Recensioni

Recensione Aaru’s Awakening

Aaru’s Awakening è un platform come pochi se ne vedono. Ha uno stile grafico ricercato e curato come di rado capita di vedere, ma un comparto narrativo annacquato e un gameplay così ostico da risultare addirittura insopportabile, nelle sessioni più avanzate.
Quindi promosso o bocciato?
Scopritelo nella recensione di Console-Tribe a cura di Giorgio “Nadim” Catania!

di: Giorgio "Nadim" Catania

Una fratricida lotta tra divinità e il risveglio di un campione mitologico. Questo è il semplice incipit di Aaru’s Awakeningplatform uscito di recente nei negozi virtuali di PlayStation 4 e Xbox One. Un titolo diverso da quelli a cui noi giocatori siamo abituati. Che dalla sua ha un comparto grafico particolare e un gameplayalquanto inconsueto. Ma anche un sistema di controllo tanto minimalista quanto ostico da gestire. Insomma, un gioco che attira l’interesse di tanti, così come l’irritazione di chi non ha una la pazienza del giocatore hardcore.
Analizziamo però più nel dettaglio questo prodotto, per capire meglio se fa o meno al caso vostro.

L’eroe della luce mattutina

Il nostro eroe in Aaru’s Awakening è, appunto, Aaru. Una creatura dall’aspetto bizzarro, che possiede pochi ma incredibili poteri. Il suo obiettivo è quello di annientare le divinità sorelle, ma allo stesso tempo nemiche, di quella che lo ha svegliato dal suo profondo sonno, Alba. Il suo viaggio quindi lo porta in giro per terre desolate, irte di ostacoli e pericoli, abitate da esseri micidiali. Tutto quanto è colorato, vivace, totalmente bidimensionale. Disegnato a mano, qualità di questi tempi sempre apprezzata. E il pellegrinaggio è raccontato tramite semplici artwork e una voce narrante – inglese, con sottotitoli in inglese. Se la trama fosse stata più originale e interessante sarebbe stato un bene, però così come viene presentata risulta piuttosto prevedibile.
Ad ogni modo una volta superato un semplice e istruttivo tutorial, il giocatore deve darsi da fare. Per proseguire nei livelli scorrevoli che si susseguono uno dopo l’altro, può agire in soli due modi. Saltando, con un successivo scatto volante per superare le minacce e abbattere le barriere meno resistenti, oppure teletrasportandosi dove preferisce. Se il salto con seguente sprint può risultare talvolta arduo da direzionare, le difficoltà maggiori le si hanno quando ci si deve dislocare. Ma come funziona di preciso il teletrasporto? Semplice, per così dire… si ruota l’analogico destro per direzionare un mirino e con un tasto si lancia una sfera luminosa che segue la traiettoria scelta. La pallina, che si muove passando attraverso i pertugi più piccoli, rappresenta il punto di arrivo del teletrasporto. La pressione di un altro tasto comporta l’effettivo spostamento. Come se il nostro caro Aaru fosse un novello Nightcrawler. Con la differenza che Nightcrawler si teletrasporta dove vuole, quando vuole, con una semplicità allarmante. Aaru invece no, anzi: direzionare il suo teletrasporto quando ci sono mille minacce che incombono, specie nei livelli più avanzati, non risulta affatto alla portata di tutti. Serve infatti una precisione che con un controller non si può avere. Non sempre, perlomeno.
Queste due azioni, il salto e il teletrasporto, combinate permettono di avanzare nei vari livelli. Superando baratri, laghi di acido, nubi tossiche, scariche elettriche e tanto altro. Non solo. Tramite il teletrasporto si possono eliminare i pochi nemici in cui ci si imbatte: basta teletrasportarsi dentro di essi. Un’idea facile nella teoria, ma che richiede un certo tempismo e molta calma per essere realizzata. Come tutto il resto, d’altro canto. Perché basta un solo contatto con qualsiasi minaccia per far morire Aaru e farlo rinascere all’ultimo checkpoint raggiunto – ce ne sono tanti, per fortuna.
Alla fine di ogni serie di livelli si raggiunge quello del boss. Ma i vari boss nel gioco non sono dei veri e propri mostri da combattere a suon di cazzotti. Bensì delle aree chiuse, limitate, piene di minacce da cui scappare e di globi luminosi in cui teletrasportarsi per vincere gli “scontri”. Insomma, dei combattimenti metaforici, che servono per sbloccare le nuove zone, i nuovi livelli. Una soluzione interessante, seppur le meccaniche non sono sempre così immediate da comprendere.

Un mondo di colori, luci e ombre

Come già detto, Aaru’s Awakening è un gioco dalle tinte vivaci, bidimensionale, completamente disegnato a mano. Anche il protagonista e i nemici lo sono. E non è un caso che lo stile del gioco sia spanne sopra a quello di tanti altri. Ammirare i paesaggi che fanno da sfondo ai livelli è sempre un piacere. E le musiche che accompagnano il viaggio sono piacevoli da ascoltare.
Peccato che il bel lavoro stilistico compiuto venga intaccato da una giocabilità che fa di tutto per rendere al giocatore la vita complicata. Teletrasportarsi, saltare, correre… tutto facile su carta, ma mai così scontato da compiere quando ci sono trabocchetti, nemici e il tempo stesso a mettere il bastone tra le ruote del giocatore. All’inizio le difficoltà non sono affatto insormontabili, ma più si avanza e più il tutto diventa ingestibile. E le sessioni di gioco, che teoricamente sarebbero corte, diventano lunghe e, nei casi peggiori, fastidiose.
Il risultato quindi è un titolo bello da vedere ma non così facile da approcciare. Che chi è abituato alle sfide – Dark Souls e Bloodborne sono sempre dei nomi noti, in tal senso – può accettare e cercare di portare a termine. Ma che chi è solito alla vita rilassata non apprezzerà affatto.
Un peccato. O meglio, un’occasione sprecata.