Recensione Chronos: Before the Ashes
di: Donato MarchisielloRemnant from the Ashes è stato ed è attualmente una piccola, grande perla del panorama ruolistico hardcore. Difficile, longevo (specialmente con le recenti espansioni), ibridizzato a punto e un’autentica “manna” per chi cerca giochi dal sapore “complesso” e da degustare in cooperativo. Un gioco che non è rimasto pregevole solo sulla carta: ad oggi, infatti, il titolo di Gunfire Games ha toccato quasi quota 3milioni di copie vendute. Ed è proprio in virtù del successo clamoroso di Remnant, che il team di sviluppo ha deciso di riesumare Chronos, che già dal nome lascia intuire il fatto di costituire il prequel di Remnant. Perché riesumare? Il titolo è difatti uscito nel 2016 come esperienza univocamente correlata al Vr, in modo specifico per Oculus, non riscuotendo chissà quale successo. Ed eccoci qui, diversi anni dopo e a circa 12 mesi dalla pubblicazione di Remnant, con l’intento di spulciare codesta versione di Chronos, riadattata per i canoni di gioco “normali”. Bando alle ciance, ecco la recensione di Chronos: Before the Ashes!
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Chronos: Before the Ashes è un gioco d’azione e di ruolo in terza persona, fondato così come il suo “predecessore” (seppur, come detto, Chronos sia stato originariamente pubblicato prima di Remnant) sui canoni dei giochi di ruolo “hardcore”. Il titolo, sviluppato da Gunfire Games ed edito da Thq Nordic, rispetto al passato capitolo orientato più su team oscuri e post-apocalittici, si nutrirà di ambientazioni più votate al fantasy e a saziare l’immaginario millenario che caratterizza la letteratura “fantastica”. Nel gioco, vestiremo i pani di un eroe a cui viene affidato l’arduo compito di sconfiggere un potentissimo drago. Lo stesso che, nel corso del tempo, ha seminato rovina e devastazione nel mondo, arrivando addirittura a ridurre in uno stato “primitivo” (sino ad una sorta di Medioevo) quella che sembra essere stata una civiltà avanzata. Ma, ad aggiungere altro “fuoco” alla già difficile impresa, il nostro alter-ego dovrà addentrarsi in un intricato labirinto, per poter compiere la sua ardua missione. Ma non si tratta, ovviamente, di un labirinto normale: il nostro beniamino si troverà, infatti, a viaggiare tra più mondi diversi, attraverso dei portali, venendo “muso a muso” con diverse mostruosità e, al contempo, dovendo suo malgrado fare i conti con diversi rompicapi disseminati sul suo cammino.
Da un punto di vista più strettamente ludico, il gioco poggerà le sue movenze su alcuni classici crismi dei giochi di ruolo. Seppur, Chronos: Before the Ashes, avrà alla sua faretra una freccia molto particolare. Il nostro eroe, infatti, sarà soggetto alle impervietà del tempo: in parole povere, invecchierà. In che modo? “Semplicemente”, passando a miglior vita. Il gioco infatti, ci piazzerà inizialmente negli aitanti panni di un guerriero diciottenne, che invecchierà di un anno in seguito a ogni morte nel Labirinto. Invecchiare un anno alla volta (in seguito a ciascuna morte) non influenzerà solamente l’aspetto del nostro eroe, ma anche il suo modo di combattere. All’inizio, il nostro imberbe eroe potrà sfruttare tutti i vantaggi della sua età, traducendosi in un agire scattante, veloce ed energico. Col passare del tempo (ovvero, dopo ogni morte), man mano il nostro alter ego subirà dei lenti mutamenti (in negativo) per quanto concerne forza e agilità, andando però a migliorare nettamente qualità relative all’utilizzo delle abilità, in una sorta di interessante traduzione ludica del “contrappasso” che ahimé viviamo sulle nostre pelli ogni giorno (ovvero, sacrificare l’energicità per la “saggezza”). In aggiunta, ogni dieci anni (o morti), ci sarà concessa la possibilità di scegliere una abilità passiva permanente, tendenzialmente vota all’aumento di particolari aspetti del nostro eroe e che, in linea di massima, concorrerà ad influenzare complessivamente il nostro stile di combattimento. Naturalmente, per “tamponare” parzialmente il lento decadimento temporale, potremo utilizzare una “pezza” di non poco conto: guadagnando punti esperienza nel gioco, infatti, avremo possibilità di migliorare le quattro statistiche passive che caratterizzano il nostro personaggio, ovvero Forza, Agilità, Arcano e Vitalità.
