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Indiana Jones and the Great Circle: MachineGames sulla prima persona, la frusta e la storia

di: Luca Saati

Ieri è stato il grande giorno di Indiana Jones con il videogioco di MachineGames che si è mostrato rivelando innanzitutto il suo titolo (Indiana Jones and the Great Circle) e poi il suo gameplay. Nuovi dettagli arrivano da un’intervista del director del gioco, Jerk Gustafsson, sulle pagine del sito di Lucasfilm.

Gustafsson ha affermato che uno degli obiettivi di MachineGames è di offrire un’esperienza di gioco di grande qualità mantenendo lo stile dei film girati negli anni’80. Sull’antico cerchio (questa la traduzione italiana del titolo) che da il nome al gioco, Gustafsson ha spiegato:

“Un “grande cerchio” è un cerchio che divide una sfera a metà. Sulla Terra, il più noto è ovviamente l’equatore. Ma può esistere da qualsiasi punto in realtà, ed è molto usato in aviazione quando si traccia la rotta. È emerso che esiste un grande cerchio molto reale e misterioso che non è l’equatore, ma che collega molti dei più grandi siti storici della storia, come Giza, l’Isola di Pasqua, Sukhothai, Nazca e molti altri. Il loro collegamento è rimasto un mistero e questo rappresenta l’avventura perfetta per il nostro gioco.”

La storia è stata realizzata interamente da MachineGames in collaborazione con Todd Howard, creatore di Starfield, Skyrim e i recenti capitoli di Fallout che per Indiana Jones riveste il ruolo di produttore esecutivo, aveva coltivato a lungo l’idea di realizzare un gioco basato sul grande cerchio. MachineGames si è comunque avvalso della consulenza del team di Lucasfilm Games per “assicurarci di restare fedeli al franchise“.

“Quasi un anno è passato dopo gli eventi de I Predatori dell’Arca Perduta, e volevamo esplorare la situazione in cui si trovava Indy in quel momento, dopo essersi appena separato da Marion, ed essere di nuovo perso, alla deriva nelle sue ossessioni per il lavoro.”

Dal punto di vista del gameplay, MachineGames ha basato la sua filosofia sul personaggio di Indiana Jones:

“Non è un supereroe, è un archeologo molto agile e tenace. Quando superi i numerosi ostacoli sulla tua strada, ci vuole molto impegno e duro lavoro, come un vero essere umano. C’è anche un senso di paura, come se stessi per inciampare nel precipizio, o come se il ramo a cui ti tieni stesse per spezzarsi. Allo stesso modo, il combattimento dovrebbe sembrare radicato e pesante, con molta attenzione al combattimento corpo a corpo, all’improvvisazione raccogliendo un barattolo di terracotta da lanciare sulla testa di un nemico o usando la frusta per disarmare qualcuno che ti punta una pistola. Una terza componente importante è, ovviamente, la scoperta di tutti questi momenti storici nascosti nella terra o nella sabbia. Sentirsi un archeologo esperto in un’avventura è forse la parte più importante nel plasmare l’esperienza di essere Indiana Jones.”

Sull’uso della prima persona, Gustafsson ha spiegato che “fa parte del DNA di MachineGames” (lo studio ha realizzato gli ultimi capitoli di Wolfenstein, ndr) e permette loro di “creare un’esperienza davvero coinvolgente mettendoci nei panni dell’archeologo più famoso del mondo“. Inoltre, prosegue Gustafsson, “distingue il nostro gioco da molti altri titoli di azione e avventura, rendendolo un’esperienza unica che non puoi trovare da nessun’altra parte“. Lo sviluppatore farà comunque in modo di mostrare la sagoma del protagonista il più possibile non solo durante le cutscene, ma anche in alcuni momenti di gameplay come le arrampicate.

Interessante la filosofia dietro l’integrazione della frusta, oggetto iconico del personaggio, nel gameplay:

“Il nostro obiettivo principale è stato quello di renderla il più possibile utile e versatile. Di solito quando si pensa alla frusta si pensa a uno strumento di attraversamento per farsi strada nell’ambiente, dondolando e arrampicandosi. Ma quando abbiamo iniziato a lavorarci, ci siamo concentrati soprattutto sul combattimento, perché sapevamo che sarebbe stata la parte più impegnativa della caratteristica. Non solo per farlo funzionare bene in combattimento, ma anche in combinazione con altri importanti strumenti di combattimento, come il corpo a corpo e l’uso degli oggetti del mondo. Abbiamo anche deciso di optare per una frusta completamente simulata, il che l’ha resa impegnativa dal punto di vista tecnico, ma ci ha permesso di ottenere quella sensazione di grinta e realismo che per noi è così importante.”