Intervista

Quattro chiacchiere con… Hirohiko Araki

di: Simone Cantini

Tra i numerosi ospiti che hanno caratterizzato l’edizione 2019 di Lucca Comics & Games, uno dei più attesi era senza dubbio Hirohiko Araki, il magaka autore de Le Bizzarre Avventure di JoJo, serie oramai iconica e che da anni anche il pubblico italiano ha imparato ad amare. Protagonista di anche di numerose trasposizioni videoludiche, recensite anche sulle nostre pagine, la saga della famiglia Joestar è stata al centro di un’interessante chiacchierata, durante la quale il sensei ha avuto modo di chiarire alcuni aspetti della sua opera.

Quale è il processo di creazione dei suoi personaggi, che sono così particolari ed unici?

Principalmente mi baso sugli incontri che ho nel mio quotidiano. Traggo le maggiori ispirazioni dalle persone che vedo, cercando di riportare su carta tutte le esagerazioni ed i colori che molto spesso caratterizzano tali individui. Faccio anche delle foto a queste persone, sfruttando la camera proprio per avere un’idea più precisa di quello che sarà il look dei vari personaggi. Per quanto riguarda l’Italia la mia fonte di ispirazione principale sono invece le statue.

L’estetica di JoJo è sempre stata molto più neoclassica ed europea che giapponese: il mercato nipponico come ha accolto questa peculiarità stilistica inusuale?

Lo stile nasce dai viaggi che ho fatto in Italia in gioventù, ed è fortemente influenzato dalle statue che ho potuto ammirare nei vari musei. Per me, comunque, disegnare in questo modo è estremamente naturale, e proprio per tale motivo ritengo che il pubblico giapponese abbia accolto con estrema spontaneità il mio modo di illustrare. Al contrario, se dovessi esprimermi con uno stile tipicamente nipponico, sono sicuro che non riuscirei ad esprimermi con la stessa naturalezza.

Lei è stato scelto per disegnare uno dei poster delle prossime olimpiadi, che si terranno a Tokyo: può raccontarci qualcosa del processo creativo dietro a questo lavoro?

Beh, sono molto riconoscente di essere stato scelto per un simile lavoro, ed il merito con tutta probabilità è da imputare alle mostre che ho tenuto nel mio paese, ma relativamente a questo progetto nello specifico non posso proprio esprimermi, visto che ho appena iniziato a lavorarci (ride).

Quali sono state le fonti di ispirazioni che hanno portato alla creazione di Jonathan, il protagonista di Phantom Blood?

La risposta è molto semplice: in Giappone c’è una catena di ristoranti aperti 24 ore su 24 che si chiama proprio Jonathan (ride). Lo stile del personaggio invece è dato dalla volontà di realizzare quello che ai miei occhi doveva essere un tipico macho italiano. Tornando al ristorante, è in stile americano e di italiano ha davvero pochissimo (ride).

Ha già in mente gli sviluppi della serie una volta conclusa Parte 8 (JoJolion)?

Al momento non ne ho proprio idea. Ci penserò quando sarà il momento.

Conosce il fumetto supereroistico e se sì, quale influenza ha avuto nelle sue opere?

Confesso di non essere mai stato un lettore di comics americani, visto che le mie letture erano principalmente autori francesi come Enki Bilal. I fumetti dei supereroi, con una leggerissima eccezione per Spider-Man, non li trovo particolarmente interessanti, in quanto hanno dei protagonisti che tendono a piangersi addosso un po’ troppo. Preferisco personaggi maggiormente propensi a guardare avanti e con i piedi ben piantati per terra. I supereroi sono davvero troppo lamentosi (ride).

Se le chiedessero di collaborare alla produzione di un film, magari anche di un autore italiano, quale genere le piacerebbe approcciare?

Mi piacciono molto i film horror, ma di stampo realistico. Ecco, questo è il genere a cui mi piacerebbe lavorare in un simile frangente.

Nella serie ambientata in Italia c’è un momento in cui Bucciarati e compagni decidono di sfidare il boss di Passione, scelta che però porta all’abbandono di Fugo: perché non ha più riportato sulla scena il personaggio e quale è stato il motivo di tale scelta?

