Recensione Army of TWO: The Devils Cartel
La conquista di un posto nell’Olimpo degli action shooter non è un affare semplice, la concorrenza è spietata e la scelta di utilizzare un brand che ha fatto registrare in passato giudizi non del tutto unanimi e non univocamente positivi, può essere azzardata. EA, tuttavia, ci riprova con Army of Two: The Devil's Cartel, un titolo controverso che conserva l’unica certezza legata alla serie, ovvero di essere dannatamente divertente nella modalità cooperativa.
Determinati e implacabili, con lo stesso armamentario di chi ha deciso di scatenare da solo un conflitto mondiale su scala ridotta, i mercenari del gruppo T.W.O. partono nuovamente in missione.
di: Giovanni "Abari" Pinizzotto
La conquista di un posto nell’Olimpo degli action shooter non è un affare semplice, la concorrenza è spietata e la scelta di utilizzare un brand che ha fatto registrare in passato giudizi non del tutto unanimi e non univocamente positivi, può essere azzardata. EA, tuttavia, ci riprova con Army of Two: The Devil’s Cartel, un titolo controverso che conserva l’unica certezza legata alla serie, ovvero di essere dannatamente divertente nella modalità cooperativa.
Determinati e implacabili, con lo stesso armamentario di chi ha deciso di scatenare da solo un conflitto mondiale su scala ridotta, i mercenari del gruppo T.W.O. partono nuovamente in missione.
Alpha&Bravo
A base del progetto e dell’idea originale c’è ancora l’intenzione di trascinare il giocare all’interno di una compagnia d’assalto indipendente, impegnata in prima linea dove la necessitá e il denaro conducono. Soldati di ventura addestrati a guardare in faccia la morte attraverso le feritoie di una maschera combatteranno, stavolta, contro il pericolosissimo cartello della droga sudamericano. Fatta questa breve premessa, ecco che le aspettative schizzano irrimediabilmente alle stelle, gonfiando l’entusiasmo e aumentando la speranza di trovare una storia solida, dei personaggi carismatici e colpi di scena al cardiopalmo.
Alpha e Bravo saranno i nuovi protagonisti dell’azione, purtroppo stereotipo di due mercenari fin troppo “comuni”. Nessun riferimento viene fatto al loro passato ed entrambi appaiono carismatici come “il burro d’arachidi”, tanto da non distinguersi e da essere, piuttosto, assolutamente insignificanti rispetto agli altri membri della squadra.
Tutti per uno, uno per tutti, si parte senza identità, scopo, obiettivo o traccia narrativa da seguire, ma con tante munizioni a disposizione.
Piove sangue in Messico
Giunti a destinazione nel luogo delle operazione, si inizia a fare sul serio. Entrando nel vivo dell’azione si scopre un ottimo sistema di combattimento e la possibilità di sfruttare al meglio svariati punti di riparo, con in aggiunta l’onnipotenza di esercitare una forza distruttiva senza eguali verso tutto ciò (o quasi) che ci si para davanti, veicoli e silos di combustibile compresi. Fasi di checchinaggio, incursioni e strategie per affrontare al meglio gli assedi, non mancheranno durante tutta l’esperienza di gioco, soprattutto in ambito cooperativo. Ottimi sia il sistema di autosalvataggio, con parecchi checkpoint sapientemente disseminati nelle diverse aree, sia l’introduzione di nuove tecniche di guerriglia, come la spettacolare modalità Overkill, attivabile grazie ad una barra di caricamento che si ricarica ad ogni uccisione. Nei momenti di maggiore affollamento sullo schermo, si avrà come la sensazione di non riuscire a direzionare bene il puntatore rimanendo, così, in balia delle raffiche nemiche provenienti da tutte le parti. In guerra, poi, la gittata delle armi e la potenza di fuoco determinano un ruolo fondamentale per l’esito dello scontro e trovarsi, spesso, a non poter apprezzare tali differenze, malgrado varie armi imbracciate, svilisce non poco l’aspetto tattico. Una doverosa menzione va fatta alla personalizzazione dei personaggi. E’ praticamente possibile trasformarli completamente, fruendo di una miriade dicustomizzazioni che non si fermano solo all’armamentario, ma andranno ad incidere in modo decisivo anche, e soprattutto, sull’aspetto fisico di ogni mercenario. Stanchi della solita maschera, dei tatuaggi, delle mimetiche e delle armi di default, basterà spendere un po’ del denaro accumulato tra una missione e l’altra per dare nuovo lustro alla squadra.
