Recensione Dark Souls II
Torna sulle console della scorsa generazione una delle saghe più apprezzate degli ultimi anni, quella di Dark Souls. Il nuovo capitolo, il secondo della serie, unisce le meccaniche del predecessore ad altre riprese da Demon's Souls. E ne modifica altre, cercando di diventare fruibile ad un pubblico il più ampio possibile. Il risultato convince? Per scoprirlo, correte a leggere la recensione di Console-Tribe a cura di Giorgio "Nadim" Catania!
di: Giorgio "Nadim" CataniaDark Souls II è un gioco impegnativo.
Sì, avete letto bene: impegnativo. Non difficile, né impossibile… bensì impegnativo. Che in una ipotetica scala delle difficoltà si trova tra il livello medio e quello difficile. In altre parole Dark Souls II offre un livello di sfida discretamente elevato, che impedisce ai giocatori di affrontare gli scontri all’arma bianca con leggerezza. Ma non è nemmeno lontanamente alto quanto quello del predecessore.
Quindi le paure dei fan più sfegatati della serie si sono in parte avverate: Dark Souls II è diventato più semplice.
Ciò però non significa che il titolo guidi per mano i giocatori, suggerendogli cosa fare, come proseguire nell’avventura o come superare gli ostacoli, tutt’altro. Ci sono dei momenti durante l’avventura che obbligano a riflettere su cosa fare, su quale via imboccare, su come affrontare l’avversario che si intravede più avanti.
Ma è inutile continuare con queste chiacchiere un po’ astratte sul gioco. Meglio passare a discorsi più concreti su quella che è, a conti fatti, l’ultima grande esclusiva delle console della generazione passata. Il nuovo episodio di una delle saghe più apprezzate degli ultimi tempi.
Il giusto sta nel mezzo?
Tutti sanno che i giochi della saga di Dark Souls sono GdR action con un alto tasso di difficoltà. Il secondo capitolo è un titolo che getta il giocatore in un mondo fantasy oscuro, senza dirgli cosa fare e dove andare. Ma suggerendogli soltanto una cosa: sopravvivere il più a lungo possibile. Come? Combattendo i nemici che incontrerà lungo la strada a suon di fendenti di spada, lancio di incantesimi e utilizzo di oggetti vari, curativi e non.
Una volta terminato il filmato introduttivo e mossi i primi passi in un’ambientazione cupa e desolata, Dark Souls II pone il giocatore di fronte al classico editor del personaggio ricorrendo, in maniera differente dal solito, ad un filmato di intermezzo. Si sceglie quindi la classe del nostro eroe, il sesso, l’aspetto e si supera un breve tutorial per apprendere i fondamenti del combattimento. Dopodiché… si parte per l’avventura.
Per farla breve, si duella come nel precedente capitolo: si hanno HP ed energia da tenere sotto controllo, si utilizzano i tasti dorsali del controller per attacchi e difesa, se si è dei maghi o dei chierici si deve controllare il numero di utilizzi rimasti per l’incantesimo di turno… nulla di nuovo sotto il sole, in altre parole.
Ovviamente non mancano i falò, le aree speciali in cui si può riposare, recuperare le forze e rinascere in caso di morte – perdendo le anime acquisite sconfiggendo i nemici, necessarie per salire di livello e comprare oggetti dai mercanti, che rimangono recuperabili fino alla morte successiva tornando al punto in cui si è caduti.
C’è anche fin da subito la possibilità di utilizzare nei falò un comando che permette di “teletrasportarsi” da una regione all’altra del mondo di gioco, senza dover ripercorrere tutta la strada fatta.
Ciò che in realtà cambia rispetto al capitolo precedente riguarda soprattutto il level up. Per salire di livello ci si deve infatti rivolgere a un personaggio preciso del gioco, proprio come succedeva in Demon’s Souls, nel Nexus. E un’altra cosa che accomuna questo Dark Souls II al gioco appena citato è il fatto che il mondo di gioco, seppur esplorabile per intero senza pause, sembra comunque diviso in regioni ben precise e meno aperte rispetto al predecessore. Non necessariamente un male, ma di certo ciò non rappresenta un’evoluzione di quanto già visto.
