I videogames si evolvono, le recensioni no: la sfida critica e i lasciti al futuro
di: Donato MarchisielloChecché se ne dica, il disaccordo è il vero perno d’ogni opera d’ingegno e intellettuale. Disaccordo verso i canoni, disaccordo verso l’immaginario, disaccordo verso i modus culturali del proprio tempo. È il disaccordo la legna che incendia i nostri cuori, qualsiasi elucubrazione mentale ci si ostini a portare innanzi. In questo senso, anche una mera recensione videoludica, spesso e volentieri più un accorato divertissment che una autopsia ragionata e fredda, entra di diritto a far parte della prole intellettuale del disaccordo. Ma è proprio da un disaccordo su temi videoludici, in modo particolare nel valutare appunto un titolo recentemente rilasciato e sicuramente non il Goty (né il gotha) di quest’anno, che mi son chiesto: cos’è recensire?
Vi risparmio la solita tiritera sulle origini latine, sulla definizione da vocabolario e tutte quelle amenità classiche che servono per allungare il brodo e vado diritto al dunque: cosa significa recensire, oggi, un videogioco? Bisogna, innanzitutto, valutare bene l’identità moderna dei prodottI videoludici, l’io (e anche il super io, a voler essere pignoli), tralasciando pienamente l’es che, per definizione freudiana, fa un po’ quel che gli pare. Perchè, probabilmente sorprenderà qualcuno, recensire oggi un prodotto digitale al day one significa, sostanzialmente, analizzare logicamente un servizio nel momento in cui diviene accessibile, ma non nella sua storica interezza. Mi spiego meglio: ricordate il day-one di Cyberpunk? Un disastro, totale. Una realizzazione tecnica terribile che, però, non oscurava (ne avrebbe potuto mai) il diamante che brillava al di sotto di strati e strati di bug ed errori tecnici, al limite dello spettacolo comico. Ma perché questo esempio? Perchè i videogames sono radicalmente cambiati ed un gioco, per quanto terribile, potrebbe veder modificare integralmente la sua essenza nel giro di pochi mesi. In sostanza, la “rivoluzione” è dietro ogni porta socchiusa.
Un interrogativo per sua natura incerto, sia chiaro, ma che non può non essere preso in considerazione visto che, nei fatti, aggiornamenti e patch sono la norma, così come i day one disastrosi e afflitti da errori che rendono difficile godere appieno del servizio che si è deciso di acquistare. Ma se i giochi sono tutti disastrati o quasi al lancio e se ormai è canonico il supporto di quasi ogni titolo per mesi e mesi dal lancio, che senso ha gettar giù chilometri d’inchiostro virtuale parlando di un prodotto che, effettivamente, non c’è più nel momento in cui si pubblica la tanto sudata recensione? Uno dei (pochissimi) aspetti positivi dell’internet e della realtà iper-comunicativa in cui ci troviamo schiavizzati e senza possibilità d’uscita, topi matrixianamente in gabbia, è proprio questa: tutto cambia nell’arco di pochi giorni, con un semplice download di nuovi dati. Dunque, ancora una volta, che senso ha criticare un prodotto quasi fosse indissolubilmente congelato in una sorta di rigida realtà relativa che, nella concretezza dei fatti, inizia a sfaldarsi solo poche ore dopo il lancio?
