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Recensione Aliens: Dark Descent

di: Luca Saati

La saga di Alien ha sempre vissuto di alti e bassi sia in ambito cinematografico che videoludico, eppure resta sempre un punto fermo per i fan dell’horror fantascientifico. In ambito videoludico come dimenticare quel capolavoro di Alien Isolation che celebra il prossimo anno ben 10 anni, mentre facciamo finta che Colonial Marines non sia neanche esistito. Il più recente Fireteam Elite invece non ha forse trovato una quadra, ma sorvolando sui suoi difetti può regalare piacevoli ore di divertimento. E adesso eccoci alle prese con Aliens: Dark Descent che abbandona velleità più action per concentrarsi su ritmi di gioco più cerebrali che a tratti ci ha stupito per come ben si adattano alla saga di appartenenza.

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Protocollo Cerbero

Poteva mai la storia di Aliens: Dark Descent iniziare se non con uno Xenomorfo che sfugge al contenimento? Questo evento costringe Maeko Hayes, vice amministratrice della stazione spaziale, ad attivare il Protocollo Cerbero, una procedura di contenimento che prevede la distruzione di tutte le navi spaziali che sono state a contatto con la stazione spaziale. Tra queste troviamo l’USS Otago che si schianta sul pianeta Lethe. Proprio un gruppo di Colonial Marines di questa navicella spaziale salvano Hayes che, una volta raggiunta l’Otago, vuole sventare la minaccia degli Xenomorfi che ha invaso il pianeta.

La storia di Aliens: Dark Descent convince innanzitutto grazie al suo profondo rispetto nei confronti dell’universo di appartenenza. Pur non offrendo niente di veramente nuovo o particolari colpi di scena, il plot imbastito dal team francese di Tindalos Interactive scorre con grande piacevolezza per tutte e 13 le missioni richieste per arrivare completare la campagna. La longevità varierà dalla vostra bravura nel completare ciascuna missione, ma diciamo che impiegherete non meno di 15 ore e con molta probabilità supererete tranquillamente le 20 ore.

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Terrore in tempo reale

Non scambiate Aliens: Dark Descent per uno XCOM ambientato nell’universo degli Xenomorfi, poiché l’opera di Tindalos Interactive non presenta un sistema a turni ma ne preferisce uno in tempo reale. Inoltre se in XCOM si possono impartire singolarmente ordini a ciasun soldato, in Dark Descent la squadra si controlla come un’unica entità che attacca automaticamente i nemici nel proprio campo visivo una volta scattato l’allarme, altrimenti procederanno con un approccio stealth che, vista la letalità degli Xenomorfi è altamente consigliato ove possibile.

Aliens: Dark Descent non è un gioco semplice o uno in cui buttarsi a capofitto nella mischia, tutt’altro. Innanzitutto correre non porterà a niente in quanto i marines non saranno in grado di sparare a differenza della camminata che consente loro di muoversi (piano) e sparare ai nemici. E poi c’è da dire che la difficoltà tarata verso l’alto anche a livello normale e richiede di approcciarsi con impegno, pensare ogni singola mossa e sfruttare tutte le possibilità offerte tra abilità, gadget e così via. Da questo punto di vista bisogna fare un plauso al team di Tindalos Interactive che è stato in grado di riportare anche nel gameplay l’atmosfera che si respira nella saga cinematografica in una formula inedita considerando che ci ritroviamo dinanzi a uno strategico in tempo reale con visuale dall’alto e non un horror in prima persona come Isolation in cui è più facile ricreare quelle sensazioni e immergersi. C’è però anche da dire che proprio la difficoltà rappresenta una croce e delizia dell’intera esperienza di gioco diventando a tratti frustante a causa di un bilanciamento tutt’altro che calibrato e della mancanza di un salvataggio manuale che può costringere a ripetere sessioni piuttosto lunghe.

E poi c’è il discorso controlli con la versione console che soffre un po’ della completezza della coppia mouse e tastiera tipica del genere su PC. L’interfaccia e la mappatura dei controlli col pad non sempre risultano intuitivi e in un gioco in cui serve una certa velocità e prontezza di riflessi non è proprio il massimo. La possibilità di rallentare il tempo per attivare eventualmente le abilità riesce almeno in parte a colmare questo problema, ma in generale si poteva fare molto di più e neanche dopo diverse ore di gioco siamo riusciti ad abituarci del tutto.

Che stress!

Ci sarebbe molto da dire su Aliens: Dark Descent una volta che scopre tutte le sue carte. Innanzitutto sappiate che non vi limiterete ad affrontare le varie razze di Xenomorfi viste nei film, ma anche degli essere umani che fanno parte di uno strano culto che venera gli alieni con conseguenze sul cambio di gameplay. Da una parte abbiamo gli alieni che cercano gli attacchi corpo a corpo e dovrete tenerli a debita distanza dato che colpirli gli fa perdere acido che danneggia i marines, dall’altra abbiamo gli umani che tendenzialmente vi attaccano a distanza richiedendovi di sfruttare le coperture poste nello scenario. Nel caso degli umani segnaliamo però un’intelligenza artificiale piuttosto scarna che non tenta di aggirarvi o di sfruttare qualche tattica più avanzata. Bene invece gli xenomorfi che non si limitano a muoversi in linea retta per venire incontro ai soldati ma si muovono a zig zag cercando di evitare i proiettili e i colpi letali del fucile a pompa.

