DLC

Wolfenstein II: The New Colossus – Le Gesta del Capitano Wilkins

di: Simone Cantini

Nel corso delle varie recensioni che hanno accompagnato i vari DLC del season pass di Wolfenstein II: The New Colossus, ho citato ampiamente quella piccola perla che risponde al nome di The Old Blood, l’espansione stand alone uscita in seguito al primo episodio del reboot della serie. E dopo aver giocato e terminato Le Gesta del Capitano Wilkins, add-on che chiude il pacchetto, non posso che far tornare malinconicamente la mente a quel sequel/prequel che tanta soddisfazione aveva saputo regalarmi. Chiedendomi anche che fine abbiano mai fatto le menti che si celano dietro al nome MachineGames.

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Tre, numero perfetto?

E alla fine anche le gambe telescopiche, uno dei power up disponibili nel corso della campagna principale di Wolfenstein II: The New Colossus, hanno avuto la loro brava sezione dedicata. Le Gesta del Capitano Wilkins, difatti, sono modellate attorno alla possibilità che l’omonimo combattente della resistenza ha di elevare il proprio raggio d’azione, così da poter raggiungere e sfruttare percorsi e passerelle sopraelevate. Non nego come abbia sin dal principio considerato assai marginale questa derivazione del gameplay, visto che a dispetto della innegabile buona volontà messa sul piatto dal team, il level design complessivo non era riuscito a sposarsi in maniera perfetta con tale upgrade. E lo stesso accade in questo spin-off conclusivo, in cui le potenzialità della tecnologia nazista rimangono prevalentemente nell’ombra, anche se a livello meramente costruttivo l’avventura di Wilkins rappresenta il connubio ideale tra l’arrembante sfrontatezza di Joe e la silente sinuosità di Morte Silenziosa. La brevissima, ahinoi, avventura che ci troviamo tra le mani, difatti, mescola in modo piuttosto convincente scontri frontali e sparatorie da posizione più defilata, mantenendo un certo equilibrio tra queste due anime del gunplay. Anche la storia narrata, per quanto decisamente ricca di stereotipi pur nella sua sinteticità, è apparsa ben costruita ed in grado di spingere il giocatore ad andare avanti. E allora perché è impossibile non accompagnare con un non certo celato disappunto il giudizio complessivo relativo a questo controverso season pass? I motivi, come già successo per gli altri due DLC, sono da trovare in una messa in scena decisamente blanda e poco ispirata che, anche in questo caso, pur presentando ambientazioni sulla carta inedite, si porta appresso uno sgradevole e stantio odore di già visto e giocato. Perché va bene (ok, fino ad un certo punto) lesinare sulla quantità, a patto però che questa sia controbilanciata da una buona ed abbondante spruzzata di qualità. E in questo senso Le Gesta del Capitano Wilkins si limitano al solito compitino da sei stiracchiato, una sufficienza che deriva più dai meriti dell’infrastruttura ludica elaborata dai ragazzi di MachineGames, piuttosto che dall’effettivo impegno di questo nuovo protagonista. Tutta l’esperienza è un inno al riciclo più sfrenato, a cui si accompagna una direzione artistica che si conferma ancora low cost, come evidenzia la perdurata scelta di veicolare la narrazione all’interno di non certo indimenticabili tavole a fumetti. Per non parlare poi di un incipit che ricalca in modo pedissequo quanto visto e giocato nell’episodio zero del Season Pass, oltre che nella volontà di risparmiare al giocatore una boss battle finale davvero memorabile.

 

No, non ci siamo proprio. Mi ripeto ancora una volta, mi spiace, ma è innegabile come dopo aver visto e giocato The Old Blood il giudizio su Le Cronache della Libertà non possa certo essere positivo. Se è vero che, a voler essere generosi, si potrebbe chiudere anche un occhio al cospetto di uno sballato rapporto quantità/prezzo, è palese come sia impossibile generare sentimenti buonisti se a latitare è anche la qualità. Le Gesta del Capitano Wilkins, difatti, non fanno altro che corroborare la sensazione di aver giocato ad un trittico di episodi collaterali estremamente svogliati, diretti ed impostati all’insegna del risparmio. E vista la qualità che il team scandinavo è riuscita a mettere in campo nel corso degli ultimi anni, la sensazione di trovarsi al cospetto della più marchiana e deludente delle occasioni malamente sprecate è davvero forte, oltre che vergognosamente imperdonabile.