Cinema Recensione

Daisuke Jigen

di: Andy Reevieny

Per un appassionato di manga e anime come il sottoscritto trattare di un titolo quale Lupin dopo la mole impressionante ormai ultradecennale di materiale tratto dalle opere di Sensei Katsuiko Katō (a.k.a. Monkey Punch), tra seriale e lungometraggi (a partire da quel gioiello de Il Castello di Cagliostro del Maestro Hayao Miyazaki) non è facile, anche solo per il pregresso, appunto, ma qui il discorso cambia: si tratta di live action. E mai come in questi casi è il cinema d’azione il genere di riferimento. Specie a oriente.

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La banda allo sbando

Dopo le vicende narrate in Lupin III: il film del 2014 diretto da Ryûhei Kitamura che coinvolgono il gruppo storico braccato dalla polizia internazionale con  a capo l’immancabile Ispettore Koichi Zenigata (amichevolmente noto come Zàzà) capeggiato dal ladro gentiluomo Arsenio Lupin III  insieme alla sua amata collega Fujiko Mine, all’imbattibile spadaccino il samurai-ronin Goemon Ishikawa XIII e Jigen Daisuke, appunto, i nostri ricercati si separano.

Daisuke Jigen

Lo standalone inizia con il pistolero Jigen in viaggio per incontrare il miglior armaiolo del mondo, Chiharu, ormai a tempo pieno operante nell’orologeria (non la bomba, proprio costruzione e riparazione di orologi), unica persona al mondo in grado di riparare il suo ormai logoro revolver, il micidiale Combat Magnum. Le vicende del nostro si incroceranno ben presto con quelle di Oto, una bambina muta dal passato misterioso che si disvelerà a noi durante il film.

Uè, pistola!

Ehi non fraintendetemi, senza offesa alcuna. Semplicemente, come anticipato, il film ruota attorno proprio all’arma unica del protagonista. Qualcuno potrebbe considerare ciò anche una sorta di McGuffin come si dice in gergo cinefilo, cioè l’espediente narrativo che serve per lo sviluppo della trama, quello di cui a una certa ti dimentichi pure. Non perchè non sia importante in questo caso, ma proprio ormai per la caratterizzazione iconica del protagonista.

A che ora è la fine, immondo?

Siamo in presenza di un film di genere puro, di azione sostanzialmente, che inevitabilmente è debitore di una pletora di ormai capodopera e capolavori di genere a partire da Hong Kong, un nome su tutti John Woo (ndr il Maestro è tornato al cinema con l’atteso Silent Night), ma anche e forse soprattutto titoli a la Leon di Luc Besson che Daisuke Jigen richiama per più aspetti. Si tratta di una produzione nipponica almeno nel nostro paese squisitamente straight to video (ndr disponibile questo su Prime Video in V.O. insieme al live action di Lupin con doppiaggio e sub ita).

L’ottimo Tetsuji Tamayama torna a ricoprire il ruolo di Jigen Daisuke nel film diretto da Hajime Hashimoto dopo la prova corale nel precedente live action del gruppo di ladri galantuomini e gentildonne e lo fa in maniera ancora più convincente, banalmente perchè ha un film tutto per sé, con una storia e uno svolgimento semplice e lineare.

Jigen porterà a termine la sua missione, come al solito, ma a un prezzo che sarà anzitutto quello di rimettersi in discussione, di proteggere gli altri prima di sé. Nel film non mancano scene violente, intense, con le sequenze di azione ben girate e i comprimari in parte nei campi e controcampi di dialoghi, molto meno stereotipati di altri titoli omologhi e con ben altri budget e battage pubblicitari. Pienamente soddisfatto, più che sufficiente per me questo Daisuke Jigen.

Tra sposi trasposi

Che sia finalmente la volta buona, dopo anche la recente, insperata per me, resa della serie in live action (la prima di n a quanto pare appunto stante riscontri avuti) di One Piece su Netflix, perchè da noi arrivino titoli da oriente tratti da manga e anime di culto, che magari spodestino il trono agli ormai strainflazionati multiversi comics statunitensi?

Ehi, dico anche a te, andiamo, che ne pensi, spara… no asp…BOOM!