Il risultato è che Dark Souls II, a livello di gameplay, risulta un ibrido tra il primo Dark Souls e il vecchio Demon’s Souls. A voi decidere se ciò sia più un bene che un male.
Quando la difficoltà è solo celata…
Una volta presa confidenza con i comandi e sconfitti i primi e semplici rivali, il titolo costringe il giocatore a tuffarsi nel vero e proprio mondo di gioco. Dove gli avversari pronti a fare la pelle al nostro eroe sono molti in numero e tipologia. Ecco quindi ambientazioni stracolme di nemici normali o corazzati, di mini-boss e di boss veri e propri.
Combattere all’arma bianca o con la magia, a seconda della classe scelta, ha i suoi pro e i suoi contro in ogni momento. Ma una cosa vale per tutte le tipologie di combattenti: abbassare la guardia nel momento sbagliato, o correre per la strada con troppa foga, spesso equivale ad una spiacevole morte. Bisogna quindi avanzare con cautela, scrutando ogni angolo di ogni stanza, facendo attenzione a imboscate e trappole varie. Cosa che per i principianti può risultare faticoso, ma che per i veterani della saga è soltanto routine.
E proprio per quest’ultimi, i sopravvissuti al primo Dark Souls, vi è la delusione più grande: se si è già maturata sufficiente esperienza con il primo capitolo, non saranno poi così tante le situazioni in cui ci si troverà davvero in pericolo. Prevedere agguati e minacce con il procedere dell’avventura non è mai complicato. La tensione iniziale quindi diminuisce in fretta, così come la paura nell’affrontare il mostro di turno. Il risultato è che si muore più spesso per spavalderia o per leggerezze che per difficoltà vera e propria.
Tuttavia se i combattimenti con i nemici normali risultano in molti casi imprevedibili a causa della superiorità numerica di quest’ultimi, lo stesso non si può dire con i boss. Vero e proprio incubo in certi punti della campagna del primo Dark Souls – basta citare Queelag,Ornstein e Smough, i quattro Re – in Dark Souls II i boss si rivelano la delusione più grande del gioco. Sebbene siano presenti in grande numero, raramente se ne incontra qualcuno che si muove con l’agilità e la rapidità che ci si aspetterebbe, o che utilizzi patternd’attacco difficili da prevedere. Il risultato è una pletora di avversari che il più delle volte si sconfigge al primo tentativo, studiandone i comportamenti e colpendo all’istante giusto. Al tutto va considerato anche un design di tali boss piuttosto povero, che ricicla – in alcuni casi nel vero senso della parola – quanto visto nel gioco precedente. La cosa lascia l’amaro in bocca a chi si aspettava di dover sudare quattro camicie per avanzare di location in location, un vero peccato…
A dare la mazzata conclusiva al livello di difficoltà – che però, bisogna ripeterlo, risulta comunque impegnativo e mai eccessivamente semplice – ci pensa una quantità davvero esagerata di falò. Presenti a distanze fin troppo ravvicinate, rendono il recupero delle anime perse con le proprie morti semplice, abbassando così la soglia di allerta del giocatore. Ciò a sua volta non fa che diminuire la tensione che si prova durante gli scontri, rendendo poi non così tragica una prematura dipartita.
Per fortuna il comparto multiplayer in tal senso dovrebbe rendere le cose più movimentate. Seppur non ci sia stato modo di provarlo, bisogna dire che le nuove aggiunte fatte per migliorarlo sono piuttosto promettenti. Tornano i tanto amati/odiati messaggi da poter scrivere per terra affinché gli alti giocatori li leggano, atti ad aiutare o far cadere in trappola il prossimo. Torna il tanto apprezzato sistema di invasioni, arricchito da una serie di oggetti atto a facilitare o rendere più difficili l’arrivo di giocatori nemici nel proprio mondo. Tornano i tanto criptici patti, visti in Dark Souls. Patti che sono legati inevitabilmente con il comparto online, che spronano gli utenti a massacrarsi tra di loro o, in certi casi, a darsi una mano l’un l’altro.
