Tearaway
Ci vuole coraggio. Davvero. Cambiare piattaforma, abbandonare l’IP che ti ha reso famosa ed imbarcarsi in un nuovo progetto in acque (commercialmente parlando) non certo felici. Eppure ci ha provato, mettendo in piega un universo inedito e realizzando quella che ci auguriamo possa diventare una nuova mascotte per Sony. Sì, il coraggio non manca certo a Media Molecule, che con l’imminente Tearaway tenta di dare una scossa alle vendite, forse ingiustamente sonnolente, di PS Vita. Ma cosa si presenterà davanti ai nostri occhi tra poco meno di un mese? Noi di Console Tribe una piccola idea ce la siamo fatta, dato che siamo riusciti a mettere le mani su di una versione preliminare del nuovo lavoro del talentuoso studio, finendo con l’entrare decisamente in contatto con il mondo del tenero iota.
di: Simone CantiniCi vuole coraggio. Davvero. Cambiare piattaforma, abbandonare l’IP che ti ha reso famosa ed imbarcarsi in un nuovo progetto in acque (commercialmente parlando) non certo felici. Eppure ci ha provato, mettendo in piega un universo inedito e realizzando quella che ci auguriamo possa diventare una nuova mascotte per Sony. Sì, il coraggio non manca certo a Media Molecule, che con l’imminente Tearaway tenta di dare una scossa alle vendite, forse ingiustamente sonnolente, di PS Vita. Ma cosa si presenterà davanti ai nostri occhi tra poco meno di un mese? Noi di Console Tribe una piccola idea ce la siamo fatta, dato che siamo riusciti a mettere le mani su di una versione preliminare del nuovo lavoro del talentuoso studio, finendo con l’entrare decisamente in contatto con il mondo del tenero iota.
A link between worlds
Ecco, non ce ne vogliano i fan Nintendo per questo piccolo prestito, ma il sottotitolo del prossimo capitolo portatile di Zelda sembra calzare decisamente a pennello perTearaway: da una parte ci siamo noi, gli abitanti del Mondo dei Tu, dall’altra il piccolo iota ed il suo reame di carta. Due piani esistenziali in apparenza lontani, eppure la pellicola che li separa è così sottile che basta solo caricare il gioco per vedere il nostro faccione, simile in tutto e per tutto ad una onnipotente divinità, risplendere stupito su questo colorato e pieghevole universo. Poi arriva lui, quella piccola e buffa bustina, che pare avere un messaggio importante da consegnarci. Però siamo così lontani, così apparentemente irraggiungibili che non resta altro da fare che imbarcarsi in questa surreale avventura simil-postale. È allora che inizia la magia: basta sfiorare il touch pad posteriore per vedere le nostre dita invadere letteralmente il mondo di carta, nel tentativo di avere la meglio sulle ostili Cartacce, responsabili della decadenza di questo curioso universo, di modo da facilitare l’incedere del nostro piccolo amico. Ed è proprio su questo rapporto quasi simbiotico tra il noi/Tu e iota che la nostra prova con mano (è proprio il caso di dirlo) ci ha accompagnato per poco più di un’ora, cavalcando maiali, animando zucche e scalando montagne innevate.
Di tutto, di più
Ok, va bene tutto questo articolato preambolo, ma in soldoni cosa si fa in Tearaway? Che ultimamente tra arditi esperimenti pseudo artistici/filosofici, presunti film interattivi ed esperienze simil-mistiche, talvolta si finisce con il perdere di vista la seconda parte della parola videogioco. Brutalmente parlando, l’impressione resaci da questa prova preliminare della produzione Media Molecule è quella di un canonico adventure in 3D, farcito con elementi platform. Ad essere decisamente originale, oltre alla realizzazione tecnica (ci arriviamo tra poco, tranquilli), è il modo in cui noi e iota siamo chiamati ad interagire: lo studio inglese, difatti, sembra avere preso sul serio le possibilità offerte da PS Vita, non risparmiandoci l’uso di ognuna delle peculiari caratteristiche hardware della console.
La cosa bella è che il tutto, ovviamente per quanto visto, viene fatto in maniera affatto superficiale. Dal doppio touch pad, al microfono, al giroscopio ai due analogici, non c’è stato un solo centimetro inutilizzato di PS Vita: sia che si tratti di disegnare una corona per il re criceto, fornire uno spaventapasseri di una voce spaventevole, oppure fotografare il manto di una renna sbiadita, l’impressione avuta è quella di un prodotto finalmente creato, con intelligenza, attorno all’hardware, capace di riffugire con grazia allo status di banale e noiosa tech demo. Poi che, stropicciatisi energicamente gli occhi, ci si accorga che il prodotto sia comunque fortemente derivativo sarebbe sciocco negarlo, ma ogni elemento di gameplay, per quanto canonico, riesce ad affermare con prepotenza la sua ragione di essere grazie ad un’interazione (quella sì!) risultata tutt’altro che banale.
Un mondo in un foglio
Poligoni, texture, engine. Parole che stavolta ci permettiamo il lusso di non utilizzare, dato che stonerebbero pacchianamente nel descrivere la tecnica che si nasconde dietroTearaway. Un gigantesco origami interattivo, così può essere definito il mondo creato artigianalmente e poi riversato digitalmente all’interno delle linee di codice da Media Molecule. Difatti, la cosa incredibile che balza subito all’occhio è quella che ogni singolo elemento degli stage provati può essere ricreato fisicamente con della carta colorata, un paio di forbici e tanta pazienza. Quanto visto in Derrick the Deathfin è qua espresso all’ennesima potenza, grazie ad un certosino e paziente lavoro di paper crafting. Ma un mondo silenzioso, per quanto affascinante, sarebbe decisamente incompleto, ecco quindi che ritornano i buffi doppiaggi nonsense già sentiti in Little Big Planet, accompagnati da una colonna sonora sempre all’altezza della situazione.
Ancora non sappiamo quale sia il messaggio che iota ha da consegnare, dato che l’oretta e mezza scarsa passata in sua compagnia non è stata per lui sufficiente a raggiungerci. È innegabile, però, che la manciata di minuti che ci hanno visto compagni inseparabili abbiano suscitato il desiderio di scoprire cosa il mondo di carta abbia ancora in serbo per noi. Gli unici timori che al momento ci attanagliano sono relativi alla durata complessiva e alla difficoltà globale di questa favola interattiva che, almeno in queste fasi preliminari, è risultata davvero bassina. Tolte queste perplessità Tearaway sembra avere le carte in regola per essere un titolo che, seppur non concettualmente originale, abbia tutte le carte in regola per rivelarsi decisamente interessante e ben calibrato attorno alla macchina su cui è chiamato a girare. E vista l’abbondanza di porting e prodotti cross-platform non è proprio un aspetto da sottovalutare allegramente.