Recensione Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key
di: Simone CantiniNon c’è due senza tre, e il quarto vien da sé recita un vecchio adagio, che però pare non adattarsi molto bene ad Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key, che con questo capitolo segna la fine delle avventure della nostra alchimista preferita. Che Gust ci avesse preso gust-o (perdonate l’orrido gioco di parole) ad infrangere i dogmi, comunque, era già emerso in avvio di trilogia, che proprio per la sua triplice natura era andata ad interrompere la consuetudine della serie Atelier, celebre per il carattere episodico one shot, con cambio di setting e personaggi ad ogni sua nuova iterazione. E così, dopo un percorso durato qualche anno, siamo pronti a salutare Ryza, Klaudia, Tao, Lent e compagni, in attesa di rivederli in azione nella serie animata già annunciata, segno evidente di come il nuovo corso della serie abbia iniziato finalmente ad uscire dalla sua consueta comfort zone di nicchia.
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L’isola che c’è
Un anno è passato da quando Ryza ha salutato il piccolo Fi, in seguito al suo ritorno nell’Underworld ed alla chiusura del portale responsabile dell’invasione dei letali Philuscha. Per Kurken Island ed i suoi abitanti, però, sembra non esserci spazio per un minimo di tranquillità, dato che una serie di misteriose isole sono da pochissimo comparse all’interno del lago che la circonda, ovviamente con il loro bravo carico di minacciose creature. Cosa può mai celarsi dietro questa improvvisa comparsa, responsabile, tra le altre cose, di numerosi fastidi alle rotte commerciali che regolano gli scambi tra il villaggio di Rasenboden ed il mondo esterno? Inutile dire come l’estate che si avvicina si prospetti carica di nuove avventure per Ryza e compagni che, in occasione dell’ennesima riunione, si troveranno al solito immersi in un nuovo mistero, che saranno chiamati a risolvere ancora una volta senza troppa urgenza, seguendo lo stesso mood che la trilogia (e la serie stessa) sono riusciti a trasmettere nel corso degli anni. Priva della classica urgenza cara ai jrpg, e caratterizzata prevalentemente dai suoi raccordi narrativi in perfetto stile slice of life, la sceneggiatura di Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key si dipana con estrema placidità sotto gli occhi del giocatore, adagiandosi forse un po’ troppo sulla sua eccessiva verbosità (a tratti assai ridondante), relegando i sussulti maggiori ancora una volta in dirittura d’arrivo. Un racconto che, per ritmo e tematiche, si incastra alla perfezione all’interno dell’arco narrativo della giovane alchimista, ma che dopo due capitoli dai toni assai dilatati e rilassati, visto che ci troviamo in presenza del capitolo conclusivo, avrebbe forse meritato una piccola spinta finale, in grado di chiudere con i classici botti il tutto. Quello che ci troviamo tra le mani, pertanto, è un episodio che ricalca in tutto e per tutto lo stile dei precedenti capitoli, mostrandoci ancora una volta un cast di personaggi azzeccatissimo, sia per quanto riguarda le vecchie che le nuove conoscenze, forte di un processo di crescita degli elementi cardine che va a completare in maniera armonica e coerente lo sviluppo degli attori principali. Certo, non mancano gli stereotipi cari al genere, ma i vari cliché riescono comunque ad essere mitigati dall’ottima caratterizzazione generale che, soprattutto per i fan della prima ora, non potranno che rendere l’addio a questo gruppo ancora più amaro di quanto non sia. Proprio questa sua natura da chiusura di un cerchio, rende Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key una produzione non troppo adatta a chi sceglie di avvicinarsi oggi alla saga, a dispetto del carattere autoconclusivo della vicenda, a causa dei numerosi rimandi a vicende passate che, per quanto non indispensabili alla comprensione generale, finiscono per contribuire in modo assai marcato alla caratterizzazione complessiva del tutto, rendendo di fatto meno leggibile ai neofiti il quadro generale. Ovviamente ciò non si traduce in un gettare in medias res il player, data la presenza di una generosa mole di tutorial, oltre ad un esaustivo filmato riepilogativo delle vicende passate, ma è evidente come questa terza iterazione sia strutturata per venire incontro prevalentemente agli aficionados di Ryza e compagni.
