Recensione Dragon’s Dogma II
di: Luca SaatiSiamo un po’ tutti colpevoli dell’iniziale insuccesso di Dragon’s Dogma, e mi ci metto di mezzo anche io. Era Maggio del 2012 e con la testa e con lo spirito eravamo ancora tutti nelle lande ghiacciate di Skyrim che pochi mesi premi ha avuto il grande merito di aver sdoganato il genere degli RPG al pubblico di massa, ma anche la grande colpa di aver oscurato tutti coloro che lo hanno seguito poco dopo. Dragon’s Dogma fu, per l’appunto, una di quelle vittime anche se l’anno dopo, con l’uscita dell’espansione Dark Arisen, eravamo tutti a osannarlo e ad amarlo facendolo diventare un gioco di culto che tra remastered e riedizioni varie alla fine ha raggiunto il traguardo di 7,5 milioni di copie vendute. Un successo a scoppio ritardato che non ha lasciato indifferente Capcom che, dieci anni e due generazioni di console dopo, finalmente lancia Dragon’s Dogma II accontentando i tanti fan che fortunatamente questa volta non si sono fatti trovare impreparati.
- Dragon’s Dogma 2 batte Final Fantasy VII Rebirth: è il più grande lancio del 2024 in UK
- Dragon’s Dogma 2 ha venduto 2,5 milioni di copie nei primi 10 giorni sul mercato
accettare i cookie con finalità di marketing.
Dragonheart
I primi momenti con Dragon’s Dogma II sono a tratti stranianti, con il menù di gioco che presenta semplicemente la scritta Dragon’s Dogma senza quel 2 in numeri romani che mi sarei aspettavo. Per un attimo avevo pensato di aver riscaricato il primo capitolo dallo store digitale, e invece una rapida occhiata alla dashboard di Xbox mi ha confermato che stavo effettivamente giocando all’atteso nuovo capitolo.
Effettivamente, da un punto di vista narrativo, Dragon’s Dogma II non è un sequel diretto del primo capitolo, ma più una sorta di riadattamento con le sue unicità ambientato in un universo alternativo. Questo vuol dire che chi non ha mai giocato al primo capitolo si troverà tranquillamente a proprio agio, mentre i fan troveranno alcuni elementi familiari.
C’è sempre il drago che ruba il cuore del protagonista trasformandolo in un Arisen. La leggenda vuole che sia proprio l’Arisen colui destinato a reclamare il trono dando così il via a un’escalation di eventi che porteranno il protagonista a dimostrare il suo valore e riprendersi ciò che gli è stato rubato dalla creatura mitica.
Dragon’s Dogma II, come il suo predecessore, non è un gioco che fa della componente narrativa il suo punto di forza proponendo un racconto molto tradizionale per i canoni del genere fantasy che scorre liscio e senza particolari guizzi. È una narrazione essenziale, fatta di pochi filmati e di personaggi poco loquaci a partire da un protagonista a tratti vittima degli eventi a causa della mancanza di una voce e di una personalità propria. Chi, come me, preferisce un approccio sullo stile degli RPG di CD Projekt RED o Bethesda in cui è la storia a guidare gli eventi resterà un po’ deluso, tuttavia nell’opera Capcom diventa presto chiaro quanto le azioni del giocatori siano centrali nell’esperienza di gioco con una libertà d’approccio senza eguali e una struttura open world che incentiva all’esplorazione con tracce di lore e misteri da scoprire in ogni angolo del mondo di gioco, dalla caverna sperduta al tempio abbandonato. Tutta la bellezza e la forza di Dragon’s Dogma II si nasconde non tanto nel completamento di una quest, quanto nel viaggio che ha portato al suo completamento.
Non c’è un solo modo di completare una missione, ma molteplici. Giusto per fare un esempio dovevo aiutare uno scultore a trovare ispirazione per realizzare una statua di un grifone, ma per trovarla doveva ammirare coi propri occhi e da vicino la creatura. Si può andare direttamente a combattere il grifone e trattenerlo quanto più possibile prima che scappi, oppure si può usare una testa di una medusa per pietrificarlo e permettere così allo scultore di ammirarne tutti i dettagli e realizzare un’opera perfetta. Ma il dove trovare la testa della medusa è tutta un’altra storia. Insomma quelle che all’apparenza sono delle quest molto semplici, possono essere completate sia in modo molto diretto e lineari o in un modo decisamente più soddisfacente e gratificante alla scoperta dei segreti di questo mondo.
