Recensione Battlefield 1
di: Simone CantiniLa beta, come avete avuto ampiamente modo di leggere a queste coordinate, mi aveva lasciato decisamente combattuto. Più passavano le settimane, però, più la mia curiosità nei confronti di Battlefield 1 aumentava sempre più, stuzzicato come ero dall’idea di confrontarmi con un contesto bellico decisamente atipico per i canoni del genere. È stato dunque con un misto di timore ed esaltazione che ho infine inserito il disco nella mia Xbox One, finendo col capitolare, sopraffatto, al cospetto dell’ultimo titolo di casa DICE.
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Breve ma intensa
Sappiamo tutti che quando leggi Battlefield 1 viene subito da pensare ad un multiplayer corposo e soddisfacente, al punto che, come accade per un certo sparatutto che traghetta per altri lidi, la campagna può essere vista come un superfluo contentino, indegno anche solo di essere inavvertitamente avviato. Ed in un certo senso, a ben vedere la sua longevità complessiva, anche in questo caso si potrebbe pensare la stessa cosa. Peccato che una volta iniziata, pur nel suo essere estremamente condensata, è riuscita a stupire ed esaltare nella sua interessante unicità. La scelta di suddividere il tutto in cinque (sei se si include anche il brutale e minimale prologo) piccole storie, cinque frammenti sanguinosi di quella che fu la madre di tutte le guerre, si è rivelata decisamente vincente. In primis per i toni ed i modi con cui questi squarci di vita militare ci vengono presentati, spogliati dell’eroismo funambolico e roboante, dal gusto tipicamente americano, che imperversa quando ci troviamo ad imbracciare un fucile. Non sono eroi infallibili quelli che andremo ad incontrare, sono soltanto una microscopica parte delle centinaia di migliaia di giovani mandati a morire in nome di una forza sovrana. Non salveranno immancabilmente il mondo con le loro gesta, anzi, a stento riusciranno a ritardare anche solo di qualche ora la loro dipartita o quella dei loro cari, dei loro amici, dei loro commilitoni. Certo, non mancano alcuni momenti decisamente epici ed esaltanti (stiamo sempre parlando di un videogioco, che diamine!), ma sarà il semplice riuscire a compiere un altro passo, sovrastati dal suono delle armi e della urla dei feriti, a rappresentare la più grande delle vittorie. Poi, a voler essere avidi calcolatori, non si può negare come le sei ore scarse che servono per giungere ai titoli di coda siano decisamente esigui se rapportati alla bontà del pacchetto proposto, ma considerando che si tratta di una sorta di macroscopico tutorial, utile a farci familiarizzare con meccaniche belliche e veicoli, la cura realizzativa e di indubbio spessore. Resta però la voglia di averne ancora di più.
Fango e sangue
Del multiplayer ne avevo sommariamente parlato in occasione della precedente anteprima, evidenziando come, a mio avviso, il tutto fosse animato da luci ed ombre. Ora che il gioco è però giunto nella sua forma definitiva non posso che essere più che felice di compiere il classico passo indietro, finendo con il lodare il lavoro svolto da DICE. Nulla da dire sulle modalità canoniche che da sempre contraddistinguono la saga, riproposte fedelmente anche in questo Battlefield 1, pertanto appare più logico soffermarsi un attimo su quello che è, senza dubbio, il piatto forte introdotto in questo nuovo episodio: Operazioni. Si tratta in pratica di una mastodontica versione di Conquista, in cui avremo una fazione impegnata a difendere alcuni settori dagli assalti dell’altra. Il tutto si snoda attraverso quelle che possono essere considerate come delle vere e proprie campagne militari, sorrette da un esile filo narrativo ed in grado di tenere impegnati anche per un’ora abbondante. È qua che maggiormente si apprezzano gli sforzi compiuti dal team nella costruzione delle mappe di gioco, mai come in questo caso dettagliatissime, sapientemente congeniate e splendide da vedere e da giocare. Il Frostbite si è dimostrato ancora una volta, quasi a voler rimarcare la sua bontà, un motore eccellente sia per resa visiva che per interattività ambientale: vedere crollare praticamente ogni cosa sotto i colpi