Recensione Anarchy Reigns
Con un ritardo che definire colpevole è decisamente un eufemismo, lo scorso 11 gennaio il travagliato (almeno in occidente) Anarchy Reigns ha fatto il suo esordio fuori dai confini nipponici in cui era stato, fino ad allora, ingiustamente relegato. Fortunatamente, ad indorare l’amara pillola ai fan occidentali, da mesi bramosi di mettere la mani su questa nuova creazione di Platinum Games, giungono in soccorso un prezzo budget ed una serie di contenuti esclusivi destinati ai più che pazienti player nostrani. Ma andiamo con ordine e vediamo cosa ci propone stavolta il team capitanato da Atsushi Inaba.
di: Simone CantiniCon un ritardo che definire colpevole è decisamente un eufemismo, lo scorso 11 gennaio il travagliato (almeno in occidente) Anarchy Reigns ha fatto il suo esordio fuori dai confini nipponici in cui era stato, fino ad allora, ingiustamente relegato. Fortunatamente, ad indorare l’amara pillola ai fan occidentali, da mesi bramosi di mettere la mani su questa nuova creazione di Platinum Games, giungono in soccorso un prezzo budget ed una serie di contenuti esclusivi destinati ai più che pazienti player nostrani. Ma andiamo con ordine e vediamo cosa ci propone stavolta il team capitanato da Atsushi Inaba.
Vecchie conoscenze
Se avete avuto il piacere di giocare il particolare MadWord (uscito già da tempo su Wii), sicuramente non farete molta fatica a riconoscere il rude Jack Cayman, qui nuovamente protagonista delle vicende imbastite dal team nipponico. Il cacciatore di taglie è adesso alla ricerca di Maximiliam Caxton, membro in fuga del Dipartimento di Pubblica Sicurezza e responsabile della morte accidentale di sua figlia. Sulle tracce di Max, però, ci sono anche i componenti della sua ex squadra, tra i quali troviamo l’agile Leonhardt, l’altro personaggio giocabile all’interno dello story mode. Questo è in breve il canovaccio che accompagna gli 8 atti della modalità single player, divisi a metà fra Jack e Leo, che in un susseguirsi di situazioni purtroppo non molto ben amalgamate tra di loro finirà con il portarvi via non più di una manciata di ore prima di arrivare al suo fumoso epilogo. Ed è un peccato che le vicende poggino su basi narrative così esili, soprattutto alla luce di un cast di personaggi e di un setting molto curato ed interessante che, ne siamo sicuri, avrebbero meritato ben altra cura. Ma in fondo in un gioco in cui l’unico scopo è menare le mani i sottotesti impegnati sono quanto mai superflui.
Canonica anarchia
L’impostazione di gioco ricalca pesantemente quanto già visto in un qualsiasi esponente della serie Musou targata Koei Tecmo: abbiamo le nostre belle mappe, abbastanza ampie, popolate da orde di mutanti desiderosi di farci la pelle e che, ovviamente, dovremo mettere a tacere a suon di pugni e calci. All’inizio di ogni livello ci verrà chiesto di raggiungere un determinato punteggio, al fine di sbloccare la prima delle varie missioni che compongono ogni atto. Queste ultime, pur presentando occasionali variazioni sul tema, consisteranno tutte nel affrontare orde più o meno numerose di nemici, cercando di ottenere la miglior valutazione possibile, riuscendo così ad ottenere i punti necessari allo sblocco della missione successiva. Tutto qua, semplice semplice. Talvolta, a seconda degli eventi, ci verrà proposta l’opportunità di impiegare un personaggio differente da Leo o Jack, espediente che rende leggermente vario il progredire delle vicende, pur non rappresentando un vero e proprio picco creativo. Ad essere ben più complesso è, invece, il combat system che, come vuole la tradizione di Platinum Games, si è rivelato assai complesso e profondo, pur riuscendo a risultare facilmente assimilabile. Il numero di combo disponibili per ogni personaggio è decisamente corposo, pur impiegando due soli pulsanti di attacco. A complicare le cose, però, giungono una serie di attacchi speciali, utilizzabili impiegando uno dei succitati bottoni assieme al grilletto sinistro e la classica modalità furia che, previo il riempimento di un apposito indicatore, rende il personaggio invincibile per alcuni istanti e permette di infliggere danni maggiori. Non manca poi tutta una serie di consumabili che è possibile reperire girellando per i vari stage. Peccato che a rovinare il tutto intervenga la solita demenza artificiale che da sempre contraddistingue gli avversari presenti in simili tipologie di gioco: iKillseeker e tutti gli altri mutanti che saremo chiamati ad affrontare (eccezion fatta per alcuni boss) si sono rivelati essere semplicemente carne da macello, gestiti da routine comportamentali in grado unicamente di mandarli allo sbaraglio, privi di una qualsiasi intelligenza tattica. Un difetto non da poco, se non fosse che la modalità in singolo altro non è che un gigantesco tutorial, utile unicamente ad impratichire il giocatore nelle meccaniche di gioco ed a sbloccare i vari personaggi ed i perks utilizzabili nel più complesso multiplayer.
