Intervista

Quattro chiacchiere con… Yu Suzuki, Arnar Hrafn Gylfason e Rand Miller

di: Simone Cantini

Cosa succede quando tre menti videoludiche, profondamente differenti in quanto a modo di intendere il settore, si riuniscono all’interno della splendida cornice di Villa Bottini a Lucca? Beh, la risposta è una interessantissima tavola rotonda, capace di toccare svariati aspetti del mondo del gaming, ma anche di far conoscere al grande pubblico lati meno noti e decisamente più personali delle personalità in questione. E se i nomi sono quelli di Yu Suzuki (Out Run, Virtua Fighter, Shenmue, tanto per citarne qualcuno), Rand Miller (Myst) e Arnar Hrafn Gylfason (Valorant), lo spettacolo è decisamente assicurato, come conferma la chiacchierata che vi proponiamo poco più in basso: buona lettura!

Suzuki – Miller – Gylfason: tre modi di intendere il videogioco

Lucca Comics & Games: Se diciamo videogiochi, quale è il primo ricordo che vi viene in mente?

Yu Suzuki: In ambito ludico il mio primo ricordo è sicuramente slegato dal mondo del gaming, e risale agli anni di quando giocavo a creare polpette di fango. Niente di complesso e tecnologico, ma un semplice gioco da bambini.

Arnar Hrafn Gylfason: Il mio primo impatto importante è stato quando iniziai ad inserire nel computer i primi floppy disk, rigorosamente acquistati e non copie pirata (ride).

Rand Miller: Io mi colloco idealmente a metà strada tra il fango di Suzuki-san ed i floppy disk di Gylfason. (ride)

LCG: Ci sono stati dei momenti difficili nella vostra carriera?

YS: Sicuramene un momento non semplice è stato quando stavo sviluppando Virtua Fighter, perché richiedeva una enorme quantità di calcoli da tenere in considerazione. Tutto era sviluppato in linguaggio C, ma per semplificare le cose ho scelto di passare ad Assembler.

AHG: Per quanto mi riguarda i momenti di difficoltà maggiori che mi capitano nel mio lavoro sono relativi a quando sento di aver in qualche modo deluso il giocatore, che magari aveva aspettative differenti rispetto al prodotto. È in questi momenti che ti chiedi se sia il caso di continuare a sviluppare videogiochi.

RM: Se siamo qua oggi davanti a voi è segno che siamo stati fortunati, ma questo non significa che siano mancati i momenti di difficoltà. Di fatto creare videogiochi è una continua lotta, come nel caso dell’inizio dello sviluppo dei giochi online. Non sono mancati i momenti in cui era davvero difficile avere uno stipendio garantito dal nostro lavoro.

LCG: Quale ritenete che sia il giusto bilanciamento tra creatività e tecnologia? Uno dei due aspetti viene sempre adattato all’altro?

RM: Fondamentalmente la tecnologia è uno strumento al servizio della nostra creatività, e gli strumenti rappresentano una sfida continua in quanto offrono nuove possibilità per dare vita alle nostre idee, ma allo stesso tempo possono far paura a chi ancora non li conosce e non li padroneggia. O magari li vede come una minaccia per la loro posizione, ma sono comunque necessari per il progresso del nostro settore e delle nostre idee.

AHG: Più o meno la penso allo stesso modo di Rand e reputo debba esserci un certo equilibrio tra le due cose. La tecnologia deve essere sviluppata per assecondare la nostra creatività e non in una maniera fine a sé stessa.

YS: Quando creo un gioco metto sullo stesso piano tecnologia e creatività, condendo il tutto con un pizzico di visione artistica. Il mio sogno è che le due realtà esistano all’interno di un gioco secondo un rapporto paritario, 50 e 50.  I recenti sviluppi della tecnologia mi hanno permesso di esprimere in modo molto più semplice le mie idee. La cosa più importante, però, è che un gioco sia divertente.

LCG: Come immaginate il futuro del videogioco da qui a 10 anni?

RM: Recentemente l’intelligenza artificiale è al centro della scena, e se fino a qualche tempo fa mi avessero detto che sarebbe stata in grado di scrivere in autonomia dei programmi, confesso che avrei mollato tutto. In un anno abbiamo assistito a cambiamenti pazzeschi, pertanto è difficile immaginare cosa accadrà al settore anche solo tra 5 anni. Sono comunque tempi interessanti e sono curioso di vedere come il tutto si evolverà.

AHG: Se guardiamo gli ultimi 40 anni, la tecnologia ha fatto passi da gigante per stare al passo con la creatività. Adesso la situazione sembra essersi ribaltata, con la creatività che sta sforzandosi per rimanere affiancata alla tecnologia, quindi chissà cosa ci riserva il futuro. Sono comunque sicuro che il gioco in generale diventerà una forma di intrattenimento sempre più affermata a presente.