Dragon’s Dogma II è un gioco che vive di quei momenti unici mentre si esplora per la prima volta il suo mondo: da un piccolo villaggio perennemente attaccato da dei lucertoloni giganti, a una grotta posta sulla strada che nasconde il rifugio di una chimera, fino ad arrivare alle città con culture e modi di fare unici, o addirittura una lingua propria come nel caso degli elfi.
C’è poi un punto in cui Dragon’s Dogma II abbandona la comfort zone del primo capitolo e con un plot twist inaspettato dà inizio a quello che è il vero capitolo 2. Una sorta di endgame, anche se definirlo tale lo trovo un po’ riduttivo, ma preferisco non andare troppo oltre per non rovinarvi la sorpresa. Ci ho impiegato 36 ore e 50 minuti di gioco per arrivare ai titoli di coda, ma tralasciando così tanti dettagli che ho già iniziato una seconda run in New Game+ per godermi ogni anfratto di questo mondo così ricco e sfaccettato.
C’erano un Cavaliere Mistico, un Distruttore, un Mago e un Arciere
Non è l’inizio di una barzelletta, ma uno dei tanti modi con cui ho composto il mio party, ma meglio andare con ordine. Per coloro che non hanno familiarità con la serie, Dragon’s Dogma II è un action/RPG open world in cui il protagonista è accompagnato dalle Pedine, esseri provenienti dalla Faglia privi di emozioni e di una volontà propria il cui unico scopo nella vita è servire l’Arisen. L’idea, come ha sempre dichiarato il director della serie Hideaki Itsuno, è quello di trovarsi dinanzi a un’esperienza singleplayer che emulasse le sensazioni di un MMORPG con altri giocatori.
Dopo aver creato il proprio avatar e la propria pedina tramite un profondo editor e scelta la classe/vocazione con cui iniziare, si passa all’azione. Inizialmente il gioco mette a disposizione solo quattro classi/vocazioni: Guerriero, Mago, Arciere e Ladro. La cosa bella del sistema ideato dal team di Capcom è che offre molta flessibilità e non tiene i giocatori ancorati alla classe scelta iniziale per tutta l’avventura. Ad esempio ho iniziato il mio playthrough con la classe Mago per il mio personaggio e Arciere per la pedina, passando poi per me al Guerriero e successivamente al Cavaliere Mistico, affidando invece alla mia pedina il ruolo di Mago. In totale ci sono noveVocazioni: le quattro citate poco sopra più altre quattro sbloccabili mediante il completamento di una missione.
Ciascuna classe ha uno stile, caratteristiche, armi e abilità uniche: il Guerriero si affida a un’arma bianca a una mano e lo scudo gettandosi in prima linea in combattimento bilanciando attacco e difesa; l’Arciere è specializzato negli attacchi a distanza usando arco e frecce; il Ladro è generalmente armato con due coltelli con uno stile di combattimento veloce e letale; il Mago supporta i compagni in combattimento offrendo loro cure, scudi, bonus di vario tipo e scaglia attacchi magici; il Distruttore è il classico tank damage dealer in grado di richiamare l’attenzione dei nemici, subire e infliggere una gran quantità di danni grazie all’armatura pesante e allo spadone; lo Stregone è la variante offensiva del Mago in grado di provocare molti danni con i suoi attacchi magici; l’Arcier-Mago scocca freccie magiche e oltre a colpire i nemici dalla distanza può supportare i propri compagni; il Cavaliere Mistico è un abile guerriero capace di utilizzare la magia armato di una lancia doppia e in grado di paralizzare i nemici e teletrasportarsi rapidamente per attaccarli; l’Illusionista è un’altra classe di supporto che utilizza un incensiere per ingannare i nemici e fare in modo che si attacchino tra loro. Le ultime tre classi sono esclusive per l’Arisen a cui si aggiunge anche la vocazione dell’Eroe Leggendario, un vero e proprio jolly capace di utilizzare tutte le classi di cui sopra.
Dragon’s Dogma II incentiva il giocatore a sperimentare con le varie vocazioni. Tramite la Gilda delle Classi presente nei vari villaggi e città del mondo di gioco non è solo possibile sbloccare nuove abilità, ma anche passare liberamente da una vocazione all’altra a patto di averla sbloccata spendendo i PC (Punti Classe) ottenibili con il level-up. Il gioco non sarà mai avaro e in breve tempo i punti spendibili abbonderanno. Ciascuna classe ha le sue Abilità Armi, Abilità Classe e Capacità. Le prime sono le classiche abilità da attivare in combattimento mediante la pressione del dorsale sinistro e di uno dei quattro tasti frontali del controller come la magia di cura del mago, il colpo di scudo del guerriero, lo scudo d’acqua del cavaliere mistico. Le abilità classe sono strettamente legate alle peculiarità di ciascuna vocazione come l’attacco pesante o la parata con lo scudo del guerriero e la magia paralizzante del cavaliere mistico. Infine le Capacità sono semplicemente delle abilità passive (recupero della resistenza più veloce, maggiore salute ecc) trasferibili da una classe all’altra che se combiante permettono di creare il personaggio perfetto in base al proprio stile di gioco.