Di tutto di più
Che la modalità single player sia soltanto un piccolo antipasto di quello che Platinum Games ha preparato per i giocatori lo si evince non appena si accede alla sezione multigiocatore: che si scelga di iniziare una partita classificata o un più semplice match libero, non si può rimanere certo indifferenti al cospetto delle moltissime opzioni di gioco. A colpire più di tutti è senza dubbio la Battaglia Reale, una sorta di deathmatch tutti contro tutti capace di ospitare sino a 16 lottatori. Non mancano poi le classiche sfide a squadre, il cattura la bandiera, una simil orda cooperativa ed il Deathball, in cui saremo chiamati a depositare gigantesche sfere luminose all’interno di alcune ceste con lo scopo di raggiungere il punteggio più elevato. Ovviamente mentre saremo anche impegnati a menare le mani. Insomma, se amate trascorrere le ore online di sicuro non resterete delusi da Anarchy Reigns. Peccato che nel corso delle nostre prove i server europei si sono rivelati spesso quasi deserti, costringendoci ad aspettare talvolta un po’ troppo prima di scendere in battaglia. C’è da dire, però, che una volta iniziati gli scontri il netcode si è dimostrato assai valido, privo di un qualsiasi tentennamento, fattore che ci ha permesso di giocare in tutta scioltezza.
Un tuffo nel passato
Il primo impatto con l’estetica di Anarchy Reigns è quanto mai spiazzante, a causa di un tasso tecnico non proprio di primo piano. Gli ambienti di gioco non sono altro che banali contenitori di scazzottate, privi di una qualsiasi interazione ambientale (ad esclusione di alcuni elementi utilizzabili come armi) e caratterizzati da texture slavate e in bassa definizione. Poco ispirata anche la caratterizzazione di 4 ambienti di gioco che andremo a visitare nel corso della campagna che, se non si considera una lotta a bordo di una portaerei dismessa, difficilmente rimarranno impressi per originalità e qualità e a poco servono, sotto questo punto di vista, le varie altezze in cui sono suddivisi. Di ben altra fattura, invece, la caratterizzazione e l’animazione dei vari personaggi di gioco, ognuno dotato di una propria particolare identità e di un set di movenze ben definito. Nella media il doppiaggio, pregevole per quanto riguarda la resa di alcuni personaggi ma decisamente imbarazzante sotto altri punti di vista, primo fra tutti il non essere sempre perfettamente sincronizzato con il labiale dei vari personaggi. Lievemente più incisivo il versante musicale, costituito da un mix di brani decisamente in linea con lo stile tamarro di cui è permeato il lavoro Platinum Games.
Anche se lontano dai tecnicismi e dalla perfezione stilistica di Bayonetta (tra l’altro presente come personaggio multiplayer nella limited edition), Anarchy Reigns si inserisce perfettamente nel solco picchiaduristico tanto caro a Platinum Games, pur giungendo da noi molto in ritardo rispetto al suo esordio casalingo. Se amate le sfide multigiocatore online difficilmente resterete delusi dal gioco sviluppato dal team nipponico che, seppur non stravolgendo le meccaniche del genere musou, si è rivelato molto divertente e ben strutturato. Peccato per un comparto tecnico decisamente retrò ed una campagna in solitaria non ottimamente rifinita: sarebbe bastato poco per far sfiorare le vette dell’eccellenza a questa nuova avventura di Jack Cayman.