Recensione Castlevania: Lords of Shadow – Mirror of Fate
"oh Castlevania, Castlevania. Perchè sei tu Castlevania? Rinnega Koji Igarashi, rifiuta il tuo nome, o se non vuoi, giura che mi divertirai e non sarò più io un Fan di Castlevania.”
di: Nicola "Wanicola" Caso“oh Castlevania, Castlevania. Perchè sei tu Castlevania? Rinnega Koji Igarashi, rifiuta il tuo nome, o se non vuoi, giura che mi divertirai e non sarò più io un Fan di Castlevania.”
Quando si ha alle spalle una tradizione d’eccellenza come quella dei Castlevania portatili è difficile nascondersi dietro “ma se per un attimo provassi a transigere dal nome che porta…” visto che comunque il nome c’è e che l’acquisto è ponderato anche (e sopratutto) per il nome altisonante che capeggia sul titolo. Di questo Mirror of Fate si è fatto un gran parlare ancor prima della sua data di uscita, vuoi per “l’occidentalizzazione” di cui si è reso protagonista il precedente, vuoi perchè a lavorare a questo episodio portatile non è più lo storico team dietro ai vecchi capitoli per DS. Vediamo cosa si nasconde realmente sotto la maschera messi da parte tutti i pregiudizi
Generazioni di ammazzavampiri a confronto
Partendo da una trama che si prospetta subito come molto audace, Mirror of Fate si propone fin da subito come il seguito diretto degli eventi narrati alla fine dell’originale Lords of Shadow del 2010, ideale reboot di più di 25 anni di onorata carriera. Dopo un breve prologo nei panni di Gabriel Belmont ambientato prima degli eventi del precedente capitolo, il gioco ci pone subito dinnanzi al figlio segreto di Gabriel, il cui futuro è indissolubilmente legato alla futura caduta e risurrezione del padre come Dracul, il signore della notte. Eppure, ad aprire però ufficialmente le danze non è nessuno dei due personaggi sopracitati, bensì un burbero Simon Belmont (non quel Simon Belmont che i fan di vecchia data ricorderanno con nostalgia) quasi 60 anni dopo, intento ad avventurarsi nel castello di Dracula per vendicare la morte del padre avvenuta anni prima. Nonostante la storia si incastri a fatica con quanto descritto nel capitolo di due anni fa (figli nascosti, personaggi predestinati e tutti i paradossi del caso), bisogna comunque ammettere che l’intreccio narrativo in Mirror of Fate funziona piuttosto efficacemente. Grazie alla presenza di ben tre personaggi giocabili (escludendo quindi il brevissimo prologo con Gabriel) e di una progressione degli eventi non lineare esploreremo a ritroso i traumi di Simon, contemporaneamente, le vicissitudini di Alucard e infine, 30 anni prima, le origini del mito di Trevor Belmont, in un climax di rivelazioni (alcune scontate a dire il vero) in grado di dipingere un affresco finale piuttosto suggestivo.
GodofWarVania
E’ bene ribadire che Castlevania Lords of Shadow Mirror of Fate non è semplicemente Castlevania Mirror of Fate. Può sembrare una banalità, ma il fatto che Lords of Shaodw trovi ancora oggi spazio sul titolo non è cosa da poco. Come da tradizione, manieri demoniaci, creature dell’oltre tomba, frustate e potenziamenti assortiti sono l’ABC per un buon Castlevania, ma con buona pace di tutti gli appassionati desiderosi di perdersi per l’ennesima volta negli interminabili meandri che compongono il castello di Dracula, Mirror of Fate riprende una struttura più vicina ai primissimi titoli della serie (e il primo Lords of Shadow), tutto salti, corridoi e combattimenti. Con Simon prima, e con gli altri poi, l’avventura procede sempre in maniera molto lineare e anche quando ci si imbatte in aree più elaborate del solito, un pallino rosso di cui avremmo fatto volentieri a meno mostrerà sempre sulla mappa la destinazione da raggiungere. Non solo, quando di rado capiterà di imbattersi in zone apparentemente irraggiungibili, ci penserà il gioco stesso a stampare un bel “?” sulla porzione di mappa corrispondente, rendendo del tutto superflua la seppur ottima possibilità di prendere note tramite taccuino virtuale. L’idea generale è quella di un un’infrastruttura ben realizzata per quanto riguarda il gioco portatile (l’eliminazione dei save point e la suddivisione in micro aree su tutti) ma che comunque mostra parecchio il fianco quando si tratta di offrire al giocatore una sfida diversa dal mero combattimento.