Una sperimentazione che passa anche tramite il sistema delle Pedine. Il giocatore ne ha una sempre con sé ma è possibile reclutarne altre per un party composto da un massimo di quattro personaggi (il protagonista e la sua pedina predefinita, più altre due reclutabili). Nel mondo di gioco si incontrano in continuazione nuove pedine che vogliono unirsi all’Arisen, ma se si è alla ricerca di qualcosa di più specifico c’è sempre la Faglia in cui trovarne altre mediante una serie di filtri di ricerca o perché no reclutare quelle degli amici. Le pedine non solo si rivelano un valido supporto in combattimento, ma anche nell’esplorazione del mondo scortando il protagonista verso l’obiettivo o verso un dungeon o una cassa con del bottino, il tutto dopo averlo ovviamente appreso nelle partite degli altri giocatori. Ad esempio la mia pedina è stata reclutata da altri giocatori e nelle loro partite ha scoperto la posizione di varie casse che mi sono poi state indicate nel corso della mia partita.
Tra le pedine e le vocazioni del protagonista, c’è ampio margine per la sperimentazione offrendo un’ampia varietà di situazioni. Ho concluso il mio playthrough con un party composto da cavaliere mistico, distruttore, mago e arciere, ma niente poteva impedirmi di affidare il ruolo di supporto all’arcier-mago così da aumentare il potere offensivo inserendo uno stregone al posto del mago, o di utilizzare i trucchetti dell’illusionista per ingannare i nemici e spazzarli via con la potenza dei distruttori. Insomma il sistema imbastito dagli sviluppatori di Capcom è uno degli elementi meglio riusciti di tutta la produzione riuscendo a stupire per le tante situazioni in grado di generare in gioco.
Dragon’s Hunter
Essenziale e complesso allo stesso tempo. Non mi viene un altro modo per descrivere l’approccio di Dragon’s Dogma II con la struttura open world. Se l’action/RPG di Capcom riesce a stupire per le tante situazioni che riesce a generare in-game, il merito è anche per il suo modo di non prendere il giocatore per la mano, tutt’altro. Una cosa che si vede dalle piccole cose come il peso dell’inventario molto limitato che può rallentare la camminata, gli HP massimi che si riducono mano a mano che si subiscono danni e recuperabili solo dopo una dormita, la totale mancanza di luce durante la notte che nasconde molti pericoli, o l’impossibilità di avere un doppio salvataggio. Ma soprattutto si comprende quanto il titolo voglia far andare il giocatore per la sua strada riducendo all’osso i segnalini sulla mappa. Nuove quest si sbloccano parlando casualmente con un NPC, o in altri casi saranno gli stessi personaggi a fermare l’Arisen per chiedergli aiuto. E non è detto poi che lo svolgimento di una quest sia sempre così lineare dato che nella maggior parte dei casi sulla mappa non è presente neanche l’indicatore, e per capire dove proseguire bisogna raccogliere indizi parlando con altri personaggi o osservando lo scenario. Tutti questi elementi ben definiti rendono coerente il mondo di gioco e, sebbene l’approccio iniziale possa scoraggiare alcuni giocatori, si finisce con l’essere totalmente immersi al suo interno una volta entrati nel mood giusto.
Da un semplice viaggio scaturiscono momenti indimenticabili. Come quando mi sono imbattuto in due ciclopi contemporaneamente e nel bel mezzo del combattimento è arrivato anche un grifone dando vita a uno scontro tutti contro tutti conclusosi con la fuga della creatura alata e la sconfitta degli altri due. Il grifone è ricomparso pochissimi minuti dopo per un secondo round mentre affrontavo un golem. Alla fine mi sono ritrovato nel giro di un quarto d’ora ad aver messo KO la bellezza di quattro boss portando il mio party allo stremo delle forze. In altri momenti ho eliminato un gruppo di nemici distruggendo il ponte sotto i loro piedi, in altri colpendoli con una violenta onda d’acqua dopo aver distrutto una diga nelle vicinanze. Dragon’s Dogma II è pieno di momenti del genere dando un senso a ogni viaggio e scoraggiando l’uso del fast travel. Quest’ultimo è presenta ma limitato o all’uso di un oggetto molto raro, o chiedendo un passaggio ai gestori dei carri da buoi posizionati all’entrata di ogni città, una soluzione che porta sempre qualche rischio con sé dato che il viaggio può sempre essere interrotto dall’attacco di qualche nemico o addirittura un drago.