YS: Un videogioco non si può creare senza un computer, pertanto ritengo che sia il PC la chiave di tutto il discorso. Per citare sempre Virtua Fighter, mi immagino un futuro in cui il lottatore sia reale così come anche le sensazioni percepite dall’utente. Non vedo le console nel futuro di una tale tipologia di approccio, ma semplicemente un controller indossabile tipo cerotto, che ci permetterà di controllare direttamente il nostro personaggio con gesti e pensieri.

LCG: C’è un gioco non realizzato da voi che avreste voluto sviluppare? O magari esite un vostro sogno nel cassetto non ancora realizzato?

RM: Sicuramente ci sono molti giochi del passato, che adesso non rammento, che avrei voluto realizzare, ma se penso più nell’immediato mi viene in mente Half Life Alyx, in cui come diceva Suzuki-san c’è un controllo fisico e diretto del personaggio.

AHG: Al momento mi vengono in mente Monument Valley e Control, ma sono sicuramente tantissimi i giochi che mi hanno formato e che hanno avuto un forte impatto sulla mia carriera.

YS: Vorrei creare un gioco online, oltre a Shenmue 4 (applauso della sala).

LCG: Tutti e tre lavorate alla creazione di mondi apprezzati da milioni di giocatori: quali sono gli aspetti da tenere in considerazione in un simile processo?

AHG: Per quanto riguarda il mio lavoro credo che il segreto sia rendere il giocatore parte integrante ed attiva del mondo di gioco, così da poter dare vita ad un coinvolgimento continuo e ad un progressivo arricchimento dell’universo in questione.

YS: Con Shenmue ho creato un gioco basato sulla vita quotidiana del Giappone e forse è proprio questo il segreto del suo successo, dato che rappresenta un immaginario molto differente da quello percepibile nel resto del mondo.

RM: Le risposte possono essere diverse per ognuno di noi e per ogni tipo di gioco, dato che esistono condizioni sempre differenti. Il punto focale quando si fa world building, comunque, è sempre quello di chiedersi il perché di ogni elemento ed interrogarsi sulla funzione di ogni singolo dettaglio. 

LCG: Quale ritenete che sia il giusto rapporto tra velocità e lentezza all’interno di un gioco? Come ritenete sia giusto coniugare azione ed esplorazione?

RM: Riallacciandomi alla mia risposta precedente ritengo che la chiave di tutto sia la lentezza, tale da permetterci di comprendere e sviscerare l’importanza di ogni dettaglio. Sicuramente le possibilità di lettura possono essere molte, variabili da gioco a gioco, ma ritengo che questo sia il modo migliore per far comprendere la sostanza che si cela dietro ogni elemento ludico.

AHG: Se guardiamo al contesto generale penso che ci debba essere spazio per ogni tipo di approccio, sia esso più lento o più dinamico. L’importante è lasciare spazio all’inclusività, a permettere che chiunque riesca a trovare il gioco più adatto alle proprie attitudini.

YS: Quando ho creato il cabinato di Virtua Fighter il tempo medio di gioco era tarato sui 3 minuti, un valore tale da renderlo profittevole per l’azienda. Con Shenmue l’approccio è stato diametralmente opposto, dato che si trattava di un prodotto destinato ad un target differente, che magari avrebbe potuto trascorrere anche 50 ore in sua compagnia. Tutto, pertanto, dipende dal tipo di gioco che vogliamo realizzare.

LCG: Potete dirci qualcosa di più in merito ai vostri progetti più immediati? Cosa possiamo aspettarci da qui ad un paio di anni?

RM: Come sapete abbiamo rilasciato numerose versioni di Myst, così da permettere a molti giocatori di tornare a giocare a nuove versioni sempre migliorate. Per quanto riguarda Riven, invece, abbiamo trascorso gli ultimi anni a perfezionarne ogni aspetto, pertanto aspettatevi di vedere molto presto il frutto del nostro lavoro.

AHG: Il mio prossimo progetto in realtà è quello a cui sto attualmente lavorando, ovvero Valorant, dato che siamo costantemente impegnati a migliorarlo.

YS: Il mio nuovo gioco si chiama Air Twister ed uscirà il 10 novembre ed è basato sul concept di Space Harrier, per quanto presenti meccaniche più sofisticate. Ero curioso di vedere come il gameplay di questo mio classico potesse sposarsi con le nuove tecnologie.

LCG: Un’ultima domanda per Suzuki-san non può che riguardare Shenmue 4: cosa può dirci al riguardo?

YS: Come detto prima è mio desiderio realizzarlo, proprio per questo sto attualmente cercando dei collaboratori intenzionati a finanziare il progetto.

E con le speranze volte a Shenmue 4 si è conclusa questa interessante tavola rotonda, che è stata in grado di mettere in mostra 3 differenti modi di intendere il videogioco. Sicuramente un incontro stuzzicante, in grado di scatenare interessanti riflessioni attorno a questo medium, capace di rinnovarsi a stupire nel corso di così pochi decenni. Un viaggio sicuramente affascinante che, tanto per citare le parole di Rand Miller, siamo davvero curiosi di vedere dove ci porterà.