Tuttii aspetti interessanti, non c’è dubbio, ma al di fuori di queste apprezzabili “chicche”, rimane il fatto che giocare da soli rappresenta un’esperienza decisamente noiosa e fiacca. La I.A. dei compagni di squadra non è malvagia, ma quella della controparte è paragonabile al Q.I. di un esercito lobotomizzato che avanza in marcia composta di fronte a bocche di fuoco ben fornite e pronte ad eseguirne la spianatura. Perché tutto questo? La domanda sorge spontanea, ma la risposta non trova, purtroppo, soddisfazione. Non ci si aspetti, quindi, una difficoltà eccessiva nella conduzione dei conflitti a fuoco, è fin troppo semplice avere la meglio e completare tutte le missioni disponibili, senza affanno e in breve tempo.
Maschere di morte
Dal punto di visto grafico si apprezza, almeno sulla carta, lo sforzo degli sviluppatori nel voler migliorare quanto più possibile il risultato finale. Non appena avviato il gioco, infatti, verrà subito richiesta l’installazione facoltativa di un miglioramento grafico per una maggiore definizione dei modelli poligonali e degli scenari. Circa 1,5 gigabyte scaraventati sul supporto fisico della povera console, con il magro risultato di non avere, in realtà, nulla di tangibile da far apprezzare concretamente. Le caratterizzazione dei singoli mercenari e dei contrabbandieri non brillano per particolare originalità e cura, fatta eccezione per l’ottima riuscita delle maschere indossate da tutti gli incursionisti. Fortunatamente, gli sviluppatori hanno ben pensato di lasciare ampio spazio alla personalizzazione dei combattenti, seppur con l’inconveniente della poca definizione delletextures. Il motore grafico Frostbite 2 fa un discreto lavoro, ma non mantiene fede a quanto in verità ci si sarebbe aspettato, visti i risultati che è riuscito a raggiungere in altre occasioni. Il bug, purtroppo, è dietro l’angolo, così come la frustrazione del giocatore, che fa tristemente capolino molto spesso.
Matalo, matalo Cabrón!
Fatto un parziale bilancio, sembrerebbe quasi che Army of Two – The Devil’s Cartel sia destinato ad inabissarsi nel mare della mediocrità, senza riuscire a vedere all’orizzonte nemmeno un lembo di speranza che lo conduca, almeno, alla sufficienza.
Accantonati i diversi innegabili difetti, in verità, il titolo può contare su di un’ancora di salvezza a cui appigliarsi, rappresentata dal comparto multiplayer. Proprio la fase cooperativa é il fulcro dell’intero titolo, tanto che giocare in compagnia, sia online che in locale, diventa, senza troppi giri di parole, un’esperienza davvero divertente.
Gestire l’azione insieme ad altri giocatori, sparare in copertura con il proprio mercenario personalizzato a dovere, fa irrimediabilmente rivalutare un titolo che, altrimenti, sarebbe stato destinato ad una parabola discendente senza fine.
Peccato i tempi d’attesa necessari, a volte decisamente lunghi, per trovare un partner online con cui affrontare la missione, da attribuire al numero esiguo di giocatori presenti, non di certo ad un problema della gestione dei server.
Musiche ed effetti sonori sono perfettamente in linea con quanto proposto da altri titoli del genere.
The End
Army of Two – The Devil’s Cartel si butta nella mischia degli sparatutto e prova a fare “a spallate” con i mostri sacri del genere, spoglio della sua corazza di gioco irriverente, ma ancora una volta ben trincerato dietro lo scudo di un ottimo comparto multiplayer.
Quel che di buono in passato era stato fatto viene spazzato via da un colpo di spugna che avrebbe dovuto, invece, correggere le imperfezioni, piuttosto che aggiungerne altre. Passi la mancanza di una trama inconsistente, peccato veniale in giochi del genere, appaiono davvero imperdonabili, invece, sia l’assenza di un eroe carismatico con cui identificarsi che la totale indeterminatezza di un obiettivo da rincorrere fino alla fine. Si passa da un’area all’altra sparando, facendo esplodere autoveicoli e creando solo una gran confusione tra venditori di morte e militari corrotti, in modo disordinato e ripetitivo. Tale approccio acquista un senso solo quando l’azione viene condivisa con altri giocatori in carne ed ossa, alla ricerca di qualche ora di serio divertimento.
La modalità cooperativa rimane, quindi, l’unica componente dell’intero gioco realmente azzeccata, data la scarsità dell’avventura in single player, ma da sola non basta a sorreggere il peso di tante (troppe) mancanze e scelte azzardate.
Intendiamoci, nel complesso, non è nemmeno un pessimo gioco, malgrado bug e imperfezioni grafiche, ma non riesce assolutamente ad eguagliare il livello dei diretti competitors più illustri.
Chiunque abbia a disposizione amici con cui condividere la stessa passione per gli sparatutto giocati in modalità cooperativa, farebbe bene a tenere in considerazione la possibilità di far finire questo titolo nella sua personale collezione, mentre tutti gli altri, possono serenamente volgere lo sguardo altrove.