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Recensione Alien: Isolation

Amanda Ripley, figlia della famosa Ellen, parte per una missione atta a scoprire cos'è successo alla madre, scomparsa parecchi anni fa. Eppure quando arriva aSevastopol, scopre di dover lottare per sopravvivere. Perché un alieno si aggira per la stazione spaziale, pronto a ucciderla.
Leggi la recensione di Alien: Isolation di Console-Tribe a cura di Giorgio "Nadim" Catania!

di: Simone Cantini

La paura è fugace. Uno spavento momentaneo, tanto rapido nel giungere quanto veloce nell’andarsene via. Non la si deve considerare necessariamente un male, perché spinge la gente a fare cose che altrimenti non farebbe mai. E, una volta passata, può strappare anche un sorriso, perché si capisce quanto provarla sia stata inutile.
Tuttavia capita che a volte la paura si trasformi in qualcosa di diverso, qualcosa di più profondo, qualcosa di più radicato. Ovvero il terrore. E il terrore, al contrario della paura, può paralizzare. Può spaventare a morte… anzi: può condurre alla morte. Il terrore è una minaccia per chiunque, perché da esso non si può fuggire facilmente. Ci si può tentare, ma non è detto che ci si riesca.
Questo Amanda Ripley lo sa molto bene. Perché in fondo lei, e non il terrore, è la protagonista di Alien: Isolationsurvival horror in prima persona sviluppato daThe Creative Assembly e pubblicato da SEGA. Gioco che, ci potete scommettere, terrorizza.

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…

Un tempo Ellen Ripley abbandonò la Nostromo in circostanze misteriose, attivando il sistema di autodistruzione della nave. Nessuno sa cosa la spinse a farlo. Nessuno sa dove lei sia. Nessuno sa se sia ancora viva. Eppure, dopo più di dieci anni dall’accadimento, la scatola nera della Nostromo è stata in qualche modo ritrovata. Adesso è custodita a Sevastopol, una delle tante stazioni spaziali disseminate nella galassia. E quando Amanda, la figlia della scomparsa Ellen, lo viene a sapere, decide di partire per lo spazio profondo. Perché vuole sapere cos’è successo alla madre. Perché vuole scoprire la verità.
Questo l’incipit, tanto semplice quanto intrigante, alla base di Alien: Isolation. Un inizio che riporta alla mente in più di un’occasione la leggendaria pellicola diRidley Scott. Non è un caso: gli artisti di The Creative Assembly hanno fatto di tutto per riprodurre, in questo titolo, l’atmosfera che si respirava nel film. Ecco quindi che i corridoi della Torrens, la nave con cui Amanda raggiunge Sevastopol, ricordano parecchio quelli della Nostromo. Computer con il medesimo aspetto retrò, apparecchiature ingombranti e rumorose, tute spaziali poco moderne ma a loro modo affascinanti.
Poi giunge la prima, ma prevedibile, svolta: Sevastopol è pesantemente danneggiata, con qualsiasi canale di comunicazione spento e un senso di isolamento che la circonda. Amanda e il resto dell’equipaggio della Torrens decidono di indagare, e qui cominciano i veri problemi. Perché all’interno di Sevastopol è scoppiato il caos. Dovuto alla presenza di un terribile e mortale alieno…

Fuggite, sciocchi!