Dove infatti gli sviluppatori sembrano aver focalizzato maggiormente l’attenzione è su un battle system particolarmente elaborato e dinamico ereditato in tutto e per tutto da Lords of Shadow (che a sua volta ricordava parecchio quanto visto nei vari God of War) con tanto di invasivi Quick time Event. Un tasto per gli attacchi leggeri, uno per quelli ad area, uno per la presa, uno per la parata, uno per le armi secondarie e le eventuali magie sono tantissimi per un gioco a scorrimento 2D e permettono, combinati fra loro, di abbattere anche il più coriaceo degli avversari come solo il furioso fantasma di Sparta sa fare. Spettacolarità e brutalità sono alla base di ogni scontro in Mirror of Fate, dove il tempismo di una parata all’ultimo o una schivata ben calibrata sono spesso l’unico modo per avere la meglio contro le armate delle tenebre. La varietà di nemici non è esattamente delle più soddisfacenti (a nessuno piace il riciclo di mostri colorati stile Diablo) ma perlomeno i Boss di fine livello e i loro pattern da memorizzare riescono a mantenere sempre alto il tasso di sfida. Ad aggiungere un pizzico di varietà ci pensano poi le varie caratteristiche dei tre personaggi giocabili. Simon, Alucard e Trevor combattono in maniera analoga fra loro e nonostante la suddivisione tra un atto e l’altro, i livelli, le mosse apprese e le espansioni rinvenute vengono passate di personaggio in personaggio. Ciò che cambia fra un personaggio e l’altro sono gli elementi di contorno come le armi secondarie (come i medaglioni di Luce/ombra di Trevornon utilizzabili da nessun altro) e i Power-ups acquisiti, anche se spesso questi ultimi vengono “ereditati”. Può capitare così che la catena per dondolare di Simon, ad esempio, sia da subito disponibile per Alucard al secondo atto, così come il doppio salto per Trevor al terzo. Anziché l’ideale via di mezzo fra i capitoli pre e post Symphony of the Night a lungo sbandierato durante i mesi iniziali dello sviluppo, Mirror of Fate ricorda più il seppur ottimo Super Castlevania IV per Super NES, condito per l’occasione da qualche elemento preso in prestito dai giochi d’azione moderni. Non bastassero le lunghe dondolate sospese di Simon ad avvalorare tale teoria.
Frustate stereoscopiche
Appurato che di “Metroidvania” ormai rimane ben poco e che il nuovo corso intrapreso dalla saga è decisamente più votato all’azione che non all’esplorazione, è difficile comunque rimanere delusi dalla qualità finale del prodotto. Persino graficamente parlando, nonostante l’abbandono degli splendidi fondali 2D che hanno sempre contraddistinto la saga, Mirror of Fate è un titolo in grado di reggersi sulle proprie gambe senza troppo scomodare i suoi predecessori. La resa generale per quanto un po’ monocroma è di tutto rispetto e, soprattutto all’aperto con l’effetto 3D al massimo, la qualità degli sfondi davvero notevole. Un po’ meno convincenti i modelli poligonali dei protagonisti e dei nemici, davvero troppo spigolosi e spesso animati con qualche incertezza che occasionalmente rende i movimenti difficilmente leggibili, Siamo lontani rispetto alle incertezze messe in luce dalla demo, ma è innegabile che fosse possibile lavorare di più sotto questo aspetto. Gradevole infine l’accompagnamento sonoro, il quale riprende sotto tutti i punti di vista quanto di buono ascoltato in Lords of Shadow (con qualche riciclo di troppo a dire il vero) immergendo il giocatore in un’atmosfera a metà fra il gotico e l’epico. Non ci sarebbe dispiaciuto ascoltare qualche nuovo brano originale, ma anche così il risultato è davvero apprezzabile.
Castlevania si, Castlevania no. La terra dei cachi!
Accontentare tutti i fan di vecchia data non solo non sarebbe stato possibile ma forse non è neanche mai stato nei piani di Mercury Steam. Castlevania Lords of Shadow Mirror of Fateriprende quanto di buono visto nel capitolo precedente per Home Console e lo riadatta in chiave portatile. Non senza qualche incertezza, ma sicuramente al meglio di quanto fosse possibile sperare per questo giovane team. La mancanza di una direzione artistica di nota si fa sentire sopratutto per quanto riguarda qualche scelta stilistica e di trama (Quel Kojima che prese in mano le redini del progetto originale nel 2010) ma anche così Mirror of Fate riesce a risultare un gioco gradevole e un buon ponte per quello che sarà il prossimo Lords of Shadow 2. Per il resto si potrebbe ovviamente stare qui a discutere in eterno su quanto “questo non sia Castlevania e bla bla” ma la verità è che per essere un Lords of Shadow portatile il risultato è comunque di tutto rispetto.