Il fascino della lotta
Data la formula vincente alla base della trilogia di cui Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key rappresenta la chiusura, sarebbe stato sciocco da parte di Gust modificarne l’ossatura ludica. Ecco, quindi, che il titolo si presenta all’appello come una sorta di best of delle idee messe sul piatto nel corso di questi ultimi anni, con il team che si è preoccupato semplicemente di smussare ulteriormente i piccoli spigoli che ne caratterizzavano le fondamenta. I vecchi giocatori, pertanto, si troveranno sin da subito a loro agio, ritrovando nel gioco le meccaniche già ampiamente metabolizzate, adesso riproposte in maniera ancora più snella ed efficace. I combattimenti, per quanto non stravolti, risultano maggiormente dinamici e spettacolari, scanditi sempre dalla simil ATB legata a ciascuno dei tre personaggi giocabili, di cui uno controllabile direttamente dal giocatore (con la consueta possibilità di switchare tra gli altri in qualsiasi momento). La natura action degli scontri, per quanto sempre a turni, ci richiederà ancora una volta di accumulare punti azione tramite gli attacchi corpo a corpo base, punti che potranno poi essere spesi per attivare le abilità uniche di ciascun combattente. Il sistema è immediato e reattivo e, complice anche la possibilità di chiamare in azione uno dei due character di backup presenti nel party in chiusura di combo, ci consentirà di concatenare un ingente numero di fendenti, così da avere la meglio sugli avversari più ostici. A corollario di tutto tornano i consueti consumabili infiniti (ovviamente da creare per mezzo dell’alchimia), le special del party attivabili dopo aver soddisfatto specifiche richieste e molto altro, in grado di dare vita ad un combat system tanto efficace da gestire, quanto spettacolare da vedere in azione. Giunge immutato nella sua essenza anche l’indispensabile sistema alchemico, che una volta raccolti i vari materiali disseminati lungo le aree di gioco, ed aver appreso le differenti ricette, ci permetterà di creare tutto quello che serve per equipaggiare al meglio i nostri eroi, oltre a sbloccare determinati settori dell’avventura. Il meccanismo è intuitivo e ricalca in tutto e per tutto quanto visto in passato: tramite un semplice schema non dovremo fare altro che aggiungere gli ingredienti, stando attenti all’effetto che vorremo ottenere e, magari, sbloccando tramite tale processo anche nuovi elementi di creazione. Chi da sempre ama tale meccanica, una costante della saga Atelier, passerà ore a sperimentare e limare le sconfinate possibilità offerte, ma per i più pigri non mancherà anche un pratico sistema di crafting automatico, in grado di velocizzare a tutto tondo il processo. A voler essere pignoli, nonostante l’esperienza accumulata, permane una certa cripticità di fondo in merito a determinate creazioni, con il gioco che si comporta in maniera sin troppo sibillina: da questo punto di vista ci saremmo aspettati un’inversione di tendenza da parte di Gust.