Il motivo è dovuto al fatto che Vento Aureo veniva pubblicato su Shonen Jump, una rivista indirizzata ad un pubblico di bambini, per i quali ritengo il tradimento rappresenti una delle cose più brutte da mostrare. Per questo motivo ho preferito non riprendere più Fugo, un personaggio che ha scelto di abbandonare i propri compagni, così da non rendere troppo pesante la lettura.

Come mai ha deciso di resettare l’universo narrativo al termine di Stone Ocean, mantenendo però alcuni personaggi iconici come Jotaro Kujo e Dio Brando?

È stata dura abbandonare quei personaggi, ma la storia era arrivata ad un punto tale che ho sentito il bisogno di dare il via ad una sorta di processo di rinascita. Ho avvertito la necessità di dare una nuova spinta creativa al mio universo narrativo, mantenendo comunque alcuni punti di contatto con quanto fatto fino ad allora.

La saga di JoJo è cambiata stilisticamente nel corso degli anni: come è cambiato il sensei Araki con il passare del tempo?

Sì, è vero che il mio manga è cambiato nel tempo, ma è comunque rimasto un unico filo conduttore ad unire tutte le varie vicende, ed è l’animo dei miei personaggi, la spiritualità che li pervade. Quando ho iniziato Phantom Blood era davvero inusuale vedere morire il protagonista, ma la morte di Jonathan è servita a trasmettere tutta una serie di valori nelle storie successive, così da collegarle tra loro. L’evolversi di questa spiritualità ha portato i personaggi muscolosi degli inizi a mutare sensibilmente, dando vita alla personificazione di questa spiritualità interiore nella forma degli Stand.

Come nasce la creazione di uno Stand e quanto tempo impiega ad idearlo?

Lo Stand non è altro che la personificazione dell’animo e della spiritualità dei vari personaggi, ed è il modo in cui più semplicemente riesco a mettere su carta un qualcosa di invisibile come un superpotere, dandogli una forma concreta e per certi aspetti tangibile.

Nell’universo di JoJo i poteri più forti sono legati alla manipolazione del tempo: quale è il motivo e cosa rappresenta per lei il tempo?

Per me la manipolazione del tempo è il potere più forte che ci possa essere, pertanto è stato semplice legare ai personaggi più potenti una simile capacità. È proprio un concetto che mi affascina in prima persona.

Come è stato creato un personaggio così sfaccettato e iconico come Yoshikage Kira?

Nel creare Kira ho provato ad immaginare il mio vicino di casa nei panni di un feroce assassino, per cercare di dare vita ad un personaggio apparentemente comune, con le proprie passioni ed i propri hobby. La potenza di Kira risiede nel suo accettare sé stesso senza mettersi mai in discussione.

Vista la sua passione per la moda, ha in programma qualche nuova collaborazione con qualche casa, così come già successo con Gucci? E quali sono i suoi stilisti preferiti?

Da giovane amavo molto lo stile di Versace. Purtroppo al momento non in programma alcuna collaborazione in questo senso.

Quale è il suo personaggio preferito tra tutti quelli che ha ideato? (E qua il mio cuore di babbo ha esultato, che la domanda l’ha fatta la mia piccina! N.d. The_WLF)

Domanda difficile, ma direi Shigechi della quarta serie.

Quale è il momento a cui è più affezionato della saga di JoJo?

Sicuramente tutta la quarta serie, ambientata a Morio-cho, una città che ho modellato ad immagine e somiglianza del mio paese natale.

Per quale motivo ha deciso di mantenere per così tanto tempo il personaggio di Dio all’interno della serie?

Ci ho pensato molto, ma dato che si tratta di un personaggio estremamente potente e spaventoso, una sorta di antitesi della famiglia Joestar, ho ritenuto che farlo rinascere continuamente rappresentasse il modo migliore per evidenziare questo suo aspetto. Considerando anche che nella cultura giapponese il tema della resurrezione è un qualcosa di estremamente orrorifico e spaventoso, eliminarlo semplicemente non avrebbe reso giustizia alla sua crudele potenza.