Ecco, appunto, combattimento: una volta addentratici nel cupo mondo di gioco, scelta la difficoltà (non esattamente un bel modo di presentarsi per un “hardcore rpg” wanna be), già dai primi istanti qualcosa sembrerà non “funzionare” particolarmente. A cominciare dai combattimenti, non un aspetto in cui Chronos brillerà particolarmente. Gli scontri saranno sostanzialmente tutti all’arma bianca: il nostro eroe, infatti, sarà perennemente armato con un arnese d’assassinio ad una mano ed un prode scudo. Ed è bene sottolinearlo subito: non ci sarà questa grande varietà di armi da poter raccattare dai cadaveri “fumanti” dei nostri nemici. In sostanza, combatteremo usando quasi esclusivamente un’unica strategia (correlata, naturalmente all’avere un’arma e uno scudo). Una notevole semplificazione, qualcuno direbbe, “classista” e che va a sminuire notevolmente tutte le possibilità che, solitamente, i titoli di ruolo offrono. Un combattimento limitato anche tecnicamente: animazioni legnose, una certa “pesantezza” degli scontri (sicuramente una caratteristica del genere, seppur in Chronos accentuata più del normale) e una telecamera che spesso sarà “fuori asse” con il fulcro degli stessi, andando e non poco ad influenzare l’esito delle battaglie. In generale, restando ancora sui combattimenti, Chronos fornirà l’idea d’essere un rpg hardcore d’accesso: una sorta di invito, per i neofiti, ad addentrarsi in un universo fatto di lacrime, anatemi e sangue. I nemici, seppur impegnativi, poggeranno su dei “pattern” decisionali piuttosto semplificati e non brilleranno per acume tattico o sagacia. In generale, come già ripetuto, gli scontri saranno tendenzialmente orientati alla mischia ravvicinata, riducendo vertiginosamente non solo le possibilità d’offesa degli avversari, ma anche, come detto, le nostre per quanto concerne attacco e difesa.
Naturalmente, come detto in incipit, la “limitatezza” dei combattimenti và di pari passo con un’altrettanta “marginalità” degli “scopi” aumentata anche da fattori “extra-ludici”: il labirinto, non generato proceduralmente, sarà fondato su di un continuo riciclo di asset e ambientazioni. Nonostante nel gioco vi sia la possibilità di recuperare alcuni documenti, utili per espandere il background narrativo del mondo di gioco, in realtà il “senso” dell’esplorazione finirà lì vista anche la già citata limitatezza d’opzioni relativa all’equipaggiamento, “vestibile” e trovabile. A “recuperare” qualcosa in meri termini ludici, ci penserà la narrazione, inaspettatamente profonda e che riuscirà a tener vivo l’interesse nel comprendere tutti gli aspetti di una storia che, solo in apparenza, sarà semplice. Una profondità che, a nostro avviso, viene enormemente valorizzata dall’assenza delle canoniche quest: tutto è “vago”, misterioso e “assente”, in una sorta di tentativo di far divenire, seppur guidato, il giocatore fabbro del proprio destino. Ultimo ma non ultimo, l’aspetto tecnico: Chronos si fonderà su di un impianto di dignitosa fattura, seppur non particolarmente brillante. Ambientazione e caratterizzazione estetica dei personaggi saranno di buona fattura, ma non particolarmente esaltanti e in alcuni casi caratterizzati da dettagli e design approssimativi. In generale, la qualità estetica e le performance di gioco su Xbox, nel nostro caso su di una Series X, saranno complessivamente più che ragionevoli e non si incapperà praticamente mai in cali di fluidità massivi o errori in grado di “deformare” l’esperienza di gioco.
Se dovessimo definitire Chronos: Before the Ashes, potremmo farlo affibbiandogli l’etichetta di un hardcore rpg ma “entry level”. Non per la difficoltà (tarabile all’inizio dell’avventura), comunque in media con le produzioni del settore, ma per le scelte ludiche ed extra-ludiche: il titolo, difatti, vive di “cocenti” limiti che, in concreto, limitano notevolmente le possibilità. Detto ciò, visto anche il prezzo di vendita, il titolo potrebbe essere un buon acquisto ed un altrettanto decente antipasto alla portata principale, che è e resta Remnant from the Ashes.