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Recensione Blasphemous 2

di: Donato Marchisiello

In un paese storicamente religioso come l’Italia, la blasfemia, nel corso dei secoli, è divenuta una vera e propria arte. Un po’ satira, un po’ protesta politica, tante altre volte malsana volgarità: in tutte le sue forme, essa è storicamente presente nella nostra cultura da decine di secoli ed è stata tradotta anche in opere letterarie o teatrali. Quale che sia l’opinione personale sul concetto di blasfemo, è proprio il senso stretto del termine che giace, figurativamente, alla base di Blasphemous 2, secondo capitolo della saga inaugurata da Team 17 e The Game Kitchen qualche anno fa. Un titolo che, di base e con un “ispirato” lavoro di design, ha basato la sua veste estetica su di un “culto del blasfemo”, una reintepretazione sanguinolenta e demoniaca delle più classiche iconografie spirituali e religiose, in modo particolare del culto cristiano. Tematiche che, di base, potrebbero non piacere (o addirittura offendere) ma che, comunque, restano saldamente ancorate al concetto di libera espressione e visione artistica, con tanto di “illustre” retaggio storico. Il primo capitolo riuscì, al suo tempo, a ritagliarsi una fetta di pubblico piuttosto congrua, considerando la natura semi-indipendente del prodotto. Riuscirà Blasphemous 2 a confermare l’ottimo retaggio? Scopriamolo assieme nella recensione della versione PlayStation 5 del titolo!

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Blasphemous 2 è un gioco d’azione a due dimensioni, con visuale a scorrimento laterale. Il titolo, rientra nel genere dei Metroidvania, presentando quindi tutti i classici crismi tecnici e concettuali del settore, tra cui una certa difficoltà generale dell’esperienza e forti elementi tipici dei giochi di ruolo e di quelli di piattaforma. Seguendo una filosofia un po’ antitetica rispetto allo standard, che vede spesso i novelli capitoli di una saga ambientati in contesti antecedenti temporalmente al primo chapter, le vicende narrate in Blasphemous 2 riprendono esattamente dove Wounds of Eventide, espansione del primo Blasphemous, ci aveva lasciati, seppur di molto avanti nel futuro. Il terribile Miracolo, una oscura e potentissima entità, torna a far capolino d’improvviso, intenta ad inghiottire nel suo apocalittico buio l’intera regione di Cvstodia. Ed ecco che il nostro ignoto alter-ego, il Penitente, verrà nuovamente chiamato in causa al fine di contrastare l’espansione del male. Blasphemous 2, così come il primo capitolo, si muove narrativamente in modi rarefatti e alle volte impercettibili: così come vuole un’ormai assodata tradizione dei soulslike, le vicende verranno raccontate in modo frammentato e spaccato, non vestendosi di abiti lineari e dalla direzione chiara. L’ambientazione e le storie di contorno ci verranno raccontate in modi indiretti, tramite personaggi non giocanti o oggetti specifici la cui descrizione, spesso, ci “parlerà” del mondo che ci troveremo a fronteggiare. Una scelta dal sicuro impatto estetico ma che, però, lascia sempre quell’interrogativo irrisposto, specialmente nei soulslike, se si tratti di una geniale e chirurgica scelta o se sia, per lo più, un modo per rendere “meccanicamente interessante” ciò che, probabilmente, lo sarebbe molto meno. E, come sempre in questi casi, la parola culmina nella visione stessa del giocatore.

Il cuore meccanico-ludico di Blasphemous 2 è ciò che, ovviamente, interessa principalmente: in questo senso, anche grazie ad un buon lavoro di rifinitura ex-post degli sviluppatori, possiamo affermare che il secondo chapter sicuramente non rivoluziona la formula introdotta dal primo, ma ne amplia e potenzia le fattezze in diversi aspetti. Al centro del gioco, v’è l’esplorazione di livelli dalla varia conformazione e con diverse aree “segrete” da scovare, oltre che lo scontro con nemici mediamente ostici e impietosi. Per quanto concerne il primo aspetto, esso sarà cruciale non solo per l’ovvia progressione nei livelli, ma anche per ragioni extra-ludiche e narrative. Vi sarà una maggiore libertà d’esplorazione rispetto al passato, facilitata anche da una “letalità controllata” di trappole di varia natura e dalla presenza di diversi metodi di teleport per l’intera mappa. Com’è classico degli appartenenti al genere, anche in Blasphemous 2 vi saranno aree segrete o accessibili solo a patto di possedere la giusta abilità (come, ad esempio, il doppio salto): dunque, vi sarà un bel po’ dell’amato/odiato backtracking, anche se sarà tendenzialmente intuitivo e gestito in modo scorrevole. L’esplorazione sarà cruciale anche ruolisticamente: nuove magie (chiamate preghiere), nuovi rosari e figure sacre (accessori d’equipaggiamento che doneranno bonus vari e persino nuove abilità) ed armi, saranno infatti scovabili nel corso dell’attenta disamina dei crepuscolari livelli di gioco. In questo senso, potremo fare affidamento su tre strumenti di morte, ovvero un pesante spadone, una coppia di spade veloci ed una sorta di mazzafrusto.