Evitando di raccontare ulteriori dettagli della trama, vi basti sapere che non appena Amanda mette piede dentro Sevastopol, comincia una lotta continua e disperata per la sopravvivenza. Alien: Isolation infatti getta il giocatore nei panni della spaventata ragazza, offrendogli nient’altro che una spartana visuale in prima persona e semplici comandi per avanzare da un settore della stazione all’altro. Nient’altro… perlomeno non nelle prime fasi di gioco. Ad ogni modo, mano a mano che si procede per le zone di Sevastopol, si mettono le mani sopra vari apparecchi. Che servono per aprire, sbloccare e attivare le varie porte di sicurezza sparse qua e là, tutte sigillate accuratamente. E in meno che non si dica, ci si imbatte nelle prime minacce. Che, evitando di svelare troppo, si traducono in nemici che vogliono sbarazzarsi della sventurata protagonista. Le armi per fronteggiarli all’inizio sono praticamente assenti – e anche quando se ne trovano alcune, le si deve adoperare solo in extrema ratio. Per avanzare bisogna quindi aggirare ogni pericolo ricorrendo a nascondigli e a tanta furbizia. Adoperando quindi un sistema stealth tanto minimalista quanto funzionale: ci si nasconde dietro un nascondiglio, si avanza in un condotto di aerazione, si sfruttano i sistemi della stazione per creare diversivi… celarsi ad occhi malevoli si rivela sempre la soluzione migliore, soprattutto se il livello di difficoltà scelto è elevato – perché a morire ci si mette davvero un attimo.
Le cose, quando si metabolizzano queste meccaniche di base, cominciano a diventare semplici. Fino a quando non ci si imbatte inevitabilmente nell’alieno da cui la saga cinematografica, nonché il gioco in questione, prende il nome. Noto anche come xenomorfo: un essere letale, forte, rapido, silenzioso, intelligente, astuto. In altre parole un avversario troppo potente da fronteggiare in un faccia a faccia. Allo stesso tempo una creatura troppo scaltra per lasciarsi seminare con una improvvisata e disperata fuga. Se, quando ci si trova nella sua stessa stanza, si vuole sopravvivere a lui ci si deve nascondere. Per poi avanzare pian pianino. Per poi nascondersi ancora.
L’unica tattica che può aiutare a eluderlo è quella di ricorrere agli oggetti che si trovano nello scenario, o che si possono creare – tramite un sistema alquanto basilare ma intelligente. Cose tipo bengala o altre cianfrusaglie che attirino la sua attenzione. Insomma, bisogna avere inventiva. Ma attenzione: abusare di una strategia può mettere in guardia l’alieno, aiutarlo a individuare Amanda. In casi estremi ad ogni modo si può indurre uno scontro forzato tra l’alieno e gli altri avversari presenti in zona. Usando però il meno possibile le armi: fare rumore può rivelarsi controproducente.

Persi nello spazio

Alien: Isolation si rivela un survival horror in cui sia l’elemento della sopravvivenza che quello horror si fanno sentire in continuazione. Creare gli oggetti giusti, usare quelli opportuni, sfuggire ai nemici, attivare trappole, nascondersi… sono tutte costanti irrinunciabili del gioco. Gioco che non dura per nulla poco. E che spaventa in più di un’occasione. Perché avanzare corridoio dopo corridoio, sala dopo sala, sapendo di avere un micidiale alieno perennemente alle calcagna terrorizza. Soprattutto quando le variabili da tenere in conto per proseguire aumentano, e gli ostacoli che distraggono crescono di numero. Ovviamente qualche sessione in cui l’azione prevale c’è, ma è poca roba rispetto alle fasi in cui scappare è l’unica chance di sopravvivenza.
Intanto il tempo passa. In ambientazioni create con una cura quasi maniacale, pregne di dettagli familiari ai fan della serie. In cui si possono perfino trovare informazioni riguardanti la trama o gli avvenimenti precedenti all’arrivo di Amanda. Ma magari i meno attenti possono non accorgersi di queste chicche, presi come sono da minigiochi necessari per spalancare porte o dai suoni inquietanti che echeggiano in ogni dove. O dal semplice nascondersi a chi vuole morta la protagonista.
Insomma, l’attenzione che è stata riposta nel creare questi aspetti del gioco è davvero alta. Peccato che non tutti gli elementi siano stati curati allo stesso modo. In primis balza all’occhio una legnosità delle animazioni e dei modelli poligonali dei personaggi non giocanti, xenomorfo escluso. Che contrasta nettamente con la qualità eccelsa delle location, ricche di effetti di luce ottimi. Si passa poi a filmati di intermezzo dal framerate estremamente ballerino, che si rivela invece granitico durante le fasi di gioco. Si conclude con una serie di bug più o meno gravi, che giungono in maniera totalmente casuale. Su molti di questi si può chiudere un occhio, su altri (pochi, per fortuna) invece proprio no. Perché rimanere bloccati dopo nemmeno cinque minuti dall’inizio a causa di un evento che non si attivato è davvero fastidioso e ammazza l’atmosfera.

Nessuno può sentirti urlare

Alien: Isolation, nonostante qualche peccato veniale – dovuto probabilmente a un tempo di rilascio prematuro di qualche mese – è a conti fatti un gran bel gioco horror. Che un po’ riporta alla mente le atmosfere cupe e ostili di Outlast, un po’ quelle degradate e malinconiche di Bioshock, un po’ quelle desolate e opprimenti diDead Space 2. Il tutto in un gameplay che fa dell’intuitività quanto della profondità intrinseca i propri punti di forza.
Se giocare a nascondino con un alieno assassino è un’idea che vi intriga, non esitate e fate vostro Alien: Isolation, soprattutto se siete fan della saga. Altrimenti dategli un’occhiata e, se ne avete modo, provatelo. Potrebbe spaventarvi abbastanza da piacervi.