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Recensione Carrier Command: come annegare in un bicchiere d’acqua (salata)

Si stava meglio quando si stava peggio è uno dei modi di dire più gettonati nel mondo del videogaming, dato che recuperare concept del passato pare essere un’attività sempre più restia a passare di moda. E ultimo esponente della fiera del remake, della riedizione, o del chiamatelo come volete è Carrier Command: Gaea Mission, riproposizione in chiave moderna di un classico dell’epoca 8-16 bit. Ma si stava davvero così bene tanti anni fa?

di: Simone Cantini

Si stava meglio quando si stava peggio è uno dei modi di dire più gettonati nel mondo del videogaming, dato che recuperare concept del passato pare essere un’attività sempre più restia a passare di moda. E ultimo esponente della fiera del remake, della riedizione, o del chiamatelo come volete è Carrier Command: Gaea Mission, riproposizione in chiave moderna di un classico dell’epoca 8-16 bit. Ma si stava davvero così bene tanti anni fa?


Come è bello solcare i 7 mari

Terribilmente spiazzante. Così può essere sintetizzata la prima mezzora di gioco che caratterizza il titolo Bohemia Interactive, trenta lunghissimi minuti scanditi sottoforma di pessimo FPS, in cui il nostro eroe (tale Myrik) si muove in maniera terribilmente approssimativa lungo una landa pessimamente realizzata, nel tentativo di recuperare la Carrier del titolo. Il tutto mentre sforacchia senza fatica alcuna dei fantocci che, nella mente degli sviluppatori, dovrebbero essere i droidi nemici. Ecco, basterebbe questo a far lanciare dalla finestra il DVD, ma per fortuna le cose cambiano (?) radicalmente non appena raggiungiamo quello che è il vero incipit dello story mode. Una volta preso, finalmente, possesso della nostra amata portaerei corazzata, la vecchia natura strategica del titolo inizia a fare timidamente capolino, illudendo però l’ignaro e speranzoso player. L’originale Carrier Command si impose come un particolare strategico in cui, al comando della già citata fortezza navale, il giocatore era chiamato a conquistare delle isole in mano al nemico, prendendo di volta in volta il controllo dei veicoli (terrestri o volanti) ospitati a bordo. Ed è quello che ci viene chiesto di fare anche oggi, 24 anni dopo l’esperienza originale: peccato che il tutto sia minato da errori di programmazione così grossolani che verrebbe voglia di recuperare un vetusto home computer e metter su il vecchio gioco. Su tutti svetta senza dubbio la pessima interfaccia di gioco, decisamente ostica da comprendere in alcune delle sue funzioni più basilari, tramite la quale anche solo impartire il più stupido degli ordini può rivelarsi assai difficoltoso. In seconda battuta è impossibile non citare il disastroso modello di guida che regola i veicoli terresti, unito ad una gestione delle collisioni semplicemente scandalosa per un titolo di fine generazione: non sono state rare le volte in cui uno dei nostri WALRUS si è incagliato negli elementi dello scenario, al punto da costringerci a ricaricare il salvataggio precedente. Assolutamente da rivedere anche l’IA alleata, capace di affossare senza pietà la componente strategica del titolo Bohemia Interactive: in ogni momento, difatti, è possibile demandare il controllo dei propri veicoli all’intelligenza artificiale, peccato che siano pochissime le volte in cui gli ordini impartiti vengano recepiti e svolti in maniera corretta, di fatto obbligando il giocatore a gestire personalmente il tutto. E questo è un vero peccato, perché di cose da fare a bordo della Carrier ce ne sono a bizzeffe: si spazia dalla produzione di armamenti, alla riparazione dei danni, arrivando al controllo diretto degli spostamenti del gigante di ferro. Una mole di compiti che però il più delle volte diverranno degli impedimenti piuttosto che degli incentivi al divertimento. Tutti fattori che lasciano davvero l’amaro in bocca, dato che le premesse per tirar fuori un ottimo strategico c’erano tutte: l’idea di esplorare e conquistare oltre 30 isole, potendo scegliere tra un approccio più action ed uno più ragionato, di sicuro avrebbe meritato uno sviluppo più curato.

Back to the future

Se si pensa che, graficamente parlando, l’originale Carrier Command riuscì a stupire per l’incredibile (almeno per l’epoca) realizzazione estetica, si rimane basiti al cospetto di quello cheBohemia è stata in grado di proporre un ventennio più tardi. È sconcertante, soprattutto sul finire della generazione, trovarsi al cospetto di un gioco così pessimamente rifinito: il mondo di gioco è tutto un susseguirsi di texture al limite della decenza, modelli poligonali appena sufficienti ed animazioni risibili. Tutto questo passerebbe tranquillamente (quasi) in secondo piano se l’ossatura di gioco fosse solida e divertente, ma su questo aspetto è meglio soprassedere, dato che al riguardo ci siamo già espressi poche righe fa. A risollevare in parte un comparto tecnico nettamente inadeguato agli standard attuali interviene il sonoro, grazie ad alcune musiche ben orchestrate e ad effetti sonori convincenti. Assente, inoltre, una qualsiasi modalità multiplayer, sia cooperativa che competitiva: oltre la campagna, difatti, è presente soltanto una modalità libera in cui, dopo aver settato una nutrita serie di parametri, saremo comunque chiamati a conquistare le isole avversarie.

Non ci siamo proprio. Carrier Command: Gaea Mission fallisce miseramente nel tentativo di rinverdire un classico, minato come è da una serie di leggerezze realizzative semplicemente imperdonabili agli albori del 2013, leggerezze responsabili di compromettere in maniera drastica le fondamenta stesse del concept di gioco. Macchinoso, scarsamente reattivo, oltre che pessimamente realizzato, il titolo Bohemia Interactive è incapace anche solo di reggere il confronto con l’originale: prendetelo in considerazione solo se amate alla follia gli strategici, o soltanto se non avete a portata di mano il vecchio floppy disk.