L’ennesimo interrogativo, questa volta giusto, che porta ad una conclusione straordinaria: recensire, oggi più di ieri, non significa solo esaminare matematicamente il momento d’accesso di un prodotto videoludico, ma anche il suo insieme inteso come trampolino evolutivo, come base (solida o meno?) di un futuro in continuo divenire. Nessuno di noi ha la sfera di cristallo ma, in questo frangente, l’esperienza maturata in anni di gaming “matto e disperatissimo” è la stella polare (con buona pace per i tanti slinguettanti influencer della domenica che “parassitano” il settore, pronti a vomitare la parola recensione per ogni piritello emesso dai loro orifizi dentati). L’aver giocato, e tanto, ti consente di annusare velocemente se c’è puzza di bruciato (come nel caso di The Day Before) o se, sepolto sotto chilometri di terriccio verminoso e putrido, vi sia uno scrigno del tesoro (come nel caso di Cyberpunk). L’esperienza è maestra, seppur sicuramente non infallibile. Il concetto defintivo, comunque vada, è che si acquista un servizio dilatato nel tempo, che obbedisce a delle chiari leggi evolutive, e non un prodotto ibernato ed immutabile nella propria identità storica e concettuale.
Anche perché, stilare un documento critico significa non solamente enumerare l’ossatura matematica di un prodotto: sarebbe troppo semplice e un compito fattibile persino da una bellona da instagram, nell’atto di alzarsi una domenica mattina e decidere di sponsorizzare pseudo-recensioni con noti marchi che producono yogurt (è successo davvero!). A cosa serve l’esperienza maturata? Qual è la differenza tra un 15enne con un accesso ad internet ed un videogiocatore con decenni di onorato servizio alle spalle? Domande che conducono, appunto, all’analisi in prospettiva: un compito meno meccanico e più concettuale, ma che deve avere un peso di rilievo nella classificazione, valutazione e critica di qualsiasi prodotto digitale. Un peso, al contempo, intelleggibile chiaramente e che, anzi, debba essere anche una qualità sine qua non, una richiesta necessaria anche da parte del lettore attento. Anche perché, le recensioni restano scolpite nella pietra internettiana: limitarsi, semplicemente, a contare gli errori e i “ciò che avremmo voluto” del day one, significa condannare a morte certa la propria, sudata disamina. E ancora: è naturale che non si possa prevedere il futuro, argomenti concreti in mano. Ma l’analisi prospettica, per concetti, temi e virtù evidenti, che siano essere rarefatte o più concrete, deve occupare un ruolo cruciale nella complessiva disamina, al fine di consegnare, appunto, ai posteri un lavoro sì limitato dal tempo per questioni meccaniche, ma non per forza per questioni concettuali.
Chi sparò a zero su Cyberpunk all’epoca, ora si ritrova suo malgrado a provare “vergogna” per quanto scritto. Perché, come già detto, il gioco c’era, così com’era presente un evidente fondamento ludico meccanico-concettuale piuttosto solido (anche se non privo di difetti). Come sono invecchiate quelle recensioni? Cosa resta di quelle disamine? Un lungo elenco di difetti del momento, ma niente di masticabile per il futuro. Nessuna analisi della possibile evoluzione, nessuna concreta disamina della solidità delle mura portanti e delle possibilità che, la struttura di base (e difficilmente controvertibile in toto) di già offriva (ed era evidente). Per tutte queste ragioni, recensire oggi è una commistione di matematica e lungimiranza, analisi fredda ma anche accorata visione di ciò che potrebbe essere, frutto delle evidenze che è possibile percepire, sia in modo analitico che con un classico e giornalistico “2+2”, figlio esso dell’esperienza maturata. Dare una grave insufficienza per questioni tecniche del day one o per presunte mancanze contenutistiche è, a mio avviso, un errore piuttosto grave: significa, in sostanza, non considerare l’eterno movimento dei prodotti ludici, le grandi possibilità evolutive fattibili grazie ai prodigi della tecnica oltre che limitarsi a vedere gli errori di stampa e la copertina di un libro, ma non ciò che muove le pagine di cui è composto e dove la sua narrativa tenta di condurti.
Dunque, mi sentirei di chiosare: recensire non significa solo elencare il presente ma anche vedere, dove lo stesso, pare muoversi e puntare. Citando il mitico Max Kennard, leggendario pistolero di Gangster Squad magistralmente interpretato dall’altrettanto eterno Robert Patrick: «Non guardare dov’è, figliolo: mira a dove sarà».