Durante ogni missione risulta fondamentale gestire il livello di stress dei marines che sale mano a mano durante gli scontri. Una volta arrivato al 100% ciascun soldato ottiene il primo debuff che varia in base alla sua personalità, fino a un massimo di tre. Quando il livello di stress arriva tre volte al 100% i marines perdono il loro self-control e vanno in panico con evidenti limiti durante gli scontri. Per evitare di arrivare a questo punto conviene quindi far riposare la squadra nel corso della missione in apposite stanze dopo aver saldato le porte. Saldare le porte richiede la spesa di un punto azione, bisogna quindi imparare a gestire questa meccanica e non abusarne poiché i punti non sono infiniti anche se se ne trovano altri esplorando la mappa. Anche le munizioni, nonostante siano facilmente reperibili, possono finire vista la grande quantità di nemici da affrontare. Se proprio vi ritrovate senza risorse o in difficoltà con lo stress potrete sempre procedere all’estrazione della squadra, farla tornare alla base e riprendere la missione in un secondo momento.

La gestione dei propri marines è uno degli aspetti cruciali a cui dedicarsi alla base. Ciascun soldato parte a livello 1 ed ha una dotazione standard: un fucile d’assalto e una pistola come armi, una corazza e tre abilità, ovvero un colpo a distanza ravvicinata col fucile a pompa, il sensore di movimento da piazzare per attirare i nemici nelle vicinanze e infine il fuoco di copertura fondamentale per coprire un’area e rallentare tutti i nemici sotto tiro. Ma è avanzando di livello che le cose si fanno interessanti con le classi dei marines che consentono di sbloccare nuove abilità. Il medico fornisce cure migliori ai compagni, il ricognitore è una sorta di cecchino, il tecnico può sfruttare l’hacking, l’artigliere fornisce fuoco di supporto e infine il sergente è in grado di dare sicurezza alla squadra. Oltre alle abilità attive esclusive di ciascuna classe, ci sono anche una serie di abilità passive che offrono una serie di vantaggi extra. Tra l’altro è possibile anche far avanzare di livello i soldati allenandoli nella caserma. Ricordate però che nel gioco c’è il perma-death, quindi le morti di ogni marine saranno definitive e la tensione di perderne uno in qualsiasi momento durante una missione è sempre dietro l’angolo.

Alla base è anche presente un’officina in cui sbloccare nuove armi e una caserma in cui far allenare i propri uomini. Non manca ovviamente una struttura medica in cui prendersi cura delle ferite dei soldati e uno psicologo per abbassare i livelli di stress. C’è poi il laboratorio in cui effettuare ricerche sugli xenomorfi e infine il ponte di comando da cui far iniziare una missione. Mentre si è alla base possono anche avvenire eventi casuali che richiedono di prendere una decisione che può portare bonus o malus a seconda della situazione. Peccato che questi eventi casuali si limitino a un semplice muro di testo e non a piccole missioni generate proceduralmente in grado di arricchire ulteriormente l’esperienza di gioco.

Orrori nello spazio

È davvero un peccato che una struttura di gioco così solida, pur al netto di qualche difetto, non sia supportata da una componente tecnica all’altezza. Nonostante l’atmosfera trasmessa sia quella dei film, gli ambienti sono spogli e piuttosto ripetitivi, i modelli poligonali degli umani poco dettagliati in contrasto con gli xenomorfi davvero ben fatti. Sebbene durante il gameplay il tutto sia mitigato dalla visuale dall’alto e da un ottimo sistema d’illuminazione, durante le scene d’intermezzo vengono messi in mostra tutti i limiti della produzione. E poi ci sono i bug in cui siamo incappati, alcuni piuttosto fastidiosi che limitano la godibilità del gioco e che speriamo vengano risolti quanto prima.

Il sonoro invece si rivela essenziale nel ricreare la giusta atmosfera. I suoni tipici della saga cinematografica sono stati ricreati con cura a partire dal suono del sensore di movimento, fino agli effetti delle armi e i versi degli xenomorfi. Ottimi anche il doppiaggio in inglese (i testi sono in italiano) e la colonna sonora.

Commento finale

Aliens: Dark Descent è uno strategico in tempo reale spietato come gli xenomorfi (forse anche fin troppo spietato) che riesce a ricreare l’atmosfera horror che i fan della saga cinematografica conosceranno molto bene. Un gioco consigliato quindi sia ai fan di Alien che più in generale ai fan del genere, a patto di chiudere un occhio su alcuni difetti che non permettono all’opera di Tindalos Interactive di eccellere come avrebbe meritato.