di cannoni e mortai è di una bellezza ancora unica. Anche a livello di gameplay ci sono davvero pochissimi punti da criticare: come scritto in passato riproporre in maniera digitalmente interessante un conflitto logorante come la Prima Guerra Mondiale era un’impresa davvero impossibile, ma pur al netto delle sue palesi licenze non si può non lodare quanto fatto da DICE. La pesantezza delle armi ed il gunplay si allontanano in maniera marcata dai ritmi a cui ci hanno ormai abbandonato la maggioranza degli shooter mainstream, sposando una pesantezza ed una ruvidità che sarà difficile non apprezzare. Gli stessi veicoli sono solo rozze e spartane controfigure di quelli che siamo soliti controllare negli episodi più moderni, ma non per questo sono privi di una loro logica e di una rudimentale bellezza. La relativa arretratezza tecnologica degli strumenti bellici utilizzati nel conflitto si riflette anche sugli armamenti a disposizione, adesso presenti in numero ristretto ma proprio per questo maggiormente differenziati tra loro. A fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta saranno, però, il lavoro di squadra e la coordinazione tra i suoi membri. Sia che si scelga di cimentarsi in scontri tra 40 o 64 giocatori, tutti saranno divisi in micro gruppi, scelta utile per garantire punti di respawn più dinamici oltre che per favorire l’ideazione di piani di attacco sorretti da una certa coralità. Sarà inoltre opportuno bilanciare la presenza delle specializzazioni all’interno della squadra, di modo da avere un corretto equilibrio tra Medici, Assaltatori, Scout e truppe di Supporto. Chiude il pacchetto multiplayer la seconda novità introdotta da Battlefield 1, ovvero Piccioni da Guerra, versione rivista e decisamente più dinamica del classico Cattura la Bandiera. Scopo delle partite sarà quella di individuare il volatile in questione, recuperarlo e proteggere il portare fino a che non sia stato scritto il messaggio da consegnare all’artiglieria pesante. I match sono decisamente più snelli e rapidi di quelli visti in Operazioni, ma non per questo sono risultati meno divertenti.
Sanguinaria bellezza
In un momento tecnologico in cui ci si stropiccia gli occhi al cospetto dei più moderni schermi Ultra HD, viene quasi da accogliere con disprezzo la scelta di adottare una risoluzione dinamica in questo Battlefield 1. Peccato poi che accendi la console, parte le prima sequenza giocata ed arriva rampante il Frostbite a prendere a schiaffi i nostri occhi oramai sin troppo schizzinosi. Inutile girarci intorno: qualunque sia la sua risoluzione il titolo DICE è un continuo orgasmo per i nostri bulbi oculari. Mettere su schermo un’ambientazione così ricca e visivamente impressionante è un’impresa che ha del miracoloso, considerando gli hardware che abbiamo attualmente a disposizione. Pur al netto di qualche minimo e superficiale calo di frame, il motore del team scandinavo si è dimostrato ancora una volta al top. Animazioni fantastiche, resa delle superfici convincente, particellari ed effetti atmosferici dinamici fuori parametro: si può chiedere di più? Sì, basta prestare orecchio al comparto audio che, oltre a vantare una colonna sonora azzeccatissima, è nella resa degli effetti ambientali che raggiunge le vette dell’eccellenza: giocate il tutto con impianto audio adeguato (od un paio di buone cuffie) e capirete di cosa sto parlando.
Era dura riprendersi dopo due capitoli decisamente controversi come gli ultimi piazzati sul mercato, figli di una rincorsa alla concorrenza che aveva finito per scontentare tutti. Eppure con Battlefield 1 DICE sembra aver decisamente ritrovato la strada di casa, proponendo uno shooter finalmente dotato di una propria e ben decisa identità. Ad un comparto multiplayer che affonda profondamente le sue radici in un gameplay quanto mai interessante ed in parte unico, si affianca una campagna che, pur al netto della sua esigua durata, è molto di più di un semplice riempitivo secondario. Certo, se solo avesse avuto le stesse attenzioni riservate al multiplayer staremmo parlando di uno dei FPS più completi mai realizzati, ma già così ci sono molti motivi per iniziare a respirare fango e sangue.