Oltre ad offrire una buona varietà a livello di gameplay, novità rispetto al primo capitolo, la presenza di più arnesi letali, ognuno con un suo specifico albero delle abilità, e di un maggior numero di magie utilizzabili (due al posto di uno). Rispetto al passato, grazie ad una maggiore varietà complessiva di oggetti, avremo una più ampia possibilità di creare vere e proprie build basate su specifiche armi, abilità ed elementi magici. Morire in Blasphemous 2 non sarà un evento particolarmente traumatico, visto che perderemo, nel caso, una “moneta” utile per compiere degli acquisti dai vendor sparsi nel gioco ed una riduzione temporanea del Fervore (nel gioco, il corrispettivo del canonico mana). Come detto, Blasphemous 2 presenta un impianto ludico fondato sui crismi del primo capitolo, ma ampliato in quasi ogni aspetto. L’unico cruccio, in verità già in corso di “debellamento” da parte degli sviluppatori, è che Blasphemous 2 offre un’esperienza di gioco dalla difficoltà altalenante (è il caso di dirlo!) rispetto al primo capitolo, molto più orientato e con una certa costanza verso lidi tipici di Dark Souls & Co. Eccezione fatta per i boss che innalzano mediamente l’asticella verso l’alto (specialmente verso il fine gioco, a tratti anche in modo disomogeneo rispetto alla media precedente). V’è da considerare anche che, nonostante siano presenti, le fasi salienti da gioco di piattaforme saranno piuttosto lineari e tendenzialmente semplici, focalizzandosi maggiormente sull’aspetto più combattivo. In totale, la durata delle peripezie del nostro oscuro Penitente può variare tra le 10 e le 20 ore, offrendo anche una discreta rigiocabilità anche grazie alla possibilità di strutturare diversamente il nostro protagonista.

L’estetica di Blasphemous 2 è, come detto in incipit, una questione di gusto: nell’effettività, una particolare sensibilità di carattere religioso potrebbe far divenire ciechi rispetto all’originale lavoro di design artistico compiuto dagli sviluppatori. Un design 2D dal pixel pregevole e dallo stile che si potrebbe definire “religio-horror”: dalle ambientazioni oscure passando per nemici, boss (quasi tutti, come il primo capitolo, originali e spettacolari) ed npc, ogni scelta di carattere visual trasuda una direzione artistica orientata alla reintepretazione di alcuni canoni visivi religiosi in chiave d’orrore. V’è da segnalare anche un cambio estetico per quanto concerne la narrazione, che in questo secondo capitolo avverrà attraverso brevi scene d’intermezzo realizzate in stile pseudo-anime e non più attraverso scene statiche simili ad un fumetto. Da un punto di vista più squisitamente tecnico, non v’è molto da eccepire se non confermare l’alta qualità generale: pochissimi i bug incontrati (e perlopiù, una “sensazione” di input lento nelle fasi più concitate), fluidità solidissima ed animazioni “naturali” e scorrevoli al punto giusto. In ultima istanza, il comparto sonoro sarà senza infamia ne’ particolare lode: buoni gli effetti di gioco, meglio le musiche che alterneranno chitarre vagamente flamenco a soluzioni musicali più ambient ed orchestrali.

Blasphemous 2 è un ottimo secondo capitolo di una saga che, a tutti gli effetti, è ormai un punto di riferimento per gli amanti del settore. Rispetto al “capostipite”, il nuovo lavoro di The Game Kitchen ha consolidato il retaggio passato cercando di ripulire ed ampliare l’esperienza ludica a tutto tondo. In generale, il lavoro è riuscito quasi integralmente: il gameplay è più vario, c’è più da esplorare e, soprattutto, più oggetti da ottenere rispetto al passato. Il titolo non è perfetto e presenta qualche indecisione qui e lì, ma nulla che ne infici, poi, in generale l’estrema qualità. Unica avvertenza: se avete una forte sensibilità religiosa, il gioco potrebbe non esser adatto al vostro palato.