziale diffidenza degli abitanti di Athia, che l’avventura di Frey avrà inizio e che, nel corso di circa 15 ore (se ci limiteremo a seguire la main quest) la porteranno a modificare radicalmente la propria visione del mondo, oltre che di sé stessa. Caratterizzata da un ritmo sicuramente sghembo, oltre che da un incipit sin troppo dilatato, capace di accompagnare in maniera pedissequa il player per quasi 4 ore (al confronto le battute iniziali degli Yakuza vi parranno un flebile battito di ciglia), la narrazione che scandisce gli eventi di Forspokern appare quanto mai pasticciata e priva di mordente, complici una regia ed una sceneggiatura decisamente essenziali e prive di pathos, che si risollevano leggermente soltanto nelle battute finali, in prossimità di un quasi prevedibile plot twist: decisamente un po’ troppo in ritardo, soprattutto quando l’attenzione del giocatore è andata scemando poco alla volta. E dire che la mitologia di Athia e la personalità di Frey, lontana almeno nelle intenzioni dalla classica eroina pronta a sacrificare tutta sé stessa per una causa non sua, avrebbero anche delle discrete potenzialità, ma finiscono purtroppo per venire annacquate da una direzione davvero mediocre. E a poco servono la manciata di quest opzionali e le scene narrative facoltative, con le prime utili a mettere le mani su oggetti non certo essenziali e le seconde buone solo ad approfondire blandamente la conoscenza di personaggi di cui ci frega davvero ben poco. Peccato.
Sim Sala Sbam!
Stando alle notizie che circolano per la rete, non è da escludere che il progetto Forspoken sia stato oggetto di una serie di cambi di direzione, in senso ludico, davvero massicci, finendo con l’abbandonare le iniziali intenzioni per consegnarsi a noi in forma di ARPG di natura open world. Se avete testato la demo distribuita lo scorso mese, a dispetto delle parole spese da Square Enix per rassicurare gli scettici (presente!), avete già a disposizione tutti gli elementi per giudicare la creatura sviluppata da Luminous Production: ci troviamo al cospetto di un mondo aperto, tra l’altro dalle dimensioni davvero considerevoli, in cui la nostra Frey si troverà a combattere svariate creature ostili, potendo contare su di un corposo set di incantesimi, il cui utilizzo è declinato in salsa smaccatamente TPS. Il combat system ideato dal team nipponico è senza dubbio la punta di diamante del titolo, che vedrà a nostra disposizione due distinti set di magie alla volta, uno di supporto ed uno di attacco, demandati all’utilizzo dei due grilletti del pad. Premendo i trigger dorsali sarà possibile, in qualsiasi momento, attivare una ruota di selezione (con conseguente rallentamento dell’azione), così da modificare la magia attiva al momento. Avanzando nella storia, inoltre, andremo a sbloccare interi set supplementari, ciascuno legato ad un peculiare elemento, che potremo switchare rapidamente tramite i pulsanti direzionali, così da avere sempre a disposizione lo strumento di offesa (o difesa) più adatto alla situazione. Il tutto, inoltre sarà coadiuvato dalle spettacolari abilità motorie di Frey, che le permetteranno di cimentarsi in esaltanti schivate, indispensabili per sopravvivere agli assalti delle numerose minacce. Il quadro che emerge, una volta stretto il DualSense in mano, è sicuramente galvanizzante e convincente, complice una frenesia dell’azione che finisce per essere supportata a dovere dall’ottima responsività dei controlli. Appare evidente, quindi, come sul fronte della pura azione bellica, Forspoken abbia fatto pienamente centro, consegnando al giocatore un gameplay adrenalinico ed appagante al punto giusto, oltre che variegato, grazie alle molteplici possibilità offerte dai vari incantesimi. I quali, inoltre, potranno essere anche potenziati accedendo a delle particolari e stimolanti sfide in-game, che una volta completate, ci permetteranno di aumentarne potenza ed efficacia. Un altro punto decisamente a favore della produzione nipponica, è sicuramente quello relativo al modo in cui Frey si approccia all’esplorazione di questo mondo sconfinato, basato interamente sull’utilizzo del parkour magico: si tratta di una modalità accessibile semplicemente tenendo premuto il pulsante Cerchio, ovviamente potenziabile nel tempo per possibilità offerte, che ci permetterà di raggiungere letteralmente ogni anfratto presente nella mappa di gioco, il tutto in modo molto intuitivo, dinamico e divertente, grazie al complesso numero acrobazie che verranno poco alla volta offerte a Frey.
