Recensione Call of Duty: Advanced Warfare
"La guerra non cambia mai", pronunciava risoluto Rob Perlman nella famosa serie Rpg Fallout creata da Interplay Entertainment, una frase emblematica che da sola è in grado di riassumere millenni di conflitti insensati in nome denaro, potere o religioni.
E lo sa bene Activision che, dal 2003, pubblica ormai a cadenza quasi regolare la nota serie FPS Call of Duty, originariamente sviluppata da Infinity Ward e che ha fatto la propria fortuna proprio sui campi di battaglia. Un franchise che oggi giunge alla sua undicesima incarnazione ufficiale col nuovo Call of Duty: Advanced Warfare, titolo interamente curato dalla software house Sledgehammer Games che, per cambiare le carte in tavola rispetto al passato, ha voluto dar vita a una vera e propria "guerra avanzata" combattuta con tecnologie di nuova generazione, ambientandone le vicende narrate quarant'anni nel futuro.
di: Luca "RukaManni" Manni
“La guerra non cambia mai”, pronunciava risoluto Rob Perlman nella famosa serie Rpg Fallout creata da Interplay Entertainment, una frase emblematica che da sola è in grado di riassumere millenni di conflitti insensati in nome denaro, potere o religioni.
E lo sa bene Activision che, dal 2003, pubblica ormai a cadenza quasi regolare la nota serie FPS Call of Duty, originariamente sviluppata da Infinity Ward e che ha fatto la propria fortuna proprio sui campi di battaglia. Un franchise che oggi giunge alla sua undicesima incarnazione ufficiale col nuovo Call of Duty: Advanced Warfare, titolo interamente curato dalla software house Sledgehammer Games che, per cambiare le carte in tavola rispetto al passato, ha voluto dar vita a una vera e propria “guerra avanzata” combattuta con tecnologie di nuova generazione, ambientandone le vicende narrate quarant’anni nel futuro.
Titan-COD
Siamo nell’anno 2054 e le forze americane sono intente a invadere Seoul, capitale della Corea del Sud, con un attacco su vasta scala. Un conflitto, questo, che funge da breve prologo e che termina con la distruzione di un aereo bombardiere nemico a opera del soldato Mitchell, un volto tra i tanti sul campo di battaglia. L’introduzione, abbastanza classica, si chiude però con una sequenza in cui braccio sinistro del protagonista viene reciso di netto da da un frammento di lamiera: una scena di forte impatto che avrebbe potuto rappresentare molto più che un semplice espediente narrativo, ma un modo per focalizzare l’attenzione sulla tema dei tanti reduci di guerra congedati dall’esercito per le ferite riportate sul campo. Peccato che un argomento così importante e delicato venga trattato in maniera tanto superficiale consentendo al protagonista dopo qualche minuto, per ovvie questioni ludiche, di sostituire l’arto mancante con una protesi di nuova generazione.
Una scelta opinabile che pregiudica il comparto narrativo di un titolo che, in compenso, può vantare la presenza di un attore pluripremiato come Kevin Spacey qui nel ruolo di Jonathan Irons, CEO di una potente corporazione mercenaria di nome Atlas incaricata dai governi mondiali di dirimere i conflitti più intricati. La sua interpretazione è davvero convincente, nonostante alcuni difetti in fase di realizzazione del modello poligonale rendano la recitazione un po’ meno credibile.
Proprio grazie ad Atlas la tecnologia bellica inizia a rivestire un ruolo di un certo peso nell’economia del gioco, ampliando le possibilità tattico-strategiche a disposizione di Mitchell. L’introduzione sicuramente più importante è rappresentata dalle Exo Suit, particolari corazze divise per tipologia che, non solo migliorano le prestazioni di ciascun soldato sul campo di battaglia, ma donano a quest’ultimi specifiche capacità. Le Exo Unita d’Assalto, ad esempio, vantano abilità come il salto boost (doppio salto), impulso sonico (attacco stordente) e atterraggio assistito, a differenza di quelle Specialista dotate di scudo, rampino e overdrive: un dispositivo che consente di rallentare il tempo per qualche secondo.
Tra una missione e l’altra sarà poi possibile potenziare la propria Exo Suit spendendo i punti abilità accumulati completando determinati obiettivi, tra i quali raccogliere i 45 collezionabili presenti nel gioco o uccidere un certo numero di nemici. I miglioramenti riguardano diversi aspetti del proprio equipaggiamento, come il numero di granate trasportabili, la riduzione del rinculo delle armi e così via.
Purtroppo, nel corso della campagna principale, non sarà possibile scegliere il tipo di Exo da indossare, in virtù della particolare struttura di ciascuno dei quindici livelli di gioco che richiedono determinate capacità per poter essere affrontati. Call Of Duty: Advanced Walfare offre infatti una buona varietà di situazioni spaziando da sessioni puramente stealth, da portare a compimento con armi silenziate e mimetiche ottiche, ad altre (molto brevi) in cui sarà necessario fare uso di alcuni veicoli per completare la missione.
Altra risorsa indispensabile a disposizione di Mitchell è rappresentata dai due particolari tipi di granate in dotazione, una di supporto e l’altra offensiva.
Ognuna di esse, infatti, con la semplice pressione di un tasto è in grado di modificare il proprio effetto passando, ad esempio, dalla funzione marcatrice, in grado di segnalare per un breve periodo di tempo i nemici sullo schermo, a quella EMP in grado di annientare sciami di droni volanti, oppure dalla funzione granata intelligente, che le consente di inseguire i nemici precedentemente marcati, alla “semplice” frammentazione.
Nonostante la mole di opzioni a disposizione del giocatore, l’I.A. dei nemici risulta del tutto impreparata e poco reattiva anche a livelli di difficoltà più elevati e non sarà raro vedere i soldati tentare approcci davvero goffi scoprendosi al fuoco del giocatore.
L’arsenale di Mitchell può vantare, inoltre, una quantità di armi davvero elevata che a loro volta si diversifica grazie ai numerosi accessori equipaggiati su ognuna di esse, dai mirini laser alle canne silenziate. Accessori che, nella campagna principale, saranno già applicati alle singole armi, sulle quali non sarà possibile intervenire in alcun modo.
Sul fronte multiplayer, invece, è la personalizzazione del proprio alter ego a fare da padrona.
Una volta deciso il personaggio da utilizzare, tra una modesta selezione di modelli poligonali riproposti dalla campagna principale, sarà possibile selezionare tanto l’abbigliamento quanto il tipo di equipaggiamento da portare in missione. Prima di entrare in partita, quindi, sarà necessario scegliere accuratamente armi, accessori, abilità Exo e Specialità con cui scendere in campo, molte delle quali saranno accessibili salendo di livello nel corso delle sessioni multiplayer.
Le Specialità, in particolare, garantiscono al giocatore specifici boost, come renderlo immune ai visori termici o ridurre i danni causati dalle esplosioni.
Unico limite alla personalizzazione del proprio personaggio è rappresentato dal numero di componenti equipaggiabili che non può superare la soglia dei tredici elementi.
Le mappe di gioco offrono una buona varietà di ambientazioni e, anche se non molto grandi, vantano un’ottima estensione verticale, resa possibile dalle particolari Exo Suit in dotazione ai giocatori che influiscono positivamente anche sulla dinamicità degli scontri. Grazie a quest’ultime, infatti, sono state ulteriormente ampliate le capacità di movimento introducendo azioni come il doppio salto o la schivata rapida, effettuabile anche in aria, dando vita a un gameplay che ricorda vagamente quanto già visto sulle console Microsoft con Titanfall. Il buon numero di arene disponibili si affianca a ben undici modalità di gioco, alcune delle quali in grado di supportare fino a 18 giocatori contemporaneamente. Deathmatch a squadre o Momentum (una sorta di “cattura la bandiera”) sono solo alcune di queste, senza contare gli eventi speciali che si susseguiranno nel corso dell’anno, come la già disponibile modalità Infetto.
Ad integrare l’ottimo comparto multiplayer provvede, poi, una particolare modalità Co-op, per un massimo di quattro giocatori in cui, come avveniva in Call of Duty Modern Warfare 3, si dovranno affrontare orde di nemici all’interno di una ristretta mappa di gioco. Anche qui la personalizzazione ricopre un ruolo di un certo peso lasciando al giocatore la scelta della Exo Suit da equipaggiare, ognuna con le sue specifiche capacità e attributi. Tanto le armi quanto queste particolari corazze potranno poi essere sostituite o potenziate nel corso della partita, tra un round e l’altro, spendendo i punti guadagnati insieme ai propri compagni.
L’Incertezza dei Poligoni
Partendo da dati prettamente tecnici, tanto la versione PS4 quanto quella Xbox One di Call of Duty: Advanced Warfare vantano un frame rate granitico a 60 fps differenziandosi, come sempre, per quanto riguarda la risoluzione. Se la prima gode di un 1080p nativo, la seconda adotta una soluzione particolare che consente agli sviluppatori di scalare dinamicamente la risoluzione fino a raggiungere i tanto agognati 1080p. Al di là di questo, non vi sono ulteriori differenze degne di nota in quanto le due versioni si equivalgono in materia di texture, qualità dell’immagine e anti-aliasing.
Sul fronte grafico, purtroppo, è necessario fare alcune valutazioni circa la campagna principale. Nonostante i modelli poligonali dei personaggi risultino estremamente definiti non è rara qualche imperfezione, come un fastidioso aliasing sul contorno occhi.
Gli scenari, al contrario, presentano una cura dei dettagli a metà alternando modelli davvero ben realizzati ad altri solo appena abbozzati, un problema che riguarda buona parte dei livelli di gioco. Un vero peccato che mina la resa grafica di un titolo che, senza tener conto di qualche compenetrazione poligonale di troppo, avrebbe potuto offrire molto di più.
Buono invece il lavoro svolto in fase di doppiaggio, mentre, per quanto riguarda la colonna sonora, non si può proprio dire lo stesso, con tracce che spesso e volentieri risultano anonime e poco ispirate.
Conclusione
Questo Call of Duty:Advanced Warfare è un continuo altalenarsi tra pregi e difetti.
Un comparto narrativo scialbo e poco curato fa da contrappeso a un gameplay estremamente vario e divertente, grazie alle numerose modalità che contraddistinguono il comparto multiplayer.
Lo stesso dicasi per la realizzazione grafica che alterna armi e alcuni dettagli davvero ben definiti ad altri che sembrano provenire da titoli di almeno una generazione fa.
Il risultato è un gioco che comunque riesce a regalare svariate ore di divertimento ma che, con la dovuta cura, avrebbe potuto offrire molto di più oltre alla presenza del premio Oscar Kevin Spacey.
Peccato.