E poi c’è il combattimento, una vera e propria delizia della serie, ma in fondo da Hideaki Itsuno che ha diretto la saga di Devil May Cry non si poteva restare delusi. Ogni vocazione ha uno stile di combattimento e abilità uniche. C’è una barra della resistenza da gestire che però non si consuma con gli attacchi normali, ma solo con le abilità armi. Un guerriero ad esempio consumerà molta meno resistenza rispetto a uno stregone che baserà tutta la sua potenza sulle abilità magiche. Anche i nemici hanno i loro punti di forza e debolezza come i golem praticamente immuni alle magie ma vulnerabili se colpiti in punti strategici, le creature della notte sono vulnerabili alle magie di luce, la chimera ha tre teste e magari iniziare tagliandogli la coda da serpente può essere decisamente conveniente.
Sui nemici più grandi ci si può anche arrampicare in pieno stile Shadow of the Colossus per raggiungere i punti deboli come nel caso dell’unico occhio del ciclope. L’arrampicata consuma resistenza, e talvolta si possono sfruttare alcuni trucchetti per velocizzarla come l’abilità del guerriero di usare lo scudo per dare uno slancio ai compagni o il ladro che può usare una corda per far cadere i nemici in bilico. Il combat system si è rivelato incredibile per quanto sia soddisfacente e sorprendente con tutte le sue complessità e sfumature. L’unica critica, ma si tratta di voler andare a cercare il pelo nell’uovo, la faccio a uno schema di controlli un po’ anacronistico dato che si affida ancora troppo ai tasti frontali del controller e non sfrutta i tasti dorsali e i grilletti rispettivamente per gli attacchi semplici e pesanti come la maggior parte degli action/RPG moderni.
Da Vermund a Battahl, passando per il Borgo Sacro
Il RE Engine, il motore di Capcom che ha debuttato con Resident Evil 7, si sta dimostrando un motore molto versatile e dopo averlo visto in azione in numerosi capitoli della celebre saga horror, in un action come Devil May Cry V e in un picchiaduro come Street Fighter 6, eccolo adesso allargare i suoi orizzonti in un open world davvero bellissimo da vedere. Le prestazioni di Dragon’s Dogma II non brillano come altri videogiochi del genere, ma c’è anche da dire che la nuova opera di Itsuno muove molta più roba su schermo arrivando addirittura a tre boss in contemporanea. I 30 fps non sono granitici, ma nel complesso nella mia esperienza di gioco non ho mai avuto troppi problemi anche se ammetto che avrei gradito un’opzione grafica per ottenere i 60 fps.
Il mondo di gioco è sconfinato e regala scorci davvero incredibili. L’esplorazione avviene senza soluzione di continuità a differenza del primo capitolo che nel passaggio dalla città al mondo esterno ci metteva di mezzo un piccolo caricamento. L’impatto grafico è notevole se si tiene anche conto di quante cose muove su schermo il gioco, dell’interazione ambientale, della fisica avanzata e della ricchezza di dettagli dei nemici e degli ambienti.
Artisticamente poi è davvero un gioiello. Si passa dalla città di Vermund con le sue architetture tipicamente medievali, alla città posta nel cuore del deserto di Battahl, fino al Borgo Sacro degli elfi incontaminato della natura e sparsi qua e là piccoli villaggi, templi e grotte. Il mondo di Dragon’s Dogma II è caratterizzato da diversi biomi come deserti con delle funivie utili per attraversarlo velocemente, rigogliose foreste e piccole zone costiere bagnate dal mare.
Chiude in bellezza un comparto sonoro di grande qualità con una colonna sonora sempre azzeccata che si adatta a ciò che avviene su schermo e un doppiaggio in inglese molto buono.
Dona il tuo cuore
Dragon’s Dogma II è la naturale evoluzione di una saga che con il suo titolo di debutto uscito oltre dieci anni fa è stata costretta a scendere a compromessi per via dei limiti tecnologici. Adesso quei limiti sono un lontano ricordo e l’action/RPG di Capcom si presenta in una forma maestosa. Pazienza se la storia a tratti sembra più un rifacimento del primo capitolo piuttosto che qualcosa di inedito, perché Dragon’s Dogma II è la dimostrazione lampante di quanto non sia la narrazione cinematografica a rendere grande un videogioco, quanto il suo sorprendente gameplay e il suo immenso e meraviglioso open world. In una sola parola: capolavoro!