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Un ragazzo di 19 anni ha speso più di 10 mila dollari in microtransazioni

di: Luca Saati

Tra le tante discussioni che si stanno avendo sulle microtransazioni, particolarmente interessante è il report di Kotaku riguardante un ragazzo di 19 anni che ha speso oltre 10 mila dollari in microtransazioni e che si definisce un dipendente al gioco d’azzardo. E quando parla di gioco d’azzardo, lui non si riferisce a cose come il poker online, ma proprio alle microtransazioni. Il ragazzo ha condiviso con Kotaku i dettagli del suo acconto bancario rivelando di aver speso la bellezza di $13500.25 nelle microtransazioni di titoli come Counter-Strike: Global Offensive, Smite, and The Hobbit: Kindoms of Middle-earth da tre anni a questa parte.

Il 19enne ha scritto a Kotaku per denunciare la pericolosità dei sistemi di microtransazioni cercando di far aprire gli occhi sia a chi sviluppa videogiochi che a chi, come lui, utilizza gli acquisti in-game in modo eccessivo. Il tutto è iniziato nel 2013 quando all’età di 13 anni ha speso 30 dollari in Clash of Clans, spostandosi un anno dopo sull’ormai defunto gioco del Signore degli Anelli che puntava tantissimo sul grinding e sul pay-to-win con le microtransazioni. Secondo Kensgold (questo il nome fittizio utilizzato da Kotaku per identificare questa persona) le persone che si trovavano in cima alla leaderboard del gioco spendevano centinaia di dollari per stare lì (aiutando anche le persone delle loro gilde per non farle diventare un peso). Nell’estate del 2015 era arrivato a spendere circa 800 dollari nel gioco arrivando a poco più di 4 mila dollari se prendiamo anche titoli come Clash of Kings e Age of Warring Empire. All’epoca Kensgold aveva un lavoro part-time dove guadagnava tra i 300 e i 400 dollari ogni due settimane di cui il 90% spesi nel gioco de Lo Hobbit. I suoi genitori per fermarlo gli staccarono internet, ma lui li raggirò con la connessione 3G del suo smartphone e si trovò un secondo lavoro per alimentare la sua dipendenza. Quando nel 2016 il gioco passò nelle mani di una compagnia cinese che pubblicò alcuni aggiornamenti controversi, molti dei suoi amici abbandonarono il gioco e lui di conseguenza.

Da quel momento si spostò sul PC gaming spendendo soldi in Smite e Counter-Strike: Global Offensive per ottenere gli oggetti estetici. Come mai lo ha fatto trattandosi di giochi non pay-to-win? Kensgold afferma che ormai non riusciva più a controllarsi dimostrando quindi come l’essere pay-to-win o meno sia irrilevante per sviluppare una dipendenza. Vedeva un giocatore con un costume che non aveva ancora? Ecco che prendeva mano al portafogli per acquistare quell’oggetto. Il 19enne ha acquistato oltre 300 skin di Smite, sentendosi in colpa, è finito poi in alcuni giri legati al gioco d’azzardo di Counter-Stike Global Offensive. Adesso Kensgold ha smesso di giocare e si sta facendo aiutare da uno psicologo per combattere la sua dipendenza.