Recensione 2Dark
di: Simone CantiniQuando puoi fregiarti di essere l’inventore del genere survival horror, qualsiasi cosa desiderino credere i fan della Umbrella, è chiaro che sai bene come mettere in piedi situazioni ricche di tensione e pathos, pur scegliendo di nasconderti dietro ad uno stile estetico volutamente minimale come quello di 2Dark. Sì, perché quando ci troviamo a parlare di Frédérick Raynal possiamo solo toglierci il cappello, pensando a quanta ansia si riuscito a veicolare lo sviluppatore transalpino grazie ad una manciata scarna di poligoni e all’inquietante magione di Derceto. Con buona pace di villa Spencer.
accettare i cookie con finalità di marketing.
Legami di sangue
Sono passati sette anni da quanto il detective Smith vide disintegrarsi sotto i sui occhi impotenti la propria famiglia: la moglie colpita a morte in quel sentiero boschivo ed i figli rapiti da un ignoto individuo. Oggi Smith è un uomo alla deriva, costretto a rinunciare anche al proprio lavoro, che si aggira nervoso e sfuggente per le cupe strade di Gloomywood in cerca di redenzione, le giornate scandite dalla frenetica ricerca di prove relative all’elevato numero di bambini della cittadina scomparsi, tra i quali si augura di ritrovare un giorno anche i propri figli. Le indagini iniziano presto a dare i loro sadici frutti, catapultando Smith in un turbinio di situazioni al limite del malsano che, tra infanti trattati come bestie ammaestrate, crudeli esperimenti ed altre barbare torture, mettono in scena una vicenda dai toni estremamente forti e che trovano nell’approccio grafico old school il loro unico elemento di freno. L’avventura di Smith, narrata attraverso il flusso di pensieri dello stesso protagonista, sarà suddivisa in vari livelli, ognuno dei quali ci vedrà chiamati a salvare tutti i bambini tenuti in ostaggio dagli psicopatici di turno e, contemporaneamente, a raccogliere indizi utili a compiere il prossimo passo. Ostico e scandito da una progressione trial and error che potrebbe scoraggiare i più, 2Dark si presenta come uno stealth game dalla difficoltà decisamente elevata, in cui il muoversi in silenzio ed il pianificare attentamente le proprie mosse potranno fare la differenza tra la vita e la morte. Studiare l’ambiente e i pattern degli avversari, sfruttare le ombre, evitando di lanciarsi in scontri frontali capaci di sancire il game over in una manciata di istanti, sarà quanto mai fondamentale. Ricorrere alle armi da fuoco, difatti, dovrà essere solo l’ultima delle nostre risorse, dato che oltre ad essere dannatamente scomode da usare, a causa di un sistema di mira non proprio reattivo e alla macchinosità dell’inventario (ci arriviamo a breve), queste saranno anche particolarmente rumorose e potrebbero allertare i nemici nelle vicinanze. Avvicinarsi di soppiatto, magari pugnalando alle spalle la vittima prima di occultarne il cadavere, sarà spesso la soluzione migliore, anche se non la sola. I vari livelli, difatti, presentano tutta una serie di variabili che è possibile sfruttare a nostro vantaggio, a patto di avere la sufficiente elasticità mentale: perché non svegliare con un rumore uno di quei leoni, per poi indirizzarli verso i tre sgherri posti a guardia dell’uscita? Altrimenti potremmo sfruttare il veleno per rendere definitivamente inoffensivo quel criminale buongustaio. Questi sono solo alcune delle possibilità garantite da 2Dark che però, data l’assenza di una qualsiasi forma di aiuto in-game, dovremo sperimentare sulla nostra pelle. Il silenzio sarà comunque il migliore dei nostri amici, che dovremo coccolare in maniera molto più marcata non appena avremo recuperati i bambini (non prima di averli ovviamente adescati con delle caramelle): spaventati, come è comprensibile, non sempre risponderanno agli ordini di Smith, al punto che potrebbero scoppiare a piangere se sottoposti alla vista di un cadavere, finendo così con l’allertare i nemici nascosti nelle vicinanze. Centellinare i propri passi, gestire la paura e limitare gli shock saranno altri aspetti che faremo bene a non sottovalutare, a meno che non si desideri concludere in maniera un po’ troppo brusca le nostre indagini.
Problemi logistici
La morte, ahinoi, sarà una compagna estremamente fedele, capace di accompagnarci passo dopo passo per tutta la durata dell’avventura, ma se è pur vero che il citato approccio trial and error sia uno dei motivi che maggiormente contribuiscono a rinsaldare questo legame, bisogna anche prendere in considerazione la bizzarra gestione dell’inventario. Il nostro Smith, come ogni essere umano che si rispetti, avrà a disposizione due mani, il cui contenuto potrà essere deciso utilizzando i due pulsanti dorsali. Il problema maggiore risiede nel doversi quasi sempre districare tra un numero consistente di oggetti, elemento che non potendo beneficiare della pausa in-game (alla Dark Souls per intenderci), rende talvolta complesso e difficoltoso utilizzare in tempi brevissimi gli oggetti di cui abbiamo bisogno: fidatevi che ritrovarvi senza proiettili mentre si viene caricati da un killer capace di incassare un caricatore senza battere ciglio, dovendo pure perdere tempo per combinare arma e pallottole per ricaricare, significa nel 99% dei casi morte certa. Queste difficoltà, nate da una bizzarra scelta di design, rappresentano senza dubbio il punto più debole di 2Dark, capaci di irritare irreparabilmente i meno avvezzi alla pazienza. E cedere al loro fascino sarebbe un peccato, perché finirebbe con il precludere un’esperienza stealth davvero avvincente e ben costruita, capace di regalare emozioni forti e tutt’altro che banali. E poco importa se lo stile grafico non sfrutta minimamente il potenziale dell’hardware current gen: vi basterà lasciarvi avvolgere dalla follia criminale architettata da Raynal per veder crollare ogni pretesa di fotorealismo.
2Dark non è certo un titolo per tutti, di sicuro non lo è per coloro che sono abituati alle esperienze capaci di viaggiare con il pilota automatico inserito. La produzione di Raynal è difficile, spietata, a tratti sadica: il giocatore viene lasciato in balia delle situazioni senza fornirgli il benché minimo appiglio apparente, lasciando volutamente sottotraccia ogni possibile soluzione. È qua però che risiede tutta la sua brillante genialità, capace di accontentare chi cerca una sfida stimolante e di certo non banale.