Un tuffo nel passato
Per un passo avanti che compie, però, Forspoken sembra non poter fare a meno di effettuarne anche uno indietro, visto il modo in cui ha deciso di strutturare la sua enorme mappa aperta, che sarà il teatro principale delle gesta acrobatico/belliche della nostra Frey. Athia, difatti, è una regione dall’estensione davvero ragguardevole, ricca di punti di interessi e zone da esplorare, a patto di aver sbloccato le necessarie abilità del parkour magico, in grado di garantire una grandissima mole di hotspot ed un backtracking mai troppo invasivo. Il problema di tutta questa abbondanza, però, risiede nel modo in cui tutto è declinato, permeato da un modo sin troppo retrò di intendere l’open world, al punto da far sembrare un gioco decisamente canonico come Horizon Forbidden West il prodotto più rivoluzionario del genere. Esplorare, difatti, risulta essere sin troppo fine a sé stesso, con i vari punti di interesse che si limiteranno a proporre unicamente combattimenti supplementari, con ricompense tutto sommato trascurabili, che spaziano da potenziamenti delle caratteristiche di Frey, a documenti utili ad ampliare la lore del gioco, oppure equipaggiamenti. La presenza di questi ultimi, inoltre, mette in luce l’esile componente ruolistica della produzione, che si limiterà a proporre due slot (mantello e collana) a cui si aggiungono altrettanti set di pitture per le unghie delle mani dell’eroina, con l’insieme che si limiterà a fornire piccoli boost attivi e/o passivi. E a poco serve, in tal senso, la possibilità di upgradare per mezzo di alcuni banchi da lavoro i vari oggetti, visto l’impatto minimale che hanno nell’economia di gioco: per quanto mi riguarda ho stabilizzato il mio loadout dopo circa 5 ore di gioco, non avvertendo mai la necessità di migliorare il tutto. A movimentare un po’ l’esplorazione, pertanto, ci pensano peculiari sfide opzionali, legate a determinati luoghi, capaci di proporre alcune piccole variazioni sul tema, come percorsi di agilità protezione di personaggi oppure sessioni a tempo. Niente di epocale, sia chiaro, ma fanno comunque piacere. Insomma, a dispetto di una qualità (e varietà) non certo strabiliante, Athia ha comunque una mole bella corposa di cose da fare, che potranno essere completate con calma anche dopo la conclusione della main quest, così da alimentare in modo sensibile il monte ore complessivo.
Tutto qua?
Se c’è un aspetto che era riuscito ad impressionare sin dal primo teaser trailer di Forspoken, questo è senza dubbio il comparto tecnico, che in quel filmato di presentazione sembrava promettere fuoco e fiamme, così da mostrare i muscoli di PS5. Ebbene, pur parlando di un titolo sviluppato in esclusiva (con tutti i distinguo del caso), una volta effettivamente in campo l’estetica della produzione Square Enix ha finito con il presentarsi con il freno a mano decisamente tirato. Sì, è vero che l’ambiente gode di una draw distance considerevole, e lo stile generale è comunque intrigante, ma la resa complessiva di personaggi ed ambienti lascia un po’ l’amaro in bocca, sprovvisto come è di quel boost next (oramai current) gen che era lecito aspettarsi. Frey è realizzata in modo assai gradevole, ma i restanti personaggi, tanto per fare un esempio, godono di una cura altalenante, così come poco ispirati sono i vari nemici, incapaci di ritagliarsi un posto nella memoria del giocatore. E a poco servono le tre impostazioni grafiche presenti (qualità, prestazioni e ray tracing) se non a far tentennare il frame rate che, in un titolo frenetico come questo, ritengo sia sempre da preferire. Molto buone, invece, le animazioni della protagonista, dotate di una fluidità di transizione impeccabile, così come ottimo è risultato il comparto audio, che può vantare una soundtrack di tutto rispetto, oltre ad un voice over (inglese-giapponese) davvero convincente ed azzeccato. Tutto è naturalmente tradotto, almeno a livello testuale, anche nella nostra lingua, che male non fa mai.
Eletto quasi a simbolo delle partnership esterne di casa Sony, almeno nelle battute iniziali, Forspoken ha finito per cedere sotto il peso delle aspettative, trasformandosi da inconsapevole araldo della tecnica, ad un’esclusiva tutto sommato molto nella norma. L’avventura di Frey, difatti, difficilmente verrà ricordata per la sua carica emotiva, per le prestazioni sopra la media o per il suo game design, dato che il titolo firmato Luminous Production è quanto di più canonico e prevedibile si possa pensare. Basato principalmente sul proprio combat system, questo sì di pregevole fattura, il nuovo lavoro di casa Square Enix propone una progressione caratterizzata da un game pacing a tratti sballato, calato all’interno di un mondo stimolante e ricco di cose da fare, ma anche terribilmente monotono nella varietà delle sue proposte. Un titolo comunque gradevole da giocare, anche se dannatamente innocuo e che, vista la mole di produzioni che ci attendono in questo scoppiettante 2023, difficilmente riuscirà a trascinare il proprio ricordo sino alla fine dell’anno.