Ovviamente la stabilità del tutto la si potrà verificare soltanto nel tempo, una volta che il gioco sarà uscito nei negozi. Ma se il tutto funzionerà come deve, le ore passate a invadere o proteggere gli altri giocatori diverranno di certo tante.
Panorami che mozzano, ma non troppo, il fiato…
Uno dei punti forti di Demon’s Souls e Dark Souls era una direzione artistica particolarmente ispirata, capace di affiancare ad ambientazioni spettacolari nemici dall’aspetto originale e, spesso, inquietante. In Dark Souls II questa magia è avvenuta soltanto in parte.
I boss, come detto prima, risultano ben più anonimi che in passato. Anche molte delle ambientazioni che si visitano stupiscono poco. Sia per la minor vastità della gran parte di esse – scordatevi i boschi liberamente esplorabili, le cattedrali immense e i castelli labirintici – che per una loro maestosità meno ricercata. Le poche location che lasciano davvero a bocca aperta, offrendo panorami ampissimi e quasi poetici, sono infatti quelle che si percorrono nelle battute finali dell’avventura. Tutte le altre sono sì interessanti, ma di certo non sorprendono quanto dovrebbero. Certo è che bisogna fare un plauso ad alcune particolarmente ben studiate, riempite fino all’inverosimile di trappole e malus vari che rendono la vita del giocatore un po’ più complicata – perlomeno durante le prime esplorazioni. E un altro plauso va fatto alla quantità piuttosto numerosa di passaggi segreti che possono essere aperti con oggetti particolari, le Pietre di Pharros, che portano a tantissimi tesori nascosti, oltre che a personaggi segreti e perfino boss.
Il comparto grafico svolge bene il suo dovere, con un sistema di illuminazione d’effetto e animazioni dei personaggi altrettanto buone, e un framerate ben più stabile che in passato. La presenza di alcune texture di bassa qualità stona con il risultato generale che si ammira su schermo, ma la cosa per fortuna non dà troppo fastidio. Ciò che invece fa sorridere è vedere che tutti quanti i comprimari parlano senza muovere di un centimetro le labbra… ma questa è un’altra storia. Anche gli effetti sonori e il doppiaggio in inglese risultano più che buoni, così come le musiche che ben si abbinano ad alcuni momenti cupi o malinconici dell’avventura – lasciando però spesso lo spazio ad un silenzio lugubre.
Inferno più freddo delle aspettative
Sebbene Dark Souls II non sia privo di difetti, non si deve erroneamente credere che sia un gioco brutto. Anzi: nonostante sia meno difficile dei predecessori rimane comunque impegnativo. Si possono utilizzare i falò ascetici per aumentare la potenza dei nemici circostanti; in più di un’occasione ci si deve spremere le meningi per capire cosa si debba fare e dove si debba andare; è colmo di segreti da svelare un po’ alla volta; è longevo e altamente rigiocabile; è permeato da un’atmosfera sempre oscura; gode di una storia interessante e un po’ meglio raccontata che in passato – seppur ci si debba ancora mettere d’impegno per comprenderla per bene, parlando ai vari NPC che si incontrano ed estrapolando con la giusta cautela le informazioni rivelate.
Quindi si può tranquillamente dire che Dark Souls II è un bel gioco. Consigliato sia a chi non ha giocato il precedente, sia ai veterani della saga – che però avranno molte meno sorprese di quanto era lecito aspettarsi.
Ciò che però si pensa una volta terminato il gioco, dopo più di una quarantina di ore di combattimenti ed esplorazione e level up, è che questo Dark Souls II sembra più un titolo di passaggio che un vero e proprio nuovo capitolo della serie. Un episodio che serve ad attirare a sé quanti più giocatori possibili e ad esplorare soluzioni di gameplay ibride. In attesa di un avvento della saga sulle console di nuova generazione. Che, si spera, riporti la saga ai fasti iniziali. E faccia imprecare come solo in passato sapeva fare.