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Recensione Capsized

Nel 2013 è possibile che due persone sviluppino un gioco e, con gli agganci giusti, riescano a promuoverlo prima nei circuiti digitali per pc, dispositivi mobile e, poco tempo dopo, console. Lee Vermeulen e Jesse McGibney sono i nomi dietro al team indipendente AlienTrap che, con l’aiuto di IndiePub è riuscito a portare su XBLA, ed entro breve anche su PSN, il titolo indipendente Capsized.

di: Federico Lelli

Nel 2013 è possibile che due persone sviluppino un gioco e, con gli agganci giusti, riescano a promuoverlo prima nei circuiti digitali per pc, dispositivi mobile e, poco tempo dopo, console. Lee Vermeulen e Jesse McGibney sono i nomi dietro al team indipendente AlienTrap che, con l’aiuto di IndiePub è riuscito a portare su XBLA, ed entro breve anche su PSN, il titolo indipendente Capsized.

L’avverso universo

Dopo un guasto alla navetta l’eroe e i suoi compagni si trovano abbandonati e dispersi in un pianeta alieno dove tutto è potenzialmente ostile e sconosciuto, la loro breve storia ci viene raccontata in fase introduttiva da veloci pannelli in stile fumetto che lasciano presto il posto ai primi livelli.

Qui ci facciamo largo tra la fauna rigogliosa e lussureggiante del pianeta avverso comandando uno degli astronauti: la levetta sinistra è impiegata per i movimenti mentre la levetta destra è dedicata alla mira. Oltre a svariati armamenti, da raccogliere di volta in volta sulla mappa, il nostro arsenale comprende un gancio gravitazionale (pensate al Bionic Commando originale ed elevatelo all’ennesima potenza), che useremo come una liana portatile o per spostare e lanciare gli oggetti; un jetpack, per velocizzare i nostri movimenti verticali; e una torcia, per illuminare le zone più buie.

Dovendo assegnare ad ogni abilità un bottone predefinito il mapping sul joypad risulta alla fine un po’ ostico e difficoltoso e se a questi aggiungiamo il tasto preposto alla mira automatica – che integra lo scarso sistema di mira con la levetta destra – non sarà raro trovarsi nelle fasi più concitate a spingere bottoni a caso nella speranza di sfuggire alle grinfie nemiche.

Se c’è confusione nell’impostazione del controller non si può dire certo che ci sia chiarezza a livello di gameplay. Nella fase esplorativa Capsized si comporta da platform bidimensionale: la gravità del pianeta ci permette balzi decisamente fuori norma e, per aiutarci a coprire nella propria interezza le mappe spesso sviluppate sia in larghezza che in altezza, abbiamo la possiblità di attaccarci ai muri oltre al già citato gancio gravitazionale e al suddetto jetpack. Non mancano inoltre dei semplici puzzle ambientali: spesso si tratta di rocce da trascinare col gancio per liberare la strada o di switch da attivare per aprire nuove zone. Anche nell’ingaggio coi nemici abbiamo diverse possibilità di attacco: a partire dagli stivali rinforzati che ci permettono di saltare sui nemici di terra (come nei platform più classici); passando per il gancio che possiamo usare per lanciare gli oggetti addosso ai nemici; fino all’arsenale bellico che portiamo dietro che, se sommato al jetpack negli scontri con i nemici volanti, nelle aree più vaste ricorda quasi una partita ad Asteroid.

Tutte queste variabili di controllo e gameplay purtroppo non sono sfruttate in maniera ottimale dal level design, caotico e spesso troppo libero, che ci permette di volta in volta troppe soluzioni senza mai preferirne una e dal livello di sfida non adeguato che cerca di metterci in difficoltà solo lanciandoci nemici in grande numero o mostri superpotenziati; si aggiungono all’esperienza diversi collezionabili che però servono a poco visto che sono “nascosti” in piena vista.

Ultimo cenno per l’ottimizzazione della fisica che sicuramente non è un vanto del titolo: la risposta agli input dell’eroe è tutt’altro che precisa per la parte platform mentre i movimenti dei nemici seguono pattern semplici e prevedibili, non fanno eccezione i puzzle ambientali dove troviamo gli oggetti coinvolti in interazioni abbastanza basilari.

Dal punto di vista grafico troviamo una cura estrema per la parte artistica del titolo: i fondali sono sempre ricchi di particolari e ben disegnati, stessa cosa per i protagonisti e i nemici anche se in generale tutti gli elementi in movimento potevano avere qualche animazione in più.

Interessante il tema di sottofondo che è però l’unico tappeto sonoro che accompagna il gioco quindi molto presto vi stancherete di ascoltarlo in loop; gli attacchi dei nemici sono accompagnati da campioni sonori non troppo fantasiosi e poco ispirati.

Segni di vita

È questa natura così poco definita di Capsized che alla fine non riesce a dare una chiara identità al prodotto: il level design abbastanza approssimativo e mai troppo punitivo ci lascia infatti così tante alternative che spesso finiremo per ignorare le possibilità che non ci interessano o che magari non abbiano neanche considerato come valide. Il risultato è un titolo dal passo incerto che si ritrova con troppe variabili ridondanti e che sicuramente poteva essere sintetizzato meglio, soprattutto considerando che si tratta di un titolo in Digital Delivery.