Aprirsi al mondo
Laddove Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key compie una netta operazione di rottura con il passato, è in merito alla costruzione del mondo di gioco, adesso non più strutturato per macro aree separate tra di loro, ma costruito attorno ad un’ossatura di stampo open world. Sarà possibile, difatti, avanzare lungo le differenti zone senza soluzione di continuità, cancellando di fatto i vari caricamenti ed abbracciando un incedere decisamente più fluido. Questo si è, inoltre, tradotto in un incremento sensibile dell’estensione della mappa globale, situazione che ha portato anche all’introduzione della possibilità di creare più di un singolo atelier, al quale sarà possibile ritornare, in qualsiasi momento, semplicemente accedendo alla mappa di zona. Lo stesso fast travel ha adesso un ruolo di spicco, data la sua attivazione possibile sin dalle battute iniziali che, unito alla presenza di numerosi checkpoint, rende meno tediosi gli spostamenti ed il completamento di determinate missioni. Queste, in aggiunta alla corposa main quest, alle canoniche side quest e alle digressioni narrative utili a sviluppare il background del cast, vanno ad arricchirsi di missioni generate in maniera randomica, situazione che arricchisce anche il semplice avanzare dal punto A al punto B con qualcosa da fare. Certo, tali incarichi non brillano per originalità, e ci richiederanno quasi sempre di reperire un determinato numero di materiali, oppure di sconfiggere peculiari nemici, ma visto che altrettanto spesso ci ricompenseranno con preziosi punti, da spendere nello skill tree alchemico, meritano quasi sempre un’occasione. A chiudere il cerchio delle novità, troveremo inoltre le chiavi a cui si accenna già nel titolo della produzione che, oltre a ricoprire un ruolo importante in quanto a trama, avranno un ruolo attivo anche lato gameplay. Queste potranno essere create in prossimità dei vari luoghi di interesse disseminati nella mappa di gioco, oltre che assorbite da nemici in procinto di essere sconfitti, e rappresentano dei veri e propri consumabili, in grado di fornire svariati effetti bonus, se impiegate in combattimento. Oltre ai vari boost, utilissimi in occasione dei gli scontri più ostici, se equipaggiate andranno anche a fornire effetti passivi, oltre a permetterci di sbloccare determinati percorsi alternativi nelle varie aree.
Soldi maledetti!
Laddove gli anni trascorsi tra il primo capitolo e questo Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key risultano meno avvertibili, è per quanto riguarda il mero aspetto tecnico della produzione, che con questo capitolo conclusivo si porta in dote una risicata mole di migliorie. L’impatto estetico, al netto di una palette cromatica sgargiante ed azzeccata, tradisce al solito il budget ridotto a cui ha avuto accesso Gust, che si traduce in un riciclo spasmodico di asset, oltre a geometrie a tratti dimenticabili, soprattutto per quanto riguarda le aree esterne alle zone urbane. Le stesse texture tradiscono a tratti una realizzazione sin troppo altalenante, così come le varie animazioni in-game, che risultano ancora una volta sin troppo scollate tra di loro, oltre che dannatamente meccaniche nel loro insieme. La situazione migliora per quanto riguarda i modelli dei vari personaggi, direzione in cui è palese siano stati convogliati i maggiori sforzi creativi del team: al di là di Ryza, ancora una volta deliziosa in ogni suo aspetto, anche gli altri godono di una cura realizzativa encomiabile, così da dare vita ad un cast a cui viene facile affezionarsi già dopo pochissime ore di gioco. In tal senso sarebbe sciocco negare la spruzzata abbondante di puro fan service che gestisce la regia generale, con numerose inquadrature che non si vergognano di indugiare sulle generose forme della nostra protagonista. Ma sono giapponesi, e ci piacciono anche per questo. Ottimo, al solito, il doppiaggio in lingua giapponese, anche se continua a latitare la localizzazione testuale nella nostra lingua: e vista la verbosità eccessiva del tutto, il suo inserimento non avrebbe certo guastato. Senza infamia e senza lode la colonna sonora, caratterizzata (al pari del risicato bestiario nemico) da un riciclo di melodie forse sin troppo eccessivo, con le nuove tracce che non riescono ad emergere nella piattezza generale.
Sarò sincero, pur avendo apprezzato sin dall’esordio l’ultima alchimista di casa Gust, mi sarei aspettato un deciso colpo di coda da Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key, capace di chiudere con un guizzo più marcato la trilogia dedicata alla deliziosa eroina. L’ultimo jrpg del team nipponico non è certo un titolo disprezzabile, anzi, rappresenta senza dubbio l’opera più matura e rifinita in fatto di meccaniche, elemento indubbiamente da non sottovalutare. Quello che si può imputare al lavoro, pertanto, è un pizzico in più di coraggio per quanto riguarda il ritmo generale e la presa della sceneggiatura, elementi che alla fine dei giochi si sono rivelati troppo simili a quanto già giocato nei due capitoli precedenti. Verboso ed eccessivamente rilassato, il titolo Gust saprà deliziare comunque i fan del brand, grazie ad un gameplay solido ed appagante, le cui vicende di contorno, però, risultano sin troppo simili a quanto già giocato nel recente passato.