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Recensione BROK The InvestiGator

di: Simone Cantini

Cosa c’è di più rassicurante e prevedibile di una bella avventura grafica, del suo placido pixel hunting, unito alla necessaria presenza di una buona dose di intuito, a cui si accompagna talvolta la necessità di un pizzico di pensiero laterale, binomio indispensabile per venire a capo dei vari enigmi. Lontano dalle ansie legate alla maggior parte delle esperienze di gaming, grazie anche al rifiuto del sordido game over (a meno di non far correre la mente alle opere di Roberta e Ken Williams), il mondo dei punta e clicca è da sempre un microcosmo compassato e figlio del relax. Difficile, pertanto, pensare ad un suo sovvertimento radicale, ma lo sviluppatore transalpino COWCAT Games (aka Fabrice Breton) deve amare particolarmente le sfide, dato il modo in cui ha declinato simili meccaniche all’interno del suo interessante BROK The InvestiGator.

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Lotta di classe

Di questo bizzarro alligatore antropomorfo vi avevo già parlato un po’ di tempo fa, in occasione del rilascio su PC del prologo giocabile, che confesso mi aveva lasciato addosso una discreta dose di curiosità. Ecco perché ho continuato a seguire lo sviluppo del gioco attraverso il profilo Twitter dello sviluppatore, attendendo con ansia il momento in cui BROK The InvestiGator sarebbe stato reso finalmente disponibile anche per console. A colpire nel segno, sin dalle prime battute, è senza dubbio il peculiare setting della produzione che, a dispetto delle atmosfere cartoon richiamate dallo stile grafico, nasconde sotto la sua scanzonata superficie una storia decisamente più cupa e matura, capace di accompagnarci nel corso di circa 12 ore verso uno dei numerosi finali disponibili. L’incipit vedrà il nostro Brok, uno scalcinato investigatore privato/tuttofare (come riporta lo stesso cartello appeso fuori dalla sua abitazione), venire contattato da un sedicente poliziotto di nome Sin, la cui richiesta sarà quella di recuperare la pistola di servizio andata perduta la sera prima. Un incarico tutto sommato banale e privo di intoppi, che si trasformerà ben presto, però, in un qualcosa di decisamente più grande e che finirà per trasformare il nostro improbabile eroe, ed il figlio adottivo Graff, nei depositari delle sorti di questa distopia futura. Quello di BROK The InvestiGator, difatti, è un universo fittizio in cui, a seguito di un misterioso cataclisma, il mondo ha finito per cadere vittima di una letale nuvola inquinante, situazione che ha portato alla divisione della popolazione in due distinte classi sociali: i Drumer e gli Slumer. I primi vivono in città protette da impenetrabili cupole, e conducono una vita agiata e priva di difficoltà, mentre i secondi sono relegati all’esterno di questi rifugi elitari, costretti a vivere in squallidi sobborghi e a dover quotidianamente ingerire delle pillole per non morire soffocati. E così, tra lotte di classe, robot assassini ed indagini mai banali e scontate, sarà facile venire rapiti da questa peculiare rappresentazione sociale, che si dipanerà sotto i nostri occhi con veemenza nel corso dell’avventura, non risparmiandoci colpi di scena e momenti drammatici d’effetto. Il tutto vanta anche una caratterizzazione dei vari personaggi davvero azzeccata, che permetterà di empatizzare con loro in maniera decisamente naturale, segno evidente di come gli sforzi in ottica narrativa siano stati davvero degni di produzioni dal budget ben più consistente.

Menare o pensare?

Se è vero che in una buona storia si nasconda gran parte del successo di un’avventura grafica, non è da sottovalutare anche il contesto puramente ludico che, nel caso di BROK The InvestiGator, andrà oltre la canonica ricerca di oggetti utili a risolvere i vari enigmi. La produzione COWCAT, difatti, come viene sin dal principio tratteggiata dal suo autore, è una sorta di avventura beat’em up, farcita con una spruzzata di elementi ruolistici (per quanto esilissimi), capaci di fornire una benvenuta sferzata di brio al tutto. Se è vero che in ottica risolutiva non ci troviamo al cospetto di chissà quale rivoluzione, con gran parte dei puzzle che si baseranno sul corretto abbinamento di oggetti, la struttura ludica permetterà anche a coloro che sono più avvezzi a menare le mani di proseguire in determinate situazioni. Il nostro Brok, difatti, è un ex pugile che non ha certo smesso di far roteare i propri pugni, ecco pertanto che in alcuni momenti sarà possibile bypassare l’impiego della materia grigia, in favore di un approccio più diretto. Non mancheranno, difatti, situazioni in cui saremo chiamati a spellarci le nocche, sfruttando un combat system che, nella sua essenzialità, è risultato ben calibrato e soddisfacente, capace di alternare basilari combo, all’impiego di schivate, oggetti ed attacchi speciali. Tutte possibilità che, grazie alla presenza dei canonici punti esperienza, potremo anche potenziare in seguito ai vari level up: niente di trascendentale, sia chiaro, ma l’idea funziona. A completare il tutto troveremo anche momenti puramente deduttivi, in cui saremo chiamati a combinare tra loro le informazioni in nostro possesso per avere la meglio in occasione degli interrogatori, in una maniera che ricorda a grandi linee l’ossatura dei vari Ace Attorney. La vera forza di BROK The InvestiGator, pertanto, risiede proprio in questa varietà di situazioni ludiche, che fanno il paio con le differenti possibilità di approccio che ci garantisce la struttura dell’avventura. Questo sfocia anche in una elevata rigiocabilità, data la presenza di alcuni snodi narrativi che ci permetteranno di affrontare nuovamente il tutto (sia dal principio che da determinati momenti), così da moltiplicare considerevolmente il monte ore in sua compagnia. Oltre che a permetterci di accumulare punti da spendere nello sblocco di un corposo numero di extra, capaci di fornire uno sguardo al dietro le quinte della produzione.

One man band

A dispetto dell’alone di estrema artigianalità che ammanta il tutto, visto che ad eccezione di alcune marginali collaborazioni esterne tutto poggia sulle spalle del solo Fabrice Breton, ci si può solo togliere il cappello al cospetto della cura con cui BROK The InvestiGator è stato costruito. Seppur non debordanti ed abbacinanti, i vari elementi visibili su schermo si comportano in modo impeccabile, forti di una direzione artistica decisa e peculiare, capace di portare alla ribalta un mondo colorato e dettagliato, declinato in ottica smaccatamente cartoonistica, che una volta in movimento funziona a dovere. E che ha l’indubbio merito di creare un forte contrasto tra estetica e tematiche narrative. Da lodare senza riserve è anche l’impegno profuso nella localizzazione testuale del tutto, capace di andare ad abbracciare una dozzina di idiomi differenti, tra cui ritroviamo, fortunatamente, anche il nostro: una vera medaglia al valore che, come sempre in questi casi, non posso che fare a meno di appuntare sul petto di Brok. Notevole anche il lavoro svolto sul fronte audio, dato che ogni singola linea testuale è stata doppiata in un inglese eccellente in fatto a recitazione (fun fact: avevo partecipato pure io al casting per alcuni personaggi, venendo fortunatamente ignorato, visti i risultati ottenuti. Però sono nei credits della localizzazione: fatemi gongolare un po’). Decisamente più debole l’accompagnamento musicale, privo di temi capaci di installarsi con prepotenza nelle orecchie del giocatore, e che finiscono per risultare un mero tappeto accessorio.

Ci è voluto un po’ prima di vedere finalmente in azione BROK The InvestiGator in tutto il suo squamesco splendore, ma visto il risultato consegnatoci da COWCAT Games, non ci sono dubbi che l’attesa sia stata ampiamente ripagata. Il nuovo lavoro di Fabrice Breton, difatti, si presenta sulle scene forte di una precisa ed unica identità, composta da un mix di idee che ben si amalgamano tra di loro e che, anche in virtù delle varie possibilità di approccio, garantiscono ai completisti un elevatissimo tasso di rigiocabilità. Caratterizzato da una storia interessante, che potremo affrontare in più occasioni nel modo che maggiormente preferiamo, l’opera del coder transalpino non può che essere consigliata a tutti gli amanti delle avventure grafiche, ma anche a coloro che non ne sono fan incalliti, proprio in virtù della